Per #storiedidanza Giada Feraudo racconta Petruška

di Giada Feraudo
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Balletto in quattro quadri
Musica di Igor Stravinskij
Coreografia di Mikhail Fokine
Prima rappresentazione:  Théâtre du Châtelet, Parigi, 13 giugno 1911
Interpreti: Tamara Karsavina, Vaslav Nijinsky, Alexandre Orlov, Enrico Cecchetti, Vera Fokina, Alexei Bulgakov

Petruška (trascritto anche Pétrouchka o Petrushka) è un balletto in quattro scene su musica di Igor Stravinskij, composto fra il 1910 e il 1911. Fu una delle prime creazioni del coreografo Mikhail Fokine, composta per i Ballets Russes di Sergej Diaghilev.

Nel 1910, mentre componeva La sagra della primavera, Stravinskij si volle svagare scrivendo un pezzo per pianoforte e orchestra in cui il pianoforte avesse un ruolo preponderante.

«Componendo questa musica avevo nettamente la visione di un burattino subitamente scatenato che, con le sue diaboliche cascate di arpeggi, esaspera la pazienza dell’orchestra, la quale a sua volta gli replica con le minacciose fanfare. Ne segue una terribile zuffa che, giunta al suo parossismo, si conclude con l’accasciarsi doloroso e lamentevole del povero burattino.»

Petruška, l’infelice personaggio del teatro popolare russo, gli ispirò il titolo della sua opera. La storia si basa infatti sull’omonimo burattino della tradizione, dal corpo di segatura e la testa di legno, che prende vita e riesce a provare sentimenti.

In seguito, insieme a Diaghilev, che, dopo aver ascoltato la composizione, decise di farne un nuovo balletto, definirono l’intreccio della storia e i personaggi.
Dopo pochi mesi Stravinskij partì per Roma per raggiungere l’impresario, impegnato in un allestimento al Teatro Costanzi; qui ultimò il balletto l’undici maggio 1911 e diede inizio alle prove dello spettacolo.
La prima rappresentazione avvenne a Parigi al Théâtre du Châtelet, appena un mese dopo, il 13 giugno 1911, con la direzione di Pierre Monteux, le scene ed i costumi di Alexandre Benois e la coreografia di  Mikhail Fokine.
Vaclav Nižinskij danzò il ruolo di Petruška, traendone  una delle sue interpretazioni più memorabili, la Ballerina fu interpretata da Tamara Karsavina, il Moro da Alexandre Orlov e il Ciarlatano da Enrico Cecchetti.

Nonostante il successo dello spettacolo alcuni critici non gradirono le musiche dissonanti e innovative di Stravinskij. Anche a Vienna, dove il balletto fu rappresentato nel 1913, i musicisti della Wiener Philarmoniker, tradizionalmente molto conservatori, definirono la partitura “schmutzige Musik” (musica sconcia), ma la rappresentazione si tenne comunque senza proteste, ottendo anche un discreto successo.
Tra il 1946 e il 1947, a Hollywood, il compositore realizzò una nuova versione del balletto, sia per poter ottenere il diritto d’autore, sia per migliorarne la strumentazione affinché fosse eseguibile anche da orchestre numericamente inferiori per organico.

Rispetto al primo balletto di Stravinskij, L’uccello di fuoco, realizzato appena un anno prima, il compositore si allontana notevolmente dall’esotismo e dai cromatismi del precedente: con Petruška egli compone il primo balletto che segna un punto di rottura con le opere romantiche che avevano connotato la danza fino ad allora.

Primo quadro
San Pietroburgo, 1830.
Nella settimana del martedì grasso, che precede il digiuno della Quaresima, il popolo festeggia. Le strade sono affollate da ogni genere di umanità e il ritmo veloce e mutevole della musica enfatizza il viavai della folla.
Un suonatore di organetto e una danzatrice intrattengono il pubblico quando all’improvviso un rullo di tamburi annuncia l’arrivo del Ciarlatano con il suo teatro di burattini. All’alzata del sipario del teatrino il Ciarlatano presenta le marionette inanimate: Petruška, la Ballerina e il Moro. Grazie ad un incantesimo i burattini prendono vita, saltano fuori dal palcoscenico in mezzo al pubblico esterrefatto e ballano una vivace danza russa. Al termine dello spettacolo i pupazzi vengono rinchiusi dal padrone nella loro scatola e la folla si allontana.

Secondo quadro
La stanza di Petruška.
Dopo la fine dello spettacolo il povero burattino viene gettato in malo modo nella sua cella. Le pareti sono scure, decorate da stelle nere, una mezzaluna ed un minaccioso ritratto del Ciarlatano. Dietro le quinte Petruška conduce una vita miserabile: innamorato della Ballerina, alla quale si dichiara con modi poco eleganti, non è corrisposto, anzi viene in continuazione respinto; in più è costretto a subire le angherie del Moro, con il quale la Ballerina intreccia una relazione amorosa.

Terzo quadro
La scena si svolge nella lussuosa stanza del Moro.
Nonostante anch’egli sia prigioniero, gode del privilegio di una vita agiata. Mentre il Moro tenta invano di aprire una noce di cocco con la sua scimitarra, la Ballerina entra nella stanza e i due, al suono di una vivace melodia, cominciano a ballare. Petruška, che finalmente riesce a evadere dalla sua cella, piomba nella stanza per opporsi alla loro relazione e per lottare contro il Moro, ma finisce malmenato e scacciato dal suo rivale.

Quarto quadro
L’ultima scena si svolge nel pieno della fiera di Carnevale.
Durante i festeggiamenti si sente un grido provenire dal teatro delle marionette: Petruška irrompe sulla scena inseguito dal Moro armato di scimitarra, che lo uccide davanti a tutti. La folla è convinta che ci sia stato un vero delitto. Il Ciarlatano viene interrogato dalla polizia e cerca di riportare la calma scuotendo il corpo inerte di Petruška, da cui esce segatura, ricordando ai presenti che si tratta soltanto di un burattino di legno.
A notte inoltrata inizia a nevicare, la fiera si chiude e la folla si allontana. Il Ciarlatano riordina e ripulisce il suo teatrino prima di andarsene portando con sé il burattino rotto, ma all’improvviso compare il fantasma di Petruška sorridente sul tetto del teatrino. Ad essere distrutta è stata soltanto la sua forma: la morte ha liberato il suo spirito dal corpo di legno, ha fatto emergere il volto vero e nascosto di Petruška, che rivendica una vita autonoma e libera, ed ora egli è tornato per tormentare il suo antico aguzzino che, nel vederlo, fugge impaurito.

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