Never 21, Body into the fight e Swan Lake Solo: un concentrato intensivo del presente

di Elio Zingarelli
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Giovedì 19 e venerdì 20 ottobre, presso gli spazi del Mattatoio, a Roma, nell’ambito del Romaeuropa Festival 2023 sono state presentate tre performance: Never 21, Body into the fight e Swan Lake Solo.

Never 21 è un lavoro elettrizzante e riflessivo di Smail Kanouté, coreografo, grafico e serigrafo, artista visivo e danzatore professionista franco-maliano. Come suggerisce il titolo che si riferisce all’hashtag #Never21 creato dal movimento Black Live Matters, la performance è un omaggio ai ventunenni vittime della violenza che dilaga nei quartieri più degradati delle grandi metropoli, qui dove Smail Kanouté ha imparato a danzare. I tre performer, Aston Bonaparte, Salomon Mpondo-Dicka e lo stesso coreografo, i cui corpi sono segnati dalle parole delle famiglie delle vittime che testimoniano e denunciano la violenza perpetrata, dispiegano energie differenti di stili di danza diversi.

Prima di tracciare lo spazio scenico attraverso il movimento, i danzatori con tre torce ne illuminano un laterale e poi il suolo come per perlustrarlo, trovare degli indizi, evocare, forse, le anime delle vittime, o semplicemente “accecare” le ombre dei responsabili. Si impone un cerchio di luce tremula e sfuggente evocato dalle torce impugnate da uno dei tre interpreti che si muove girando su se stesso. La coreografia alterna assiemi ad assoli, il singolo soffocato e sorpresso al dolore collettivo, momenti di estati ad episodi di violenza. I danzatori ripetutamente guardano noi spettatori, poi si guardano mentre portano la mano destra sotto il pettorale sinistro per sorreggere il cuore pesante; uno affianco all’altro, sul fondo del palcoscenico, poggiano le mani dietro  la nuca in attesa dell’esecuzione della condanna, qui annunciata, ma improvvisa nella vita. Molte le parole che interagiscono, sovrastano e subiscono i movimenti con i quali intessono una trama complessa i cui fili sono i destini di vite bruscamente lacerate da altre esistenze, forse vittime anche loro.

Ci spostiamo in un altro spazio. I due performer che indossano maglie e pantaloni blu con decori rossi sono già disposti lungo i lati del palcoscenico e si scambiano sguardi e sorrisi in attesa che il pubblico entri e prenda posto. La mancanza di gradinate non facilita la visione ma neanche impedisce di cogliere la complessità concentrata in solo cinque minuti: questa è la durata di Body into the fight che è al centro del progetto Dis.abile | Iper.abile dell’Aterballetto. La coreografia di Diego Tortelli rivela tre piani, o meglio dimensioni, differenti: abilità, disabilità e iperabilità non si fondono ma si con-fondono invalidando conformità anatomiche, funzionalità strutturali convenzionali e rivendicazioni di normalità (sarebbe bene chiedersi rispetto a cosa). Giuseppe Morello e Karim Randé si esibiscono autonomamente: solo un cerchio è l’oggetto della loro interazione sporadica giocata sulla musica di Oneohtrix Point Never. La complicità tra gli interpreti non sfocia nell’intensità della partnership che pure manifesta una forte dinamicità accentuata maggiormente dall’illuminazione laterale dei tubi neon. A stupire non è l’interazione ma la relazione tra due corpi diversi e ugualmente abili. Il risultato non è “fusionale” ma conviviale perchè il fine non è confondere bensì infondere una nuova sensibilità e consapevolezza attigue alle diversità e complessità della nostra contemporaneità.

In un altro spazio differente dai due precedenti va in scena Swan Lake Solo della danzatrice e coreografa Olga Dukhovnaya, nata in Ucraina e attualmente attiva a Rennes, in Francia.

Questa volta le gradinate ci consentono di apprezzare i dettagli di una pièce apparentemente abbozzata e invece difficilmente concepita e finemente costruita. Swan Lake Solo non è un assolo ma potremmo dire un solo collettivo coreografato dall’artista dopo la pandemia e la rinuncia a firmare una sua versione del balletto classico per trentadue danzatori.

A luci accese l’autrice-interprete raggiunge il centro accompagnata dal rumore prodotto dallo sfregamento dalle paillettes nere che ricoprono completamente il suo pantalone. La posizione “statica” assunta dalla danzatrice si scompone in pas de chat che evocano subito il pas de quatre dei quattro piccoli cigni; l’interprete ripete gli stessi passi con variazioni di velocità mostrando la fatica e lo sforzo fisico. Ma è il movimento delle braccia che rimanda direttamente, ma non inequivocabilmente, a un cigno: non si tratta del doppio ruolo Odette/Odile di M. Petipa e L. I. Ivanov bensì del Cigno morente di M. Fokine, più precisamente dell’interpretazione della Pavlova con profondi cambré accompagnati da braccia deboli e inermi che ormai raramente si vedono nell’interpretazioni contemporanee della coreografia.

Poi, Olga Dukhovnaya si siede, le sue ali poggiano sulla sua gamba sinistra stesa in avanti: sulle note di Tchaikovsky riviste dal compositore Anton Svetlichny, illuminata soltanto dalle luci degli elastici che gli spettatori indossano sul proprio capo, la danzatrice assume un’altra posizione facilmente attribuibile al ruolo evocato dal titolo della performance. Quando la musica termina l’interprete inizia a parlare denunciando tutta l’attualità infima della sua operazione che nel contempo presenta anche un aspetto liberamente, ma mai incondizionatamente, ludico. La performance riprende con il coinvolgimento di un altro interprete che dopo essersi palesato dietro a una tenda intraprende una partnership sulla musica del pas de deux del Lago dei Cigni. I due interpreti si alternano nel ruolo di porteur sollevandosi a vicenda. Alla fine, lui assume la posizione iniziale di lei che attraversa diagonalmente lo spazio scenico e poi esce.

Il Presente, con le sue sbavature e complicazioni, ci scuote e ci allieta, ci determina e ci smentisce, ci smuove e ci commuove.

Crediti Body into the fight: Nicola Stasi
Crediti Swan Lake Solo: Doriane Rio

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