“A Swan Lake” di Johan Inger a Dresda: un mondo di relazioni umane e un inno alla libertà. On line fino al 16 marzo 2024 su ArteTv.

di Nives Canetti
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È andato in scena ai primi di dicembre 2023 al Semperoper di Dresda  “A Swan Lake”: una versione basata su “Il velo rubato” , fiaba di Johann Karl August Musäus, a cui si ritiene si siano ispirati i librettisti del Lago dei Cigni e che offre un’interessante alternativa alla tradizionale interpretazione del capolavoro di Čajkovskij.

Basandosi su questa storia accompagnata da una rilettura della musica, Johan Inger, svedese, ex danzatore di NDT e ora coreografo di primo piano, dopo aver coreografato Carmen e Peer Gynt al Semperoper, ha ideato una reinterpretazione coreografica del racconto fantastico di Musäus che ruota attorno al motivo della fanciulla-cigno. Si tratta un punto d’entrata affascinante, spiazzante, centrato sulle relazioni umane, sul rispetto reciproco e sulla libertà contrapposta al desiderio di sopraffazione.

Di certo è qualcosa di diverso, con una ricerca, un pensiero alle spalle, una validissima visione laterale di un capolavoro senza tempo che si sposta decisamente su un’altra vicenda, senza intervenire su quella originale. Quindi per una volta non rispetterò la mia regola di commentare solo spettacoli dal vivo.

Qui di seguito il link per vedere lo spettacolo gratuitamente on line su ArteTv fino al 16/3/2024

https://www.arte.tv/it/videos/116718-000-A/petr-ciajkovskij-il-lago-dei-cigni/

Ecco la trama. In questa storia i cigni sono anime elette che grazie ad un velo, simbolo della loro libertà, si possono trasformare in cigno e radunarsi una volta all’anno intorno ad un lago in cui fare un bagno che dà loro l’immortalità. Chi vuole trattenere a sè questi cigni deve rubare o distruggere il loro velo.

Dal libretto di sala: La regina Zoe, infelice nel suo matrimonio con re Zeno, è una di queste anime elette. Un giorno al loro castello arriva Benno, un ospite. Lui e la regina si invaghiscono, ma il re fa arrestare Benno. Theo, il confidente di Zoe, lo aiuta a scappare e gli dice che potrà trovare Zoe in un lago lontano. Solo una volta all’anno la Regina può recarsi lì per fare un bagno di giovinezza. Nella speranza di rivederla, Benno intraprende un viaggio attraverso diversi paesi. I due si incontrano sulle sponde del lago e si dichiarano il loro amore promettendo di ritrovarsi di nuovo l’anno successivo. Quando però Zoe torna a corte, Zeno la punisce distruggendole il velo. Al lago Zoe non tornerà più e Benno la aspetterà invano.

Nel secondo atto, vent’anni dopo, il figlio di Zoe, Kallisto, parte per la guerra. Sulle sponde del Lago dei Cigni, viene ferito e curato da Benno. L’eremita lo inizia ai segreti del lago e assistono al rito del popolo dei cigni, che fa il bagno annuale. Quando Benno ancora una volta non trova Zoe nel gruppo, muore disperato. Nello stesso momento, Kallisto scopre la fanciulla cigno Odette e si innamora di lei. Per evitare che voli via, le ruba il velo e lo nasconde. Ignara, Odette inizia una vita insieme a lui al lago. Ma la vita con Kallisto peggiora sempre di più per la sua gelosia violenta e la sua possessività. Proprio in questo momento Odette ritrova il velo nascosto e si rende conto di essere stata ingannata. Arriva Zoe, venuta a convincere personalmente il figlio a tornare a corte. Si riconosce in Odette, le restituisce il velo e la incoraggia a rivendicare la sua libertà.

Si ritrova immediatamente una specularità fra padre e figlio, fra la regina Zoe e Odette, fra sopraffazione dell’universo femminile e la mancanza di rispetto per l’individualità dell’altro, tra l’amore puro e la possessione. Pura, innocente e bellissima è la figura di Benno di cui Zoe si innamora a prima vista e per questo viene messo in carcere da Zeno.

C’è molta modernità in questo Lago: Inger affronta la coreografia con grande originalità, dinamiche molto fluide ed espressive, è vicino alla poetica di Mats Ek.  Troviamo grande lirismo nei passi a due d’amore, la baldanza della gioventù nella danza di Kallisto, l’ironia nelle danze di carattere nei paesi che Benno attraverso nel suo viaggio, la perfidia e la volgarità nei passi di Zeno. Le relazioni fra tutti i vari personaggi sono molto chiare nella coreografia e la drammaturgia si dipana in modo immediato e comprensibile. D’altro canto in alcuni punti il linguaggio è fin troppo didascalico e soprattutto il momento della nascita del figlio di Odette e di Kallisto viene descritto in modo un po’ troppo prosaico.

Bravissimi e affiatati tutti gli interpreti del Dresden Semperoper Ballett, che, partecipando alla creazione fin dall’inizio, dimostrano una padronanza totale dello stile di Inger, dai solisti al corpo di ballo. Balza agli occhi la qualità della danza e del gesto di Jón Vallejo, principal della compagnia e interprete di Benno.

L’utilizzo della partitura di Čajkovskij, in cui la sequenza dei numeri viene adattata a seconda delle necessità della storia, è piuttosto scioccante per chi è abituato al Lago originale, ma la sinergia fra partitura e scene è tale da rendere questo ostacolo facilmente superabile anzi piacevolmente sorprendente.

La scenografia di Leticia Gañàn e di Curt Allen Wilmer, certamente molto creativa, forse un po’ cupa, rappresenta efficacemente le varie ambientazioni attraverso l’utilizzo di quinte mobili in scena e di grandi effetti scenici, come lo specchio rotondo che incombe e delimita le sponde del lago dei cigni, riflettendone le figure anche sulla parte superiore della scena.

Pubblico qui anche il link del libretto dello spettacolo dove compare la trama originale de “Il velo rubato” nella sinossi di Regina Genée, drammaturga dello spettacolo.

https://www.semperoper.de/en/whats-on/schedule/stid/swan-lake/62280.html#a_30330

Una nota personale per me molto importante: devo ringraziare Silvia Poletti, preziosissima esperta di danza e non solo, mancata la scorsa settimana, che mi inviò questo spettacolo prima di Natale invitandomi a guardarlo per poi commentarlo insieme. Non abbiamo fatto in tempo, ma sono certa lei avrebbe avuto interessantissimi spunti e mi avrebbe insegnato molte cose, perché Silvia amava assai il lavoro di Inger, a cui lei stessa consegnò il premio Danza&Danza per Bliss, miglior coreografia nel 2017 creata per Aterballetto.

© Semperoper Dresden/Nicholas MacKay

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