Varekai: il Cirque du Soleil torna in Italia con uno spettacolo visionario che incanta il pubblico di ogni età

di Giada Feraudo
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Dopo aver fatto tappa, con un enorme successo, a Milano, Firenze, Bologna e Torino, il Cirque du Soleil ha concluso, negli scorsi giorni, il primo tour italiano della produzione dal titolo Varekai, che vide il suo debutto a Montreal nel 2002.

L’origine del termine “varekai” è da ricercare nella lingua dei gitani e significa “ovunque”. L’intero spettacolo è, infatti, un omaggio all’anima nomade e allo libertà dello spirito gitano, oltre che all’arte della tradizione circense, su cui è imperniato l’intero show.

Diretto da Dominic Champagne, lo spettacolo narra di un mondo straordinario e fantastico, in cui tutto è possibile, ambientato nel cuore di una foresta, sulle pendici di un vulcano: il suo nome è Varekai.

Tutto inizia con la discesa dal cielo di un giovane uomo solitario: paracadutato all’interno di una magica foresta, in un mondo caleidoscopico popolato da creature fantastiche e magiche, il ragazzo intraprende un’avventura incredibile quanto straordinaria. In questo giorno ai confini del tempo, in questo non-luogo dalle pure possibilità inizia un incantesimo ispirato alla vita ritrovata e ai meravigliosi misteri del mondo e della mente.

Lo spettacolo è un vero e proprio tripudio di colori, una sorta di inno alla gioia e alla vitalità che si trasmette attraverso la scoppiettante energia dei performer e tramite la musica, che restituisce alla perfezione l’anima di ogni momento. Intervallate da momenti divertenti e a tratti comici, quali l’intervento di un cantante che non a caso canta il celebre brano francese Ne me quitte pas,  inseguendo allo sfinimento uno spot di luce che pare non volerlo illuminare, o quello di un mago aiutato da un’assistente non troppo preparata, che con le sue gag maldestre fa ridere il pubblico, le performance degli acrobati sono mozzafiato e lasciano letteralmente a bocca aperta, sia per la complessità dei numeri, anche a livello coreografico, sia per la bellezza e l’armoniosità dei corpi degli artisti, che, pur non essendo ballerini, si librano con grazia nell’aria e sul palco e sono padroni di linee che spesso si apprezzano soltanto nel balletto.

Al termine dello spettacolo ciò che si porta a casa è una sensazione di leggerezza, di allegria e vivacità, un “varekai” che si può ritrovare e ricreare ovunque, appunto, anche dentro ognuno di noi.

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