Giselle al Teatro alla Scala mette alla prova i cast di casa

di Nives Canetti
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Questa Giselle estiva, subito dopo le serate di McGregor, è l’occasione per tornare a vedere un classico senza tempo sul palcoscenico della Scala, constatando la grande ecletticità dei ballerini scaligeri capaci di approcciare diversi stili con grande non chalance.

Che Giselle fosse il cavallo di battaglia del Corpo di ballo della Scala in tutto il mondo già era ben noto, ma quello che si è visto sul palco in questi giorni di luglio è stato uno spettacolo ancora più profondo ed emozionante. Le lezioni di Carla Fracci dello scorso anno e la preparazione di Manuel Legris hanno lasciato un segno profondo nella compagnia scaligera, sia a livello interpretativo che in alcune modifiche della coreografia. Sono piccoli momenti forse meno virtuosistici ma certamente più eleganti e di stile. Ad esempio, niente più fluenti chiome nella scena della pazzia ma solo una ciocca inesorabile a sottolineare la disperazione; il lift del secondo atto quando Albrecht sosteneva Giselle orizzontalmente sopra la testa (un po’ Dirty Dancing ehehe) e ora un semplice elegante lift con le braccia in quinta a rappresentare tutta la protezione che Giselle cerca di dare ad Albrecht. Insomma tanti particolari che fanno la differenza.

Solo sei recite che però stanno dando spazio a molti cast. Nicoletta Manni e Timofej Andrijashenko hanno aperto egregiamente la prima, e poi Manni con Jacopo Tissi al suo debutto in Scala dopo l’addio a Mosca. Personalmente ho avuto occasione di vedere due cast successivi: il debutto di Martina Arduino e Nicola Del Freo poi Vittoria Valerio e Claudio Coviello. Per l’ultima serata sono previsti Martina Arduino che sostituisce Virna Toppi e Marco Agostino.

Sicuri in scena, Martina Arduino e Nicola Del Freo al loro debutto nei ruoli hanno dato vita ad una bellissima coppia sicuramente di ottimo livello che, se posso, può ancora crescere nella relazione fra i due personaggi. Hanno già molto lavorato insieme, ma su Giselle l’affiatamento in scena deve esser totale. Arduino bene nel primo atto dove aveva già debuttato in streaming, precisa tecnicamente, in certi momenti un po’ preoccupata di come apparire più che di “essere” Giselle, ha ridato una scena della pazzia credibile e una performance di alto livello. Del Freo, fisico bellissimo, molto intenso nel secondo atto, drammatico e preciso nell’assolo, può essere un Albrecht ancora più affascinante nel primo atto affinando la sua personale chiave interpretativa. Serata estremamente piacevole con un pubblico molto entusiasta, da debutto appunto. Grazie al cielo nessuna suoneria di cellulare in sala, ma alcuni traslochi in qualche palco e un delizioso neonato che si lamentava ad intervalli precisi, non so se per il volume della musica o perché non riusciva a vedere la scena dal palco. Ma si sa, siamo vicini alle vacanze estive e si è più indulgenti, forse.

Veniamo alla coppia Vittoria Valerio (solista con tutti i numeri di una prima ballerina) e Claudio Coviello, che hanno già ballato Giselle insieme e si vede. Sono perfettamente naturali anche nei momenti di virtuosismo, hanno un affiatamento perfetto, sono molto complici, si scambiano piccoli sguardi e gesti di intesa senza alcun manierismo, con particolari che rendono la storia reale e che fanno vibrare le corde profonde di un’emozione senza tempo. Del resto Stendhal diceva che il grande artista si vede dall’infinitamente piccolo.

Albrecht per Coviello è profondamente innamorato e non considera minimamente le possibili conseguenze. La Giselle della Valerio è spontanea, totalmente persa per lui, non bamboleggia neanche per un attimo. Piccoli gesti durante la danza portano a pensare che no, stavolta “Giselle” andrà bene, non sarà un dramma, sono troppo innamorati: e invece poi la tragedia scoppia ancora più devastante perché il climax è stato costruito in modo assolutamente credibile. La follia della Valerio è calibrata, senza eccessi, tenera e la disperazione di lui alla morte di Giselle, quando corre sul fondo cercando conforto o giustificazione, è angosciante. Nel secondo atto tutto diventa rarefatto ma al contempo molto umano: la relazione fra i due è palpabile al di là della morte e questo rende ancora più poetica ed emozionante la situazione. Le linee della Valerio sono bellissime, forse troppo sottili ma talmente struggenti che alla fine non si nota. Poetico nei cambré e tecnicamente perfetto l’assolo di Coviello. Quando i due si incrociano senza trovarsi più l’ultima volta, mi è partita la lacrima e non mi succedeva da un po’. La sala silenziosissima e attenta è scoppiata in alcuni sentiti applausi a scena aperta.

In entrambi i cast una bellissima Myrtha di Alice Mariani, neo prima ballerina, fredda e impenetrabile come deve essere la Regina delle Willi ma molto morbida, tecnicamente impeccabile.

Le giovani coppie del passo a due dei contadini nelle due serate sono state entrambe smaglianti. Navrin Turnbull e Linda Giubelli sorridente e morbida, ottime elevazioni e legato di Alessandro Paoloni con Camilla Cerulli scattante e precisa. Molto espressivi e presenti anche i due Hilarion di Marco Agostino e Massimo Garon. Belle le Willi di Caterina Bianchi e Agnese di Clemente. Splendido come sempre il corpo di ballo femminile (anche se preferirei le braccia in quinta più tonde), sincrono, palpitante, un orgoglio italiano nel mondo.

Limpida la direzione di Valery Ovsyanikov, precisa e puntuale sulla danza nonostante alcuni professori d’orchestra che come al solito sghignazzano in buca durante i balletti.

Un plauso ai meravigliosi Maître scaligeri, Laura Contardi, Lara Montanaro, Massimo Murru e all’ospite eccellente Julio Bocca.

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1 commenti

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paola 16 Luglio 2022 - 18:08

Grazie per queste recensoni scaligere, sempre molto accurate e interessanti.

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