Anne Teresa De Keersmaeker: “Penso che ci siano molte cose da imparare dalla danza, che possono aiutarci in questi tempi”

di Elio Zingarelli
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Oggi compie gli anni Anna Teresa De Keersmaeker.

Classe 1960, dopo aver studiato danza alla Mudra School di Maurice Béjart a Bruxelles e alla NYU Tisch School of the Arts di New York, nel 1980 la coreografa belga crea Asch, il suo primo lavoro coreografico. Tre anni più tardi, sempre a Bruxelles, fonda la compagnia di danza Rosas mentre crea l’opera Rosas danst Rosas su musica di Thierry De Mey e Peter Vermeersch. Due lavori rivoluzionari che già mostrano, in maniera più o meno evidente, i principali tratti distintivi della sua coreografia: il minimalismo dei movimenti, una composizione stratificata fatta di sequenze di passi ripetute e sovrapposte, il rigore nell’esecuzione, un’esplorazione rigorosa del rapporto tra danza e musica, i principi formali della geometria, i modelli numerici, il mondo naturale e le strutture sociali, per offrire una prospettiva unica sull’articolazione del corpo nello spazio e nel tempo.

La sua prolifica attività coreografica si concretizza soprattutto in lavori di gruppo rappresentati nei maggiori teatri ed entrati nel repertorio delle compagnie di tutto il mondo. I suoi primi lavori coinvolgono solo interpreti femminili impegnati in gesti quotidiani eseguiti con intensità ed estremo rigore, lasciando spazio di tanto in tanto a brevi momenti di rilassamento. Un’alternanza di austerità e cedevolezza che trasmette un’energia femminile seducente e al contempo fredda che associata al rigore e alla forza definisce una danza interpretata, spesso, come manifesto della femminilità contrapposta alla mascolinità. Ma la coreografa ha sempre negato qualsiasi legame associativo asserendo, piuttosto, un interesse verso “fenomeni ricorsivi che vanno oltre questa polarità biologica”.

Non è che nego la polarità” – sostiene la De Keersmaeker – “ma cerco di tradurla in una forma più astratta. Trovo sempre meno interessante incarnarla nella sua forma più primaria e istintiva: l’uomo contrapposto alla donna. Quello che mi interessa della danza è la possibilità che offre di concretizzare le idee più astratte. Questo sviluppo è legato anche all’invecchiamento: sento un bisogno maggiore di formalismo nella scrittura, per toccare di più l’essenza delle cose.”

Nei suoi primi lavori, la De Keersmaeker coinvolge esclusivamente danzatrici per cercare di produrre un’omogeneità con il solo corpo femminile e per attribuire alla coreografia una dinamica che l’uso di un corpo maschile non renderebbe possibile. Ma è un’attenzione che abbandona nei lavori della maturità artistica dove danzatrici e danzatori di grande carisma e personalità esprimono insieme un’energia fisica che culmina in una grande tensione emotiva.

Se all’inizio del suo percorso artistico la musica è il suo principale partner, poi la coreografa instaura con i suoi danzatori un rapporto sempre più maturo, quasi di interdipendenza: usa i loro corpi in tutti i diversi aspetti (meccanici, sensuali, emotivi, sociali, intellettuali) che insieme definiscono la loro “individualità” sul palcoscenico e in sala dove si impegnano in un lavoro congiunto di creazione che si configura – sostiene la De Keersmaeker – “come un processo intensamente sociale”.

Sono processi sottoposti a un’operazione di “spogliamento” e mostrano principi essenziali e parametri corporei di generazione del movimento che vanno dalla massima semplicità del camminare alla più piena complessità del ballare.  Per la De Keersmaeker anche la camminata può essere una danza perché “ho escogitato un motto che fungerà da strumento per l’intera compagnia: ‘My Walking is my dancing’ o, in francese, ‘Comme Je marche, je danse’. Da allora sono rimasta impegnata su questa enfasi sul camminare come fondamento dell’atto di ballare. Questo camminare ha avuto un ruolo importante nei miei spettacoli negli ultimi dieci anni.”

Oltre alla musica e al rapporto con i danzatori, è la natura il suo terzo partner intesa come entità a metà strada tra poesia e scienza:

“La mia passione in fondo è studiare la natura più che contemplarla. Sono toccata dal potere romantico degli eventi naturali, ma sono toccata più profondamente dall’osservazione attenta della natura, dal tipo di intelligenza personale che si manifesta al suo interno.”

La coreografa belga non attinge alla natura con un intento mimetico e non la considera neanche un obiettivo determinante verso cui tendere, piuttosto è un mezzo con il quale procedere perché fonte inesauribile, viva e proficua per il suo lavoro, la sua ricerca e per il tentativo di ripristinare nella società l’armonia, la complessità e la bellezza dell’ordine naturale.

Anne Teresa De Keersmaeker si avventura nel teatro, nel teatro d’opera come regista, nel testo e nella performance interdisciplinare sempre con coscienza e consapevolezza, mostrando un’estrema lucidità e una visione arguta sulle problematiche più urgenti della nostra contemporaneità da analizzare attraverso la danza:

“La danza può aiutarci ad affrontare ciò che ci circonda, il nostro tempo e lo spazio, a creare esperienza in un modo che non sia pregno di distruzione del destino e di egoismo, bensì di celebrazione, a imparare a relazionarci con il corpo dell’altro, ascoltare il nostro corpo, proteggerlo e lavorare con esso piuttosto che contro di esso, a condividere lo stesso ritmo, invece di essere individualisti, e celebrare la nostra comunità ancora una volta.”

Crediti fotografici: Johan Jacobs

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