Green Pass: un modo semplice e veloce di mandare a ramengo il mondo del teatro

di Francesca Gammella
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E cosi mentre eravamo tutti al mare, un po’ distratti dal caldo e dalle ferie, il 6 agosto è entrato in vigore il decreto approvato il 22 luglio 2021 in cui il Governo introduce l’obbligatorietà del Green Pass durante l’esercizio degli spettacoli all’aperto e al chiuso. Circolari, avvisi, comunicazioni social dei teatri nazionali, fondazioni, compagnie, produzioni hanno viaggiato e tutt’ora viaggiano alla velocità della luce per informare il proprio pubblico sulle procedure da attuare.

Perché se non si informa correttamente il rischio è l’“assenza”.

Ho letto molto e tutti hanno lamentato questa forte discrepanza tra la scelta di tenere assembrate le persone sui mezzi di trasporto, e i comportamenti da tenere in teatro, il luogo in cui da sempre la segnaletica indica dove sedersi e “piantarsi lì”.

Viene naturale una riflessione e spero che chi leggerà mi aiuterà a creare spunti per articoli futuri sul tema: parliamo del ruolo dello spettatore del teatro, in questo particolare momento storico.  Proprio lui, colui che per riuscire a sedersi in poltrona e godere della bellezza di uno spettacolo a teatro deve superare le prove di Ercole, che erano 12 e noi quasi ci siamo!

Facciamo un piccolo riassunto.

Da quando sono stati riaperti i teatri, le leggi e le regole imposte sono state molteplici e a risentirne è stato l’intero mondo dello spettacolo, non ultimi gli spettatori.

Quindi, voglio dedicare al pubblico lo spazio di questo articolo, perché quando si parla di spettacolo dal vivo, si parla di un artista che si esibisce davanti ad un pubblico e senza il quale il teatro e l’artista stesso non avrebbero lo stesso valore. Nei mesi del Covid quando il teatro si poteva vivere virtualmente il silenzio delle platee è stato assordante. Amici e colleghi mi hanno raccontato momenti di grande commozione, quando alla fine di una ripresa per lo streaming, da dietro le quinte, i tecnici e il personale rompevano il silenzio con un flebile applauso pur di restituire agli artisti la dignità perduta. Non possiamo permettere di far rivivere tutto questo agli artisti e tenere il pubblico lontano dalle platee. Eppure le regole imposte non incentivano, anzi.

E la domanda allora sorge spontanea: perché per il teatro vigono restrizioni così ferree e per altre categorie no?

La risposta la troviamo nell’educazione degli artisti e di chi gli artisti va a vedere.

L’arte e la cultura implicano un’etica di comportamento e una disciplina non indifferenti.

L’ artista o l’ amatore vive di un rigore illuminato. E le regole si danno a chi le sa rispettare. Intanto però andare in vacanza e ballare sulle spiagge è consentito, mentre entrare a teatro senza la mascherina è un reato.

Ma il mondo dello spettacolo dal vivo non si è tirato indietro e ha fatto di tutto per poter essere sempre allineato e garantire al meglio la sopravvivenza dell’arte. E se ripercorriamo a ritroso l’ultimo lungo periodo, ci rendiamo conto del grande sforzo che tutto il mondo dell’arte ha fatto per arrivare ad oggi: riduzione delle platee, l’uso obbligatorio delle mascherine per tutta la durata degli spettacoli anche all’aperto (mentre al bar accanto si assembrano senza indossarla perché devono sorseggiare cocktail), assegnazione meticolosa e faticosa dei posti a sedere dove regnava sovrano il dilemma dei congiunti, con l’unico grande risultato che se litigavi con tuo marito potevi dichiarare che non lo conoscevi e sederti a 1 mt di distanza.  Superata questa fase si è passati all’adeguamento artistico e dell’ingente richiesta di uno sforzo nell’adeguare gli spettacoli dal vivo al non vivo (dirette streaming) accantonando la magia del teatro. E cosi, man mano ci siamo abituati, e quella eccezione è diventata la normalità fino ad approdare al Green Pass, perché questo percorso ad ostacoli per la conquista del teatro non ha mai fine.

E cosi dal 6 agosto 2021 è fatta legge che per accedere a teatro e ai luoghi di pubblico spettacolo è necessario presentare il Green Pass agli ingressi. E non mancano i primi e oggettivi problemi logistici: file interminabili (sul sito dell’Arena di Verona si invita il pubblico a presentarsi 90 min prima!!) controlli infiniti, implementazione del personale ai varchi a discapito di chi resta in cassa integrazione. Sì perché mentre le richieste di adeguarsi sono infinite e le esigenze per ottemperarle sono troppe, a casa restano quelli in “eccesso” e via alla riduzione del personale artistico e tecnico.

Ma la domanda che sorge spontanea è: quanta pazienza ancora dovrà avere il nostro pubblico? E quanto ancora dovrà adeguarsi la filiera della produzione dello spettacolo dal vivo? Siamo tutti sospesi su questo filo sottile che a lungo andare si spezzerà. E se noi facciamo rispettare le regole nei nostri teatri, non è giusto che al di fuori non ci sia un controllo, un adeguamento generale a quel rigore che sembra appartenere solo al mondo artistico e ai suoi fruitori.

Ma le criticità sono oggettive e si evidenziano già dalle regole in atto.  Cito testo relativo all’utilizzo del Green Pass:

 La certificazione con il Green Pass – in versione cartacea o digitale – è obbligatoria per tutti i visitatori al di sopra dei 12 anni. In alternativa basta produrre un certificato che documenti anche una sola dose di vaccino (validità 9 mesi); un test molecolare/antigenico (negativo) nelle 48 ore precedenti alla visita; oppure una certificazione di avvenuta guarigione da Covid-19 (validità 6 mesi). Sono esonerati dall’obbligo del Green Pass i minori di 12 anni e chi non può vaccinarsi per motivi di salute (comprovati da certificazione).

Ma poniamoci una domanda ovvia; se una persona volesse portare a teatro l’intera famiglia in cui non tutti hanno ancora il Green pass (vedi ragazzi al di sopra dei 12 anni) bisognerebbe procedere col fare un tampone 48 ore prima, pagarlo, attendere il referto e presentarlo all’ingresso. Per andare a teatro bisogna prepararsi praticamente due giorni prima e a quel punto non si semplifica tutto con una pizza all’area aperta? Ecco che avvicinare il pubblico già ridotto, diventa sempre più complicato e le parole rassicuranti del venite a teatro anche con l’esito del tampone diventano quasi impronunciabili se si pensa a quanto sia complicato oggi godersi uno spettacolo.

Dopo aver dipinto questo quadro maldestro e stonato, proviamo ad allargare la visione di tutto questo alle scuole di danza, alle produzioni coreutiche e a coloro che per motivazioni personali e non opinabili (certo non da me) non vogliono vaccinarsi.  Chi resterà davvero? Chi supererà queste “fatiche d’Ercole” ancora a lungo? Si è tornati in scena con la voglia di esibirsi, ma la burocrazia e la legge sta schiacciando tutto e tutti.

Diciamocela tutta, a teatro non troviamo il numero di persone che troveremmo invece in un ristorante o sulle spiagge italiane, o peggio nei locali all’area aperta dove se dondoli a destra e sinistra dichiari di non ballare.

Il problema non è dentro i teatri né tra le persone che ci lavorano – anche perché per poter lavorare nei suddetti teatri bisogna sottoporsi ai tamponi molecolari anche se in possesso di Green Pass –  anche se sembra che nel nostro mondo il rischio di contagio è altamente “nucleare”.

La verità ahimè è che “l’economia deve circolare” e della cultura possiamo fare a meno. Se leggete il provvedimento per la prima volta troverete la parola teatro tra le prime ad essere citate. Ma mai come questa volta essere primi è una fregatura!

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