Lia Courrier: “La danza è una presenza benefica; è tutto ciò che le ruota attorno ad oscurarne la luce”

di Lia Courrier
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La settimana appena trascorsa ha segnato l’inizio dell’anno accademico per i miei adorati allievi della formazione e anche per le mie classi rivolte ai professionisti.

Un inizio di anno che ricorderò a lungo, come forse anche molti di voi faranno.

La danza, lei, è sempre pronta a immergermi in quelle sensazioni fresche, rimaste immutate fin dal primo giorno in cui l’ho incontrata. Quando la lezione comincia non esiste alcuna cosa o persona che possa distrarmi o frapporsi tra me e gli allievi, sono totalmente assorbita in quello che sto facendo, con gioia, lucidità e quello splendore che non ha mai abbandonato la mia relazione personale con questa arte. Dopo ormai quasi 40 anni in sua compagnia, nelle vesti più disparate, e da qualsiasi punto di vista mi sia stata data la possibilità di osservarla, la danza è ancora una presenza benefica, un modo per raccontare me stessa senza dover ricorrere alle farraginose costruzioni verbali.

È tutto ciò che le ruota attorno, piuttosto, ad oscurare quella luce, molto spesso.

Fin da quando ho messo piede nell’ambito lavorativo della danza, ho sempre percepito che in esso dimoravano molte ombre e luoghi oscuri, demoni difficili da gestire per me, e che effettivamente più volte mi hanno allontanata dalla genuinità che invece me la faceva amare con semplicità, purezza e con una integrità priva di crepe. Ma si sa: il collo del piede e le gambe lunghe non sono la dote più importante per danzare, occorre avere il carattere giusto, non essere troppo vulnerabili di fronte alle tempeste emotive, essere sicuri di sé e andare avanti per la propria strada, qualsiasi cosa gli altri possano dire o pensare.

Ho accettato questa mia mancanza di predisposizione tanto tempo fa, trovando il mio posticino nell’universo danza, da cui poter utilizzare le mie conoscenze e competenze, al servizio degli altri,  nel ruolo dell’insegnante, ed è stato un passaggio fondamentale per diventare un essere umano adulto, sano e sereno. Consapevole del proprio ruolo e della propria persona.

Questo inizio d’anno è stato contrassegnato da percezioni contrastanti, molto simili a quelle di cui ho appena scritto: da una parte la felicità di ritrovare i vecchi allievi e di conoscerne nuovi pronti a farsi spremere come degli agrumi succosi. Nei contesti in cui insegno ho il privilegio di avere di fronte studenti che non hanno tempo da perdere e che fin dal primo giorno si gettano nel lavoro senza risparmiarsi, e davvero di questo sono molto grata perché lavorare con loro è un piacere che si rinnova ogni giorno, ad ogni lezione.

Dall’altra parte, però, da qualche tempo è come se su ogni cosa fosse sceso un velo, come se la brillantezza fosse opacizzata dal contesto, da questo periodo da cui facciamo molta fatica ad uscire, con la consapevolezza che questa ripresa di cui tanto si parla sarà tutt’altro che semplice e rapida, purtroppo (anche se la narrazione mainstream vorrebbe farci credere il contrario, ma chiunque abbia un minimo di senso critico e sociale sa bene che si tratta solo di uno specchietto per allodole per allontanarci dalla realtà delle cose), non solo dal punto di vista economico, ma soprattutto emotivo. Già i protocolli d’ingresso ai centri (sembra di dover entrare nella sede della C.I.A.), non fanno che ricordarmi ogni volta quanto siamo lontani da quella ‘normalità’ che tutti invocano a gran voce ma da cui siamo lontani anni luce. Anche sulle lezioni professionali aleggia l’ombra del momento, la pratica in presenza non sembra così allettante come si sperava, probabilmente anche perché una corposa percentuale di chi frequenta abitualmente le mie classi non ha voglia di aggiungere al costo della lezione anche quello del tampone per potervi accedere, e questa discriminazione fa emergere un conflitto etico, perché la danza – così come qualsiasi altro linguaggio artistico – è sempre stata per me una energia inclusiva e non esclusiva.

Sento la presenza di un velo di tristezza che copre tutto, sempre presente, come la polvere in casa che si posa continuamente sulle superfici nonostante le quotidiane battaglie per eliminarla, e questo toglie spontaneità e bellezza ad ogni cosa che faccio, per quanto mi impegni a contrastare, a spazzare via questa sensazione. A volte ho come la percezione che questo velo non sia solo mio, ma che faccia parte di un sentire collettivo che la mia sensibilità mi fa percepire chiaramente.

Non so se sono la sola a provare queste emozioni oppure se lì fuori c’è qualcuno che si riconosce  leggendo queste parole. Se così fosse allora chiunque tu sia ti voglio solo dire: coraggio, passerà anche questa. L’esistenza è caratterizzata da transitorietà, da una costante alternanza di polarità,  di colori, quindi dopo un periodo buio certamente ne arriverà uno più luminoso e positivo.

Teniamo duro fino ad allora e cerchiamo di non spegnere la fiamma.

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