Alessandro Frola: “Ho tanti sogni: girare il mondo, danzare nei grandi teatri e regalare al pubblico tutte le mie emozioni. E infine rimanere me stesso”

di Francesco Borelli
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Hai solo 23 anni e alle spalle una carriera ricca di esperienze, soddisfazioni e obiettivi raggiunti. Primo ballerino all’Hamburg Ballet e un futuro che si prospetta ancora più brillante. Come vivi tutto questo alla tua giovane età?

Ammetto che è stato un percorso faticoso e difficile. Prima lo studio, poi i primi contratti di lavoro, l’esperienza di Billy Elliot e infine la vita ad Amburgo e il lavoro in compagnia. Sono felice di tutto ciò che ho conquistato ma non è stato semplice. E John Neumeier è stato colui che mi ha messo, più di chiunque altro, alla prova per testare il mio talento e il mio desiderio di diventare primo ballerino.

Come ti ha messo alla prova?

Affidandomi ruoli importanti, correggendomi costantemente, spronandomi a tirar fuori il meglio e a fare sempre di più. E in questo John mi ha profondamente capito. La danza mi rende davvero felice, tutto ciò che mi porta è sempre fonte di gioia. Ma raramente sono soddisfatto di me stesso. Alla fine di ogni spettacolo penso che avrei potuto fare di più, tecnicamente e da un punto di vista interpretativo. Suppongo però che questo sia normale.

Tu vieni da una famiglia di artisti, hai respirato il mondo della danza da subito. Come si cresce circondati dall’arte?

Non è stato semplicissimo. Quando i tuoi genitori sono anche i tuoi insegnanti non esistono filtri o quel distacco minimo che hai quando c’è davanti a te una persona che non conosci. Però sarò sempre grato a entrambi, perché se oggi sono qui e ho fatto della danza la mia vita, lo devo assolutamente a loro. E crescere immerso in un ambiente fatto di musica, teatro, balletto è un vero privilegio.

Ci racconti una tua giornata tipo quando eri ragazzino e vivevi ancora con la tua famiglia?

Non avevo nessuna voglia di andare a scuola, questo lo ricordo molto bene. Poi a 11 anni ho cominciato il corso professionale con i miei genitori e studiavo danza dalle 14.30 fino alle 17.30. A volte anche fino alle 20.00 se necessario. Tornato a casa poi continuavo a danzare, da solo. La mia stanza era il mio luogo felice, quello in cui potevo ballare senza che nessuno mi guardasse e senza sentirmi giudicato. Era bellissimo. Ancora oggi mi ritrovo davanti allo specchio in casa mia e studio i miei ruoli, i gesti e il senso che devo dargli.

A soli 15 anni hai debuttato nel musical di Billy Elliot interpretando il ruolo principale per quasi 150 repliche. Ci racconti quella esperienza?

Quella è un’esperienza di lavoro che ancora oggi porto con me in scena. Ero poco più di un bambino e avevo sulle spalle un peso incredibile, praticamente ero sempre in scena. Recitazione, canto, tip tap, mi cimentavo in mille cose. Ma fu bellissimo. Era una grande famiglia e mi sentivo amato e supportato da tutti. Non dimenticherò mai quegli anni.

Che cosa ti dicono i tuoi genitori dopo averti visto in scena, alla fine di uno spettacolo per esempio?

Essendo degli addetti ai lavori tendono a dirti le cose belle ma anche a sottolineare ciò che si poteva fare meglio. Ed è normalissimo, visti i loro trascorsi, e anche apprezzabile. La mia è una famiglia bellissima in cui però c’è molto pudore dei sentimenti, difficilmente si dimostrano. E mi piacerebbe, nei miei sogni, poter un giorno osservarli mentre mi vedono ballare. Mi piacerebbe guardarli negli occhi e cogliere la loro emozione.

Quali sono le tue principali qualità di danzatore? E quali i limiti?

Credo che nel mio modo di lavorare abbia un peso determinante la parte attoriale, il senso dietro ogni passo che eseguo e dietro ogni gesto. Da un punto di vista tecnico devo lavorare ancora molto sui salti e sul controllo del movimento.

La prossima settimana danzerai per la terza volta nel gala Les Ѐtoiles di Daniele Cipriani. Sarai ancora il più giovane tra tante stelle. Come vivi la tua presenza in questo contesto?

Ballare in questo gala è bellissimo, mi appaga l’idea di danzare per un pubblico diverso da quello di Amburgo e soprattutto mi riporta a casa, in Italia.

Qual è stato il momento più bello, da un punto di vista professionale, che hai vissuto fino ad ora?

Ce ne sono stati davvero tanti: il primo ruolo interpretato, Lisandro, quando ero appena entrato in compagnia e poi la nomina da Primo ballerino da parte di John. Ma potrei raccontarne mille altri.

E un momento brutto?

Di recente ho interpretato il ruolo di Armand ne “La Signora delle camelie” con le coreografie di Neumeier.  Durante la seconda replica non provai nulla. Mentre danzavo sentivo il nulla dentro di me, non mi emozionai neppure una volta. Fu difficilissimo arrivare alla fine dello spettacolo. Terminato lo spettacolo, John mi diede molti consigli preziosi e mi tranquillizzò. Ma spero di non dover mai più ballare senza emozioni.

Qualcuno diceva che per ogni sogno realizzato un altro prende forma. Quali altri sogni speri si concretizzino?

Mi piacerebbe avere una grande famiglia e da un punto di vista professionale continuare così e fare di più. Girare il mondo, danzare nei grandi teatri e regalare al pubblico tutte le mie emozioni. Infine rimanere me stesso in un mondo colmo di competizione e pieno di pressioni.

Foto dell’immagine di copertina: Vincenzo Cositore, Les Etoiles 2023, “Spring and Fall” di John Neumeier

Foto nel corpo dell’articolo: Kiran West, “La Bella Addormentata” di John Neumeier con Madoka Sugai

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