Lia Courrier: “Esiste un bagaglio trasmesso in forma eterica che riguarda l’etichetta da mantenere quando si è a lezione o in scena”

di Lia Courrier
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Il codice della danza classica è stato trasmesso per due vie: una scritta e una non scritta.

Il materiale scritto è composto dai manuali di danza classica, tutti figli del libro di Agrippina Vaganova, datato 1938, in cui è specificato ogni singolo elemento che un danzatore deve conoscere per poter danzare con consapevolezza corporea, musicale e spaziale. A cominciare dalla famosa numerazione di fronti e angoli fino alla descrizione nel dettaglio di tutte le posizioni delle gambe e delle braccia, dalle direzioni del corpo nello spazio a tutti i tipi di rotazione in ogni posa prevista dalla tecnica, dai salti maschili a quelli più tipicamente femminili. Lo studio attraverso la parola scritta è qui accompagnato da illustrazioni realizzate con grande maestria che riproducono la dinamica di ogni movimento momento per momento con grande precisione e puntualità riguardo la posizione della testa, delle braccia, l’altezza delle gambe e ogni altro particolare.

Quello che può non essere chiaro in forma scritta riceve risposte esatte dall’osservazione attenta di questi diagrammi davvero esplicativi. Questa straordinaria donna e danzatrice ha lasciato un grande dono per le generazioni a venire, ogni volta che si perde fedeltà e brillantezza all’origine, ogni volta che si ha un dubbio, basta tornare a sfogliare il manuale per ritrovare punti di riferimento.

Esiste però anche un bagaglio trasmesso in forma eterica, impalpabile, non scritto a volte addirittura quasi non detto, che riguarda l’etichetta da mantenere quando si è a lezione o in scena. Ci sono delle regole da mantenere all’interno dello spazio in cui si danza che tutti i danzatori conoscono molto bene, anche se a volte può capitare che non vegano rispettati dai più ribelli. Queste regole hanno a che fare con la persona, la relazione con gli altri danzatori e la relazione con il maestro.

L’abbigliamento è parte di questa etichetta, quella forse più evidente. È richiesto di avere i capelli in ordine, non occorre che sia una pettinatura da spettacolo, basterà che siano raccolti in modo stabile in una crocchia e che lascino libero il viso. Gli abiti il più possibile aderenti, che non coprano eccessivamente, permettendo al maestro di vedere le linee e al danzatore stesso di mantenere un dialogo chiaro e consapevole con il proprio corpo. È concesso all’inizio della lezione rimanere coperti, per qualche esercizio e specialmente nella stagione fredda, ma da metà sbarra in poi bisogna liberarsi di ogni orpello che impedisca una visione chiara del corpo in movimento. Da evitare anche scarpette da mezza punta sporche o con mille buchi dappertutto e calze smagliate lungo tutta la gamba, è una questione di decoro e di rispetto per sé stessi e per quello che si sta facendo.

La sbarra rappresenta un riscaldamento e un importante momento di studio, però si parte già in piedi e quasi da subito con le gambe in rotazione esterna quindi è necessario che ogni danzatore sia responsabile del proprio warm up personale per arrivare pronto al primo esercizio della classe. In qualità di insegnante, mi piace quando sono l’ultima ad entrare in classe, perché vuol dire che gli allievi sono già lì a lavorare per prepararsi. Di solito anche io arrivo almeno 15 minuti prima per riordinare le idee e allungarmi un momento, si tratta di una preparazione del corpo fisico, certo, ma anche un importante momento in cui si lascia tutto quello che è successo prima fuori dalla porta e ci si dedica solo allo studio della danza, quindi entrare in sala prima dell’insegnante è da considerarsi un’importante preparazione per la mente.

L’esercizio finisce quando l’insegnante lo decide, fino a quel momento anche se si è conclusa la sequenza si aspetta in quinta posizione, mantenendo la posa viva e vitale. Assolutamente non concesso dall’etichetta finire in fretta e furia un equilibrio, buttarsi a terra ad allungarsi quando la musica sta ancora andando, gli altri non hanno ancora finito e l’insegnante non ha dato indicazioni a riguardo. Allo stesso modo tra un esercizio e l’altro non ci si appoggia alla sbarra con i gomiti. Alla mia maestra bastò dirci una sola volta: “guarda che la sbarra si regge da sola, non ha bisogno che la sostieni” per farci smettere per sempre di avere questo atteggiamento trasandato anche nei giorni in cui eravamo così stanchi da stare in piedi per miracolo. Questo punto dell’etichetta è molto importante da applicare, se alla fine di ogni esercizio ti lasci andare e cedi alla stanchezza mentale, sarà ancora più faticoso poi essere pronti per l’esecuzione successiva, la lezione nella sua interezza diventerà uno stillicidio per te e anche per l’insegnante.

Quando ci si sposta al centro lo spazio diviene un altro elemento di cui tenere gran conto. A meno che non ci siano posti assegnati dall’insegnante, è necessario sviluppare quella prontezza che permette al gruppo di prendere posto velocemente per l’esercizio organizzandosi in modo ordinato. Di solito la prima riga è quella che si sistema per prima e gli altri a seguire alternandosi negli spazi su più righe, usando omogeneamente tutta l’area disponibile. Deve diventare una sorta di istinto e quando tutti padroneggiano questa abilità nessuno darà fastidio agli altri e ognuno avrà la possibilità di avere la propria porzione di specchio ed essere facilmente visto dall’insegnante (non vi preoccupate, noi sviluppiamo una supervista e riusciamo a raggiungere anche l’ultima fila con il nostro sguardo attento. Dio vede tutto ma anche noi non scherziamo).

L’andamento dinamico della lezione è solitamente dal fondo della sala verso lo specchio, che rappresenta il fronte prevalente, quindi quando si conclude l’esercizio, specialmente se si tratta di sequenze dinamiche come diagonali di giri e salti, bisogna uscire velocemente dallo spazio muovendosi in avanti e poi di lato, mai tornare indietro per non rischiare collisioni e conseguente effetto domino. Qualora l’esercizio comportasse uno spostamento leggermente sbilanciato verso una direzione gli allievi devono tenerne autonomamente conto utilizzando lo spazio disponibile al meglio e scegliendo con cura la posizione da cui partire.

Quando l’insegnante prende tempo per dare una correzione specifica ad un allievo, quella correzione va sempre considerata per tutti, bisogna sostenere il lavoro del compagno restando attenti e presenti oppure provare da soli a mettersi addosso quelle indicazioni. È considerata una cattiva etichetta distrarsi o fare altro mentre l’insegnante sta dando una correzione, si tratta di momenti preziosi di cui fare buon uso. In ogni istante a tutti i presenti nella sala, allievi e insegnante, è richiesto di non abbassare mai il livello di attenzione. Per un’ora e mezza (la durata media di una classe di danza) si è tutti ugualmente partecipi e reattivi. Quando altri fanno l’esercizio si rimane attenti ad osservare e cogliere dettagli, quando viene data una correzione si cercherà di integrarla immediatamente senza costringere l’insegnante a ripeterla per una seconda o terza volta.

Altro aspetto importantissimo dell’etichetta, trasmesso oralmente da moltissimi insegnanti, riguarda il come camminare o correre per raggiungere la postazione d’inizio. Che sia a lezione per eseguire l’esercizio o in scena per prepararsi a danzare, esiste un modo corretto di camminare o correre, proponendo ogni gamba ben ruotata, passi felpati, un bel lavoro di dita sul pavimento e ginocchia morbide, reattive. Posso dire che già da come un danzatore si porta al suo posto si può intuire qualcosa di ciò che verrà subito dopo, è da questi dettagli che si distingue un bravo danzatore.

Alla fine della lezione, che ci sia tempo per una reverence oppure no, ci si prende un istante per un applauso forte e sentito, rivolto all’insegnante, al pianista (quando presente), ai propri compagni, a sé stessi e anche alla danza, che ci concede di stare bene insieme e sviluppare una tale cura nel fare le cose.

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