Torna Lia Courrier con SetteOtto: “Scalda che ti passa”

di Lia Courrier
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Anche questa settimana colgo al volo il suggerimento di una lettrice, che mi chiede di parlare di  un momento fondamentale nella vita di ogni danzatore, ossia la personale routine di riscaldamento che si esegue, o meglio, si dovrebbe eseguire prima di cominciare a danzare. Come sappiamo bene, la classe di balletto prevede già una sessione di riscaldamento alla sbarra, caratterizzata da una progressione tale, in termini di ritmo e ampiezza del movimento, da portare il corpo ad essere cotto a puntino per entrare nella seconda parte della lezione, ma questa comincia pur sempre in piedi, in en dehors, e in men che non si dica siamo già in quinta posizione.  Ecco spiegata l'importanza del rituale di preparazione, adeguato alle proprie necessità, che consenta al corpo di eseguire al meglio ogni esercizio fin dai primissimi istanti, ma non solo: entrare prima in sala e concedersi del tempo per ascoltarsi, oliare le articolazioni, allungare i muscoli, e comprendere lo stato generale del proprio strumento, è un sostegno formidabile anche per  trovare la concentrazione necessaria per trarre sempre il meglio da ogni pratica di studio. La classe di danza, in poche parole, comincia prima che il maestro entri in sala per fare il suo lavoro.

Ai tempi della mia formazione, studiavamo danza classica al mattino presto, ed era la prima di una lunga serie di lezioni che ci portava fino a pomeriggio inoltrato, in una sala molto grande e poco riscaldata. Ricordo che molti di noi arrivavano addirittura 45 minuti prima dell'orario d'inizio, perché il corpo ancora addormentato e le rigide temperature invernali impedivano anche solo concepire l'idea di mettersi in prima posizione o di eseguire un cambré, così in quello spazio enorme  e vuoto, coperti come alpinisti in escursione, andavamo alla ricerca della mobilità articolare, facendo scorrere un po' di energia nel corpo attraverso il movimento. Quando la maestra arrivava in sala, pronta a tirare fuori il massimo da ogni poro della nostra pelle, poteva trovarci reattivi solo in virtù di quel tempo trascorso a prepararci. Persino coloro che non sentivano il bisogno delle grandi manovre prima di danzare (molto invidiati da me, perennemente a terra ad allungarmi e fare esercizi), si presentavano comunque almeno dieci minuti prima di iniziare. Nella nostra educazione di ballerini era sconsigliabile entrare in classe dopo il maestro.

In effetti non è una saggia idea entrare in sala per appoggiare direttamente le mani sulla sbarra, portandosi dietro la strada, il rumore, il chiacchiericcio degli spogliatoi, tutte le cose che non siamo riusciti a fare durante la giornata e quelle che dovranno essere fatte una volta ritornati a casa. Molto meglio creare uno spazio vuoto, un momento di silenzio che ci separi dal quotidiano affannarsi, per lasciare tutto quello che esula dalla lezione fuori dalla porta, dedicandoci solo alla danza per tutto il tempo necessario. 

Ogni corpo danzante si porta addosso un racconto che riguarda tutta una costellazione di piccoli doloretti, infortuni, zone con le quali si ha un rapporto difficile, articolazioni poco mobili, punti deboli, muscoli pigri che non hanno mai voglia di lavorare. È proprio seguendo le tracce del proprio racconto che il danzatore sceglie i movimenti da eseguire per dare il buongiorno a tutti questi invisibili compagni di lavoro che abitano il  corpo, negoziando sempre nuovi compromessi per una buona pratica della danza. Ognuno di noi dovrebbe  sapere cosa serve esattamente al proprio strumento per accordarsi: qualcuno ha bisogno di allungare, qualcun altro di potenziare o semplicemente di rilassarsi al suolo, lasciando che le informazioni emergano spontaneamente, c'è anche chi ha bisogno di fare un po' di sbarra, prima ancora di fare la sbarra sotto la guida del maestro. Questo rituale cambia costantemente con il passare dei giorni, delle stagioni, del tempo, degli anni, e dei dolori, ma anche si evolve in seguito all'acquisizione di nuove consapevolezze, nella costante ricerca di tutto ciò che possa servire al corpo per essere adeguatamente pronto, tonico ed elastico.

L'abitudine di prendersi il tempo per prepararsi alla lezione, è anche una valida occasione di crescita personale, poiché si tratta dell'unico momento in cui si decide autonomamente e responsabilmente cosa fare, senza assegnazioni da parte del maestro. Programmare una propria sequenza di riscaldamento, quindi, significa aver raggiunto una certa maturità come studente e danzatore. Nei primi anni di studio della danza, non si può pretendere che dei bimbi piccoli sappiano scaldarsi da soli, ovviamente, ma si può chiedere loro di entrare in sala ordinati, vestiti e pettinati, cinque minuti prima dell'inizio, restando in silenzio o parlando a bassa voce, questo basterà a  gettare le basi per l'apprendimento delle buone abitudini. Quando poi si padroneggerà meglio la materia, sarà interessante osservare come gli allievi si preparano, perché questo dice molto sulla loro visione, e sulla consapevolezza acquisita della danza e dei principi che la compongono.  Il mio consiglio per tutti i danzatori, di ogni età e aspirazione, per studiare al meglio ed esorcizzare il rischio di farsi male, è quello di recarsi nella scuola di danza almeno mezz'ora prima, per cambiarsi con calma e dedicare preziosi minuti di indagine su questo importante momento, anche condividendolo con gli altri, scambiandosi informazioni e scoperte, ma senza mai perdere la concentrazione e l'ascolto del proprio corpo: la lezione è già cominciata!

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