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Interviste

Il Pilates: il metodo e i suoi benefici. Intervista a Margherita Miralli

di Giada Feraudo 30 Gennaio 2017
scritto da Giada Feraudo 30 Gennaio 2017 609 visualizzazioni

Nell’ultimo decennio, e forse anche qualcosa di più, il Pilates ha conosciuto un’ampia diffusione, i centri e le palestre che offrono corsi e lezioni sono diventati numerosissimi. Ma che cos’è veramente il Pilates, quali sono i veri fondamenti del metodo e perché è così seguito specialmente dai danzatori? L’abbiamo chiesto a Margherita Miralli, istruttore PMA®-CPT Pilates Method Alliance Certified Pilates Teacher, che dal 2006 gestisce lo studio m2o GINNASTICHE PER LA SALUTE SSD a Torino.

Negli ultimi anni il Pilates ha avuto una diffusione molto importante, diventando talvolta forse anche una moda. Come mai, secondo te, molta gente si è avvicinata a questa disciplina?

Perché dopo essersi allenate con il metodo Pilates le persone stanno bene: una volta sperimentato sul proprio corpo che dopo un’ora di allenamento stanno meglio di quando sono entrate in sala si può dire di averle fidelizzate quasi all’infinito.

Come e quando nasce il metodo Pilates?

Il metodo ha origine da Mr Pilates, dalla sua storia personale. Joseph Hubertus Pilates nasce in Germania  nel 1883  in una famiglia molto povera e numerosa e si avvicina all’attività sportiva, prima di tutto alla boxe, grazie al padre. Pilates era un bambino molto gracile ma determinato a ricercare nel movimento, qualunque esso fosse (pratica infatti molti sport diversi, da quelli più tradizionali fino alle discipline olistiche, che in quell’epoca iniziano ad affermarsi), il modo per migliorarsi.

Durante la Prima Guerra Mondiale, durante una tournée con una compagnia circense, viene internato dagli inglesi sull’isola di Man. Nasce lì l’idea di sviluppare una disciplina per aiutare persone con grandi problematiche fisiche e motorie legate a traumi e ferite riportati in guerra. Avendo a che fare con individui spesso impossibilitati ad alzarsi, Pilates abbozza l’idea dei macchinari che costituiranno una parte essenziale degli strumenti del suo metodo utilizzando inizialmente le molle dei letti e sfruttando, per l’allenamento, le resistenze legate a tali molle, evitando così il sovraccarico fisico per coloro che erano allettati ma che potevano, in questo modo, eseguire ugualmente gli esercizi, in posizione supina o seduta.

Il  metodo Pilates è una disciplina che, pari a poche altre, coinvolge mente e corpo in un percorso volto al raggiungimento del benessere. Come?

Pilates riteneva che il suo metodo potesse rivoluzionare il mondo: la sua macchina principale si chiama infatti Universal Reformer.

Uno dei suoi obiettivi era quello di universalizzare la sua tecnica e di renderla pubblica, perché tutti potessero praticarla. Egli era un pacifista e riteneva che attraverso la respirazione, il movimento e la consapevolezza del proprio corpo si potessero evitare addirittura le guerre. Non bisogna dimenticare che nasce nel 1883 e muore nel 1967, attraversando entrambe le guerre mondiali, pur non avendole combattute, e anche per questo l’idea e il sogno di eliminare i conflitti attraverso la ginnastica è molto forte.

Hai parlato della respirazione, che è proprio uno dei principi fondamentali su cui si basa il metodo

Sì, la respirazione è una delle cose che Pilates reputava più importanti.

Iniziare a prendere consapevolezza del proprio respiro e cambiarlo vuol dire non solo mettere in gioco la parte muscolo-scheletrica ma anche quella organica e quella psicologica, e questo porta ad avere una disciplina che mette in relazione mente e corpo. Il respiro, infatti, è strettamente collegato al movimento: banalmente, nascendo si fa il primo respiro e morendo si esala l’ultimo respiro, il cerchio si chiude.

Dal mio punto di vista, dopo tanti anni di insegnamento ritengo che le persone si siano allontanate da quella che è la loro natura e che, a causa dello stress e dei ritmi frenetici della vita di oggi, abbiano un po’ “disimparato a respirare”, affermazione bizzarra in quanto la respirazione è un automatismo, ma il corpo ha una disperata necessità di muoversi in maniera fisiologica, funzionale, di godere di questo grande beneficio tratto dalla respirazione.

Chi pratica il vero Pilates, ovvero il movimento collegato ad un certo tipo di respirazione, sente come si muove il corpo dall’interno e non solo dall’esterno. Il movimento è viscerale.

Il Pilates è molto praticato dai danzatori: com’è avvenuto l’incontro fra il metodo Pilates e la danza?

Esistono due versioni: la prima è legata alla conoscenza fra Mr. Pilates e Rudolf Van Laban , colui che, in un’epoca in cui non esistevano le registrazioni video, trascriveva le coreografie su carta. Per alcuni egli sarebbe il collegamento con i danzatori. Secondo un’altra ipotesi, invece, i ballerini si avvicinano al metodo un po’ per casualità: del resto in quegli anni New York è una grande officina della danza, lo studio di Mr. Pilates non è lontano dai principali teatri e alcuni danzatori, fra cui anche Martha Graham e George Balanchine, si rivolgono a lui risolvendo problemi fisici grazie al suo metodo. Questo crea un grande passaparola e molti ballerini, tra cui alcuni che, dopo  la sua morte, porteranno avanti il metodo, si affidano a lui.

Il metodo Pilates, però, non nasce appositamente per la danza

No, non è un metodo nato espressamente per la danza, anche se poi si è evoluto sui danzatori perché molti di loro si sono allenati direttamente con Pilates e lui ha modificato i suoi esercizi in base a ciò che loro dovevano fare, ovvero danzare. Con i ballerini Pilates lavorava molto sull’en déhors, tanti esercizi che si facevano in parallelo lui li ha portati in extrarotazione sull’anca, creando così una variante rispetto a un esercizio che poteva essere eseguito in altro modo da una persona con esigenze diverse. Ovviamente, essendo i danzatori coloro che in seguito si sono incaricati di tramandare il metodo, molti esercizi che si ritrovano sono quelli adattati su di loro, quelli più “danzerecci”.

Quali sono i benefici del metodo sulla tecnica e sul corpo dei ballerini?

La prima cosa che mi viene da dire è prevenzione. Ogni danzatore professionista ha subito dei traumi nel corso della sua carriera: la pratica del Pilates rinforza e dunque riduce il rischio di farsi male.

Poi ovviamente c’è il discorso del recupero da eventuali infortuni, che è più rapido se si utilizza questo metodo, che permette di continuare ad allenarsi e di non perdere la forma fisica.

La pratica del Pilates porta inoltre a un miglioramento della tecnica. Utilizzando i macchinari si prende maggior coscienza di quali sono i meccanismi interni che portano a un movimento al fine di arrivare alla ricerca della pulizia profonda del gesto che si sta per compiere, poiché si allenano gli schemi motori in maniera diversa da come si fa alla sbarra.

Lavorare con i ballerini è più facile e immediato rispetto alle persone che non lo sono?

Quando un insegnante si trova di fronte un ballerino pensa di avere vita facile: non bisogna lavorare sulla base del movimento e della coordinazione e nemmeno sui vocaboli, mentre spesso con le altre persone bisogna spiegare in modo diverso poiché hanno una scarsa consapevolezza del proprio corpo. Ritengo però che i danzatori spesso non riescano spesso a sfruttare appieno anche il livello mentale di questa disciplina. La difficoltà di lavorare con i ballerini sta  nel fatto che sono abituati a ripetere i gesti che vengono loro proposti senza far caso alla respirazione: non ci sono scuole di danza che insegnino la respirazione, che è invece fondamentale. A volte simulano il gesto respiratorio, non facendolo però avvenire nella sua naturalezza; c’è una grande difficoltà nel far muovere il respiro dall’interno, all’inizio per i danzatori questo aspetto è difficile da trovare. Ci vuole più tempo.

A proposito di recupero funzionale e di prevenzione, sempre più spesso in ambito medico si consiglia di praticare il Pilates

È vero, anche se purtroppo, soprattutto in italia, c’è ancora una conoscenza abbastanza scarsa dal punto di vista medico.

Spesso accade che si consigli di fare Pilates senza sapere esattamente cosa sia, facendo affidamento ai dati scientifici ma senza averlo mai sperimentato su di sé, e questo secondo me è un grande deficit di chi si occupa del corpo e del suo movimento: come si possono dare indicazioni su come muoversi basandosi solo su testi?

Una piccola parte di medici lo pratica: fra i frequentatori del mio studio ce ne sono molti; infine tanti non lo riconoscono perché non lo esercitano e non si aggiornano e davanti a una problematica muscolo-scheletrica preferiscono prescrivere il riposo. Il nostro corpo, però, è fatto per muoversi, a meno che non abbia subito un trauma grave: non c’è patologia che dal movimento non tragga beneficio, ma bisogna ovviamente sapere quale tipologia e qualità di movimento proporre.

Il movimento è come l’alimentazione e il sonno: per stare bene dobbiamo mangiare bene, avere un sonno ristoratore e muoverci bene. Qualunque tipo di movimento si faccia (corsa, camminata, nuoto ecc) fa sempre bene: certo è che se le cattive abitudini posturali si trascinano nella attività sportive è forse meglio tornare indietro e rieducare il corpo alla corretta gestualità per poi fare tutte le attività quotidiane e sportive senza problemi.

Quali e quanti sono gli esercizi base del metodo, inventati da Mr. Pilates?

Nessuno ha mai catalogato il numero di esercizi inventati da Pilates: sarebbe un lavoro inutile e infinito.

Un altro aspetto importante della disciplina è che Mr. Pilates adattava gli esercizi da lui personalmente sperimentati in base alle esigenze delle persone con cui lavorava. È anche per questo che la tecnica è diventata molto ampia e ci sono state confusioni: chi ha avuto l’opportunità di studiare con lui aveva recepito lo stesso metodo ma con esercizi diversi.

Pilates non ha lasciato quasi nulla di scritto, se non due libri importantissimi in cui spiega principi e obiettivi della tecnica. Nel secondo libro propone i fondamentali dell’allenamento a corpo libero perché doveva essere quello che tutti possono praticare ogni giorno a casa da soli. Questo libro nasce per la divulgazione, e infatti è corredato da foto con le descrizioni dei vari esercizi. Ma oltre ai trentaquattro esercizi in esso contenuti non ne esistono altri descritti da lui.

Il materiale è poco e il mondo degli istruttori si divide su chi pratica il Pilates classico e chi segue quello contemporaneo. A me non piace dividerli perché ritengo che sia sempre importante ritornare alle origini, pur contemplando gli sviluppi.

Quali sono gli sviluppi più interessanti?

È necessario innanzitutto ricordare che, negli Stati Uniti prima ed in Italia dopo , ci sono state delle vere e proprie battaglie legali riguardo al marchio Pilates, che hanno un po’ bloccato l’evoluzione della tecnica. Detto questo, ci sono tanti sviluppi ma i più interessanti degli ultimi anni sono legati al concetto di estensione:  quando è nato il metodo le posture delle persone erano diverse perché le abitudini quotidiane erano differenti da quelle di oggi. Molti esercizi di Pilates sono collegati alla flessione della colonna poiché una postura diffusa all’epoca era la pancia in dentro e il petto in fuori; oggi invece la nostra postura è molto più chiusa. In molti casi siamo quasi tornati alla quadrupedia: in macchina, quando lavoriamo al PC, quando siamo seduti sul divano, a tavola, alla scrivania … è sopravvenuta dunque l’esigenza di compensare i tanti esercizi di flessione con un maggior numero di esercizi legati all’estensione della colonna. Non che non ne esistessero, ma erano in proporzione molto meno numerosi.

Anche la ricerca scientifica ha influito molto perché ha riconosciuto, ad esempio, che alcuni movimenti, tipo i rimbalzi, molto utilizzati nella tecnica Graham, non fanno bene, e quindi sono stati progressivamente eliminati dagli esercizi.

Ci sono poi stati progressi e integrazioni derivanti dagli studi scientifici sulla fascia (un tessuto connettivo che avvolge tutti gli organi: i visceri, le ossa, i vasi, i muscoli, collegandoli completamente dalla testa ai piedi),  una delle evoluzioni più importanti nello sport in generale.

Ormai tutti coloro che fanno questo lavoro seriamente non possono non avere almeno una consapevolezza di base di cosa sia il lavoro fasciale, che cambia completamente l’approccio a determinati esercizi.

Come scegliere un buon posto dove fare Pilates, soprattutto per chi si avvicina alla disciplina per la prima volta e senza averne conoscenza?

Purtroppo, in ambito italiano, ci sono grosse problematiche perché la moda del Pilates ha fatto proliferare corsi di formazione senza nessuna qualifica alla base, spesso con una durata totalmente inadeguata. Non funziona così. Funziona come l’ha pensata lo stesso Pilates: lui non ha mai fatto corsi di formazione a nessuno, a chi voleva imparare offriva l’opportunità di recarsi tutti i giorni nel suo studio per praticare gli allenamenti su di sé e per osservare gli altri. Solo dopo  mesi, talvolta anni di lavoro , potevano aver acquisito le nozioni fondamentali per insegnare a loro volta.

Per scegliere bene bisogna valutare se un insegnante, che ha una grossa responsabilità, è in grado di eseguire ciò che chiede, se ha una preparazione a livello di fisiologia e di patologia, che derivano dallo studio di quello che sta facendo su sé stesso.

Ci sono scuole e centri allineati a queste linee guida ma anche altri che hanno fini esclusivamente commerciali, con istruttori poco professionali. Nell’insegnamento comunque sono le persone che fanno la differenza, non gli attestati. E sicuramente più si lavora e pratica, più si diventa esperti e bravi!

Dunque respirate, muovetevi bene e …. Buon allenamento!

Crediti fotografici: Enrico Sereno

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Giada Feraudo
Giada Feraudo

Si avvicina alla danza all’età di cinque anni. Si perfeziona presso l’Accademia di danza del Balletto Teatro di Torino diretta da Loredana Furno sotto la guida di insegnanti di fama internazionale, ottenendo il diploma nel 2007. Parallelamente intraprende un percorso di studi universitari conseguendo a pieni voti la laurea magistrale binazionale italo-francese in Culture Moderne Comparate. Danza nel corpo di ballo della Compagnia delle Residenze Sabaude in “Giselle” e “Coppelia” accanto ai solisti dell’Opéra di Parigi e nello spettacolo “Les Ballets Russes. Souvenir de Diaghilev” con Carla Fracci. Lavora con il Teatro Regio di Torino per diverse produzioni e dal 2010 collabora con la pianista Eliana Grasso per l’ideazione e realizzazione di concerti danzati eseguiti con vari enti organizzativi del Piemonte.

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