Lia Courrier: “Buone vacanze…”

di Lia Courrier
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Eccoci giunti al finale di stagione, qui su Dance Hall News.

Ultimo numero prima della pausa estiva.

Vorrei lasciarvi con leggerezza, quindi proverò a farvi ridere un po’, cosa non facile di questi tempi, raccontandovi un aneddoto del mio passato danzante.

Facevo parte di una compagnia stabile di un teatro di Milano, che aveva in programma centinaia di spettacoli ogni anno. Avevamo le date serali per il pubblico adulto, e quelle al mattino per le scuole. Oltre ai matinée nel nostro teatro, avevamo una fitta tournée di spettacoli in giro per mezza Italia. Sono stati anni bellissimi e difficili allo stesso tempo, si danzava tanto e a volte si perdeva la cognizione del tempo perché avevamo due spettacoli al mattino e uno alla sera, e magari neanche nella stessa città.

Il primo turno era alle otto e trenta del mattino, per cui bisognava alzarsi veramente prestissimo per arrivare in tempo a teatro, truccarsi, scaldarsi, infilarsi i costumi, preparare i cambi veloci in quinta e andare in scena. Macchinisti e tecnici ci precedevano, la mattina stessa o addirittura la sera prima, per montare scene e luci.
Non sempre avevamo il tempo di fare un giro dietro alle quinte, il più delle volte ci si preparava dalla parte del primo ingresso in scena e via: quando fai centinaia di repliche dello stesso spettacolo ti senti sicura, bisogna solo essere pronte e con le scarpette da punta giuste ai piedi, per danzare in sicurezza senza il rischio di farsi male.

Durante uno di questi spettacoli, finisco la mia danza e mi accingo ad uscire dalla quinta. Il riferimento è la torretta dei tagli di luce, quasi appoggiata alla stoffa, so che alla sinistra di quella struttura, stabilmente inchiodata a terra, c’è il passaggio per uscire di scena. Vedo il buio oltre le luci, e corro in quella direzione.

Peccato che in quel teatro particolare, dietro quella quinta ci fosse un muro di mattoni, che nessuno mi avesse avvisata, e che io fossi troppo sicura di me per fare un sopralluogo (cosa che in seguito a questo episodio ho sempre fatto). Con la luce dei tagli sparata in faccia non potevo vedere in alcun modo cosa ci fosse al di là.

Quindi corro a tutta birra nella quinta, collido con il naso sulla ruvida terracotta, e rimbalzo in scena un po’ ebete e ciondolante per un istante, con il naso che quasi mi esce dalla nuca per la botta. Poi, in un impeto di adrenalinica lucidità, mi sposto verso la quinta successiva e me ne vado fuori dalla scena. Sento i bambini che ridono dalla platea, una voce candida dice “la fata è ubriaca!”. Beh, almeno non si sono accorti di niente.

Per il finale ho riservato un tocco di amaro.

Trovare un muro laddove pensavi ci fosse un ‘altrove’ è esattamente la sensazione che provo in questi giorni contrassegnati da odio, violenza, confusione, tensioni. Un mondo che stento a riconoscere e nel quale non vorrei stare. Ma ci sono, a differenza di altri che non ci sono più, e per questo cerco di fare del mio meglio ogni volta che posso, di rimanere ben focalizzata sulla strada da compiere, senza distrazioni, qualunque essa sia. Qualunque cosa porti con sé.

Auguro a tutti noi un futuro migliore del presente che stiamo attraversando, senza muri a sorpresa su cui prendere facciate epocali.

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