L’anima spagnola del Don Chisciotte di Victor Ullate

di Giada Feraudo
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Il Don Chisciotte di Cervantes è uno dei capolavori più conosciuti della letteratura mondiale ed è il titolo di uno dei più famosi balletti classici, anche se la trama di quest’ultimo fa riferimento solo ad alcuni episodi che sono contenuti nel romanzo, utilizzato principalmente come fonte di ispirazione.

La versione del Don Chisciotte rappresentata dallo Staatsballet Berlin da febbraio 2018 e in scena fino all’estate è una revisione del balletto composto nel 1997 da Victor Ullate per il Ballet Victor Ullate Comunidad de Madrid.

Il coreografo introduce, nella sua lettura, alcuni elementi di novità che rendono l’originale non un balletto russo di carattere spagnoleggiante ma una composizione di sapore propriamente spagnolo.  Particolarmente significativa è l’introduzione, all’interno della partitura di Minkus (che, a sua volta, aveva inserito, all’epoca, brani di altri compositori) di alcune parti suonate da una chitarra spagnola invece che dall’orchestra: il motivo del primo atto, subito dopo l’entrata in scena di Basilio, e alcune parti all’inizio del secondo, così come l’esclamazione “Olé”, pronunciata ad alta voce dai danzatori durante la performance del toreador.

L’assolo di Espada, il toreador appunto, è creato ex novo da Ullate ed è interessante notare come, nel corso del suo svolgimento, sempre in rimando al carattere intrinsecamente spagnolo del lavoro, la folla crei intorno a lui una sorta di arena, e l’arte con cui i capotes fanno roteare abilmente le loro capas, quasi si trattasse di una corrida vera e propria.  

Anche l’inizio del secondo atto prevede uno spazio molto ampio dedicato alla danza notturna dei gitani (nella versione del 1997 questi ultimi erano autentici gitani spagnoli), che in altre versioni è invece notevolmente ridotto.

Sempre nel secondo atto il personaggio di Cupido, originariamente creato per una donna, è qui invece impersonato da un uomo. L’interpretazione di Ullate predilige l’originale concezione mitologica di Cupido come essere maschile, che potrebbe, anche in ragione del costume, rendere abbastanza immediati dei riferimenti al dio Pan, divinità silvestre e vivace.

L’esuberanza e l’energia pervadono tutto lo spettacolo, sottolineate dai bellissimi, colorati ma nello stesso tempo raffinati costumi di Roberta Guidi di Bagno, che ne firma anche la scenografia.

Nel terzo atto l’ambientazione è spettacolare, con gli archi sullo sfondo e le quinte laterali che rimandano immediatamente la mente dello spettatore alle magnifiche architetture della Alhambra e al calore dei suoi colori e della sua atmosfera.

Ottima la prestazione dei danzatori, senza sbavature e con molta attenzione ad ogni dettaglio sia da parte del corpo di ballo, sia dei solisti Iana Salenko nel ruolo di Kitri e Dinu Tamazlacaru in quello di Basilio (la recensione si riferisce alla rappresentazione del 4 maggio). Per entrambi ineccepibile e pulita la tecnica ed estremamente coinvolgente la complicità sulla scena.  Molto bene anche gli interpreti degli altri ruoli, perfettamente inseriti nel contesto.

Una rappresentazione di alto livello, che rilegge e rende sempre attuale e piacevole un grande classico del repertorio.

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