TRITTICO DI AKERUSIA DANZA DA GOLDONI A PAUL TAYLOR

di Massimiliano Craus
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A Napoli si è viaggiato a ritroso in questi giorni, accompagnati da una Cicerone d’eccezione quale Elena D’Aguanno ed un trittico pensato ad hoc per andare incontro a tutte le esigenze artistiche e culturali. Scriviamo degli spettacoli fino al 6 giugno al Teatro Mediterraneo di Napoli di Akerusia Danza di Elena D’Aguanno, impegnata con “Immagini. Colori. Suoni” in un omaggio trasversale ai secoli ed ai grandi personaggi dell’arte e della danza, nel terzo appuntamento della stagione dopo “1+1=1 (Filosofia dell’identità)”, di Ina Colizza ed Antonello Apicella, e “Romeo e Giulietta” di Ciro Venosa al Teatro Elicantropo di Napoli. Qui si è invece partiti da Carlo Goldoni e dal Settecento italiano della commedia dell’arte passando per Marius Petipa e finire con il Futurismo italiano propedeutico alle rivoluzioni moderne della danza.

Tutto è partito con “Arlecchinata”, inequivocabile titolo della commedia dell’arte nostrana ripreso a giusta ragione dal coreografo marsigliese nel 1900. Lì “Les Millions d’Harlequin” ha rappresentato la chiave di volta coreutica dell’esaltazione di tanta arte italiana cara anche a Marius Petipa. Ed Elena D’Aguanno non ha resistito all’idea di mettere in scena quel titolo così estroso e rappresentativo di un’Italia lontana ma poi così significativa. In questi termini si spiegano le immagini a cui ha voluto fare riferimento la coreografa e direttrice artistica di Akerusia Danza, immagini anteposte ai colori ed ai suoni del trittico di queste serate napoletane. Al Teatro Mediterraneo le immagini di “Arlecchinata” sono state traslate attraverso i giochi, i frizzi, i lazzi e i sollazzi dell’atmosfera carnevalesca dove tutto è possibile.

Il secondo titolo del programma è invece un viaggio indietro nel tempo vincolato però al repertorio della compagnia Akerusia Danza. Un pezzo storico del repertorio del 2009, quel “Futur’è” che ha segnato l’omaggio postumo al Futurismo italiano nel segno distintivo delle caratteristiche più pertinenti di quel tempo e della danza come la intendono le due sorelle Elena e Sabrina D’Aguanno. “Futur’è” è un omaggio che le stesse coreografe hanno sintetizzato così: nessuna emozione, nessuna interiorizzazione, nessuna storia ma, per contrasto, si cercherà di sperimentare la rappresentazione della razionalità, della forma fine a se stessa, del movimento puro volutamente senza significati altri e reconditi. Una sorta di omaggio a un movimento artistico, il futurismo, che ha anticipato tutta l’arte contemporanea e ha rappresentato una rivoluzione culturale che ha interessato l’intero spettro delle moderne forme espressive.

Il terzo momento dello spettacolo è invece stato dedicato al ricordo affettuoso di una generazione danzante al mastro scomparso poco meno di un anno fa, quel Paul Taylor che ha scritto alcune tra le pagine più importanti del repertorio novecentesco. Evidentemente quello più caro a Sabrina D’Aguanno che ne ha curato una rielaborazione coreografica proprio dal repertorio contemporaneo. Un “Concerto” che è un omaggio a Paul Taylor attraverso le mirabili musiche dei Concerti brandeburghesi di Johann Sebastian Bach, il compositore perfetto per le coreografie riproposte nel viaggio a ritroso di Akerusia Danza.

Come la stessa Elena D’Aguanno ha scritto, si tratta di un omaggio all’universo purissimo e assolutamente armonioso della danza di Paul Taylor, uno dei più grandi coreografi contemporanei, scomparso di recente. L’esuberanza della danza si abbina all’energia dei vivaci concerti di Bach. Un flusso dinamico di movimenti così radioso e senza pause che consente alla coreografia di diventare un modo del tutto naturale di muoversi verso e dentro questa musica. Tutto nella cornice più preziosa che la stessa Elena D’Aguanno potesse pensare, attingendo dalla penna di Umberto Eco e della sua “Opera aperta”, condividendo la proposta di un campo di possibilità interpretative, come configurazione di stimoli dotati di una sostanziale indeterminatezza, così che il fruitore sia indotto a una serie di letture sempre variabili; struttura, infine, come una costellazione di elementi che si prestano a diverse relazioni reciproche come nelle corde di Eco e D’Aguanno.

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