Lia Courrier: “Quella mano sulla sbarra”

Avere una postura corretta del braccio e della mano che poggia sulla sbarra vuol dire aver sviluppato l’abilità di mantenere un corretto allineamento

di Lia Courrier
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Questa settimana voglio tornare alla tecnica, come quando, nel lavoro del danzatore, dopo aver abitato le più disparate e acrobatiche coreografie con il corpo, si ritorna a lezione per riportare controllo, ritrovare i punti di riferimento, quella pulizia e quel rigore nel gesto per ritornare a quello stato di foglio di carta pulito su cui poter disegnare ancora e ancora.

La tecnica è uno strumento necessario, indispensabile, per ottenere la quale bisogna impegnarsi molto, ma facciamo sempre attenzione -voglio ribadirlo ancora una volta – a non scambiare il mezzo per il fine.

Dopo questo breve ma sentito preambolo, tiro fuori l’argomento di oggi come un coniglio dal cappello: la relazione spaziale con la sbarra (TAH-DAH!), questione lasciata un po’ in secondo piano, nella maggior parte dei casi, affidata all’istinto. Ricordo anche l’anno in cui passammo dalla posizione con due mani alla sbarra a quella con un solo appoggio e per quanto scavi nella memoria, non ricordo mi vennero date indicazioni particolari su come sistemarsi in questa nuova condizione, ricordo solo ci venne detto che adesso avevamo un arto in più da coordinare, ossia il braccio libero: ancora una volta molta attenzione alle parti del corpo ‘protagoniste’ del movimento e poca o nessuna attenzione a ciò che sostiene quel movimento, ossia la gamba di supporto, la schiena, e quel braccio che poggia sulla sbarra in modo utile ed efficace. Potrei dire che il lato di supporto del corpo sta al movimento come le prove stanno allo spettacolo, che della filiera produttiva rappresenta il culmine, la punta dell’iceberg. Quello che voglio dire è che se riesco a eseguire un développé con la gamba che si estende flessuosa a grandi altezze, è soltanto perché il resto del corpo partecipa e sostiene attivamente quella gamba nella sua espressione.

Le problematiche più comuni nella postura alla sbarra sono essenzialmente due: il braccio è poggiato troppo a lato del corpo e stare eccessivamente vicini alla sbarra stessa.

La mano poggia sulla sbarra un po’ avanti rispetto al corpo, il braccio si allunga su una diagonale in avanti, con il gomito morbido, non troppo piegato ma neanche totalmente teso, e rivolto verso il basso. La mano non si aggrappa alla sbarra, ma la tocca come si potrebbe toccare qualcosa di delicato che non si vuole rovinare, il polso è morbido e allineato, con il pollice si avvicina alle altre dita e quindi rimane sopra e non sotto tipo rostro di rapace. Quest’ultimo dettaglio è molto importante perché una mano morbida e disponibile al cambiamento ci consente di scivolare lungo la sbarra in caso di importanti cambi di peso, penso ad esempio all’esecuzione di un temp liés, che sposta il corpo dinamicamente da un punto all’altro nello spazio, richiedendo al braccio un continuo adattamento alle circostanze. Insomma: il braccio che poggia sulla sbarra lavora tanto quanto l’altro.
Un altro aspetto importante da menzionare è anche l’utilizzo una sbarra che sia alla giusta altezza. Ovviamente si studia tutti insieme e quindi esiste un margine di tolleranza notevole riguardo a questo punto, ma se si è molto alti, oppure se si è particolarmente brevilinei, è importante cercare un appoggio che si armonizzi con questa peculiarità, altrimenti la sbarra ci sarà d’impiccio e non ci aiuterà a lavorare bene. La corretta relazione spaziale consente il mantenimento di un importantissimo spazio tra il corpo e la sbarra, che non è vuoto e neanche ‘di servizio’, con la danza che avviene solo sull’altro versante, ma è uno luogo pieno di potenziale che utilizziamo quando alterniamo le gambe nelle sequenze, ed uno spazio vitale in cui la danza letteralmente ‘respira’ a tutto tondo, e quindi anche in direzione della sbarra.

Stare alla sbarra non vuol dire avere un girello su cui appoggiarsi passivamente, da tirare, o da strangolare. La sbarra è un piccolo aiuto per trovare qualità e quantità (proprio in quest’ordine) e consentire al corpo di ritrovare ogni giorno quegli strumenti che poi si utilizzeranno in centro, nella seconda parte della lezione. Il lavoro alla sbarra contiene tutti i semi di cui abbiamo bisogno, ed è propedeutico non solo nel processo di apprendimento della danza, ma anche per il lavoro della giornata, qualsiasi siano il livello tecnico e l’età del danzatore.

Avere una postura corretta del braccio e della mano che poggia sulla sbarra vuol dire aver sviluppato l’abilità di mantenere un corretto allineamento ma anche aver compreso l’en dehors e come correggere eventuali compensazioni a seguito di questa condizione, competenze che hanno a che vedere più con la sensibilità che con la forza fisica, mi preme specificarlo. Solo quando il peso viene trasmesso con consapevolezza e stabilità attraverso le gambe sui piedi, si è in grado di appoggiare quella mano senza aggrapparsi o tirare. Un esempio classico è l’atteggiamento di mantenere il peso sui talloni per cercare di forzare la rotazione esterna delle gambe, spingendo il pube avanti e in alto in una eccessiva retroversione del bacino, ecco che in questo caso, per stare in piedi, ci si dovrà per forza aggrappare alla sbarra. Questo a mio avviso è  però da evitare per almeno due motivi: uno perché l’allineamento non è corretto (parlo qui di una armoniosa distribuzione delle forze biodinamiche, tenendo conto anche dell’anatomia variabile di ogni singolo corpo, non di un dogma da applicare a tutti indistintamente), con attivazione di molte più catene muscolari del necessario, maggior dispendio di energia e una minore consapevolezza. Due, perché la sbarra – come abbiamo già detto – è propedeutica a ciò che si farà poi anche senza il girello, e quindi che senso ha preparare il corpo a restare appeso al sostegno quando poi si dovranno fare gli stessi movimenti, e molti altri ancora, contando solo sulle proprie forze? Vedo molti danzatori che alla sbarra slanciano le gambe in testa, hanno estensioni esagerate per poi, una volta in centro, fare fatica a stare in piedi. Bisogna studiare con lungimiranza e cercando di capire la meravigliosa logica sequenziale con cui si è evoluta la struttura della lezione di balletto, un sistema più che collaudato per raggiungere ogni risultato possibile. Il resto è tutto nella capacità di comprensione, nell’impegno, e nella genetica (anche qui in quest’ordine). La sbarra non è solo un riscaldamento, ma una preparazione sensoriale, propriocettiva e anche spirituale a tutto ciò che verrà dopo, proprio per questo nulla può sfuggire dal campo della nostra percezione, neanche quella mano e quel braccio che rimangono ‘dietro le quinte’ del movimento.

Foto: shutterstock.com

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