Lia Courrier: “Ahi, ahi, ahi, che dolore le scarpette da punta!”

di Lia Courrier
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“Das ist Kalbfleisch!”

Questo urla Cristiana Morganti, nel film Pina di Wim Wenders, mostrando delle fette di carne di vitello in carta da macellaio, che poi metterà dentro alle scarpette da punta, prima di eseguire uno struggente assolo, in una straordinaria location di archeologia industriale.

Mettere le fette di carne nelle scarpette da punta è una leggenda che ho sempre sentito, un po’ come il mito del collo del piede sotto al termosifone, o la chimera della coppa di champagne sul tallone in attitude devant….come no… con me la preziosa ambrosia andrebbe sprecata: no en dehors, no party.

Ad ogni modo non mi pare di aver mai visto dal vivo questa pratica, la meno vegana che io possa immaginare, neanche nelle ballerine di vecchia generazione, quindi penso sia solo una leggenda metropolitana, se qualcuno ha prove del contrario è pregato di farmelo sapere. C’è da dire, però, che nelle punte ci ho infilato di tutto, per cercare di salvare i piedi, dal momento che ai miei tempi vendevano scarpette assassine e nessuno di questi moderni, fantastici salvapunte di silicone.

Innanzitutto le dita: un processo simile a quello della mummificazione egizia, fatta eccezione per l’asportazione degli organi e dell’inserimento di amuleti al loro posto. Con ogni dito scrupolosamente bendato, ho prodotto più inquinamento io di una petroliera, con tutti quei cerotti ogni giorno, nel tentativo di non spellarmi come una patata bollita, perché poi con le ferite aperte, salire sulle punte era una tortura!

Il gesso si assottigliava troppo presto, dandomi quella fastidiosa sensazione di sentire la punta delle falangette conficcate direttamente sul pavimento, ma con quello che costano le scarpette da punta dovevo cercare di allungare loro la vita il più possibile, quindi i metodi erano essenzialmente due: uno, era quello di mettere cotone idrofilo dentro alla punta, che poi con l’attrito prodotto dal movimento si scaldava come un altoforno, facendomi gonfiare i piedi come zamponi natalizi. L’altro non so chi me lo aveva insegnato, ma si trattava di mescolare dell’alcol etilico con la pece, quella che si usa per non scivolare, per fare una sorta di resina da far colare dentro alla punta. Poi sul calorifero ad asciugare. Adesso che ne scrivo, temo di aver rischiato di prendere fuoco più di una volta, ma per fortuna mi è andata bene…pfui!

E voi? Quale stramberia avete fatto con le vostre scarpe da punta?

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