Lia Courrier: “La riforma dello sport? un sistema farraginoso e imperfetto che sta creando disagi quasi esclusivamente al lavoratore

di Lia Courrier
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Il numero di questa  settimana è dedicato alla situazione dei lavoratori sportivi a seguito della riforma, perché le sorprese non sono mancate ancora oggi, a distanza di mesi dall’entrata in vigore datata 1 luglio 2023.

Seguo dal periodo degli anni legati alla pandemia un gruppo facebook dedicato allo yoga (anche questa disciplina ficcata a forza nel settore sportivo quando, esattamente come la danza, con l’ambito sportivo ha a che fare come i cavoli a merenda) creato dal responsabile di un Ente per dare informazioni sulle regole e protocolli sanitari da seguire, un ginepraio anche in quella occasione con direttive e linee guida che ancora oggi mi chiedo come si potessero considerare efficaci ma che abbiamo seguito un po’ tutti, personalmente più per il quieto vivere che per altro.

Si torna oggi in grande spolvero con la riforma del settore sportivo, un carosello di notizie poi puntualmente smentite o date in modo raffazzonato e confuso da quegli Enti a cui i committenti stanno disperatamente chiedendo chiarimenti.

Più volte sul gruppo sopra citato ho chiesto un riferimento che indicasse chiaramente l’obbligo per i detentori di partita Iva di aver il tesserino tecnico, un articolo, un comma, qualcosa di inconfutabile. Questa risposta non è mai arrivata ma sono arrivate invece tante chiacchiere con l’intenzione di farmi vedere come un vantaggio l’affiliazione a un ente. A corroborare la tesi degli Enti mi è stato spiegato che con la riforma anche le partite Iva avrebbero dovuto sottoscrivere una “lettera d’incarico” da depositare in non so quale registro e quindi per questo motivo eravamo tutti obbligati ad acquistare un tesserino tecnico (usiamo le parole giuste perché di una compravendita si tratta).
Decido di comprarmi questo tesserino, più per il quieto vivere che per utilità personale, dal momento che sono ancora convinta che i detentori di partita Iva non debbano essere soggetti a nessun obbligo di questo tipo, poiché lavoratori autonomi e non subordinati.

Dopo l’acquisto di questo articolo mi viene invece detto che no, la “lettera d’incarico” è consigliata ma non obbligatoria. Vi lascio immaginare i miei pensieri a quel punto, per fortuna nel mio caso la spesa è stata minima ma alcuni Enti lucrano alla grande con la vendita dei tesserini, a suon di centoni.

Sempre sullo stesso gruppo l’amministratore pubblica il seguente commento:

“Il lavoratore sportivo, che sia esso autonomo con co.co.co o autonomo con partita Iva, gode delle seguenti agevolazioni fiscali:

-esenzione tasse sui primi 15 mila euro annui

-esenzione INPS sui primi 15mila euro annui.

Tuttavia bisogna prestare attenzione: aprendo la partita Iva in regime forfettario non si può mantenere tale regime nel momento in cui si fattura ad un committente per il quale si è lavorato nei 2 anni precedenti in qualità di dipendente o di lavoratore autonomo co.co.co

Ho letto questo commento con le palle degli occhi che stavano per schizzarmi fuori dalle orbite. Poi ho riletto ancora una decina di volte, infine ho fatto lo screenshot e l’ho inviato al mio commercialista. Ho debitamente evitato di commentare direttamente sul gruppo perché l’amministratore è un maestro nelle strategie di evitamento quando si tratta di rispondere a domande chiare e semplici.

Ma andiamo ad analizzare il testo. Innanzitutto “il trattamento co.co.co non è da considerarsi lavoro autonomo ma parasubordinato. Questa tipologia di contratto, presuppone che i lavoratori non siano soddisfatti adeguatamente da altre forme contrattuali, laddove non sia efficiente ricorrere allo strumento del contratto di lavoro dipendente, né lavoro autonomo. Dunque si ricorre a questa tipologia di contratto, quando non è possibile rientrare con chiarezza in una delle due tipologie in questione” (fiscomania.com).

Il mio commercialista è rimasto talmente sorpreso da quanto ha letto che si è preso del tempo per consultare alcuni colleghi con clienti che operano nel settore sportivo e non sono riusciti a dare un’interpretazione. Non esiste nessuna legge che faccia riferimento a sgravi fiscali speciali per i lavoratori sportivi detentori di partita Iva, sistema che prevede un trattamento fiscale fisso, non modificato da questa riforma.

L’unica interpretazione che sono riusciti a dare è che un qualsiasi professionista che abbia la partita Iva con un codice Ateco non pertinente al settore sportivo (architetto, dentista, idraulico, giusto per fare esempi) nel momento in cui svolge una seconda attività inerente allo sport, riceverà il trattamento fiscale agevolato per il secondo lavoro. Questo può avere un senso, ma allora perché scrivere un commento così ambiguo? Forse per portare i lavoratori sportivi con partita IVA a credere nei vantaggi dell’affiliazione, come a dire: ti affili allora hai sgravi fiscali, non ti affili e ti attacchi al tram. Comunque ragazzi, attualmente nessuno sgravio fiscale è previsto per le partite Iva.

Attorno a me tanti detentori di partita Iva, nonostante abbiano codice Ateco sinergico all’attività sportiva svolta, sono riusciti a farsi fare un co.co.co dal committente sportivo per cui lavorano (cosa che il mio commercialista mi ha detto che non si può fare) insomma: qualsiasi cosa pur di non pagare le tasse, ogni azione sembra essere guidata solo da questo obiettivo, a quanto pare.

La cosa che mi fa davvero saltare il sistema nervoso, alla fine di questa analisi, è capire il motivo per cui una persona dovrebbe guadagnare 15mila euro annui, cifra non così dissimile da quella che io stessa percepisco, totalmente esentasse mentre chi ha la partita IVA si deve far carico non solo degli oneri ma di molte altre spese accessorie.
Ancora una volta questo sistema farraginoso e imperfetto sta creando disagi che ricadono quasi esclusivamente sul lavoratore. Il tetto massimo di guadagno, esattamente com’era nell’assetto precedente, va calcolato nella totalità delle A.S.D. con cui si collabora, ma la riforma non è chiara riguardo la gestione dell’eventuale superamento di questa soglia: quale dei committenti avrà poi l’onere di occuparsi del versamento? Ecco, nel dubbio alcuni committenti hanno apertamente dichiarato che questo è il motivo per cui non vorranno collaborare con chi non è detentore di partita Iva. Se ne lavano le mani.

Ecco perché, nonostante dal testo della riforma si evinca che la forma giuridica più utilizzata per il lavoro sportivo dovrebbe essere il co.co.co alla fine in molti si sono sentiti dare l’ultimatum: “o apri la partita Iva o la nostra collaborazione finisce qui”.

Bisogna dire però che il co.co.co è stato pensato per un guadagno massimo annuo di 5mila euro  (un mistero per me il perché poi si parli di 15mila, forse qualcuno può aiutarmi) sommando tutte le indennità ricevute da tutte le associazioni con cui si collabora, e ancora stiamo lì: si tratta di un sistema che regolamenta le seconde occupazioni. Chi pratica l’insegnamento dello yoga o della danza come primo lavoro dovrebbe avere partita Iva ma necessiterebbe anche di una paga adeguata alla sua figura professionale, mi verrebbe da dire. Se fosse così nessuno avrebbe di che lamentarsi a seguire le regole e comportarsi da professionista onesto che paga le tasse. Dal primo di luglio ad oggi le domande senza risposta sono ancora tante, abbiamo cominciato il nostro lavoro da mesi e il Ministero ha dovuto lasciare un periodo finestra per adeguarsi e questo va bene ma adeguarsi a cosa quando non si capisce neanche cosa bisogna fare e come?

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