Eric Vu An: eccellenza tecnica e luce colma d’energia

di Francesco Borelli
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Eric Vu An è esattamente la persona che sembra. Un uomo consapevole della propria grandezza e al contempo gentile, disponibile e semplice. Un uomo che ha fatto della danza la sua vita e l’ha percorsa senza dubbi e paure al fine di rendere un’opera d’arte la vita stessa.

Maestro, quale fu il motivo che, ancora bambino la condusse in una scuola di danza?

Non ci fu un motivo. La danza ha sempre fatto parte della mia vita. Già a quattro anni dissi ai miei genitori che volevo danzare e che avrei voluto studiare alla scuola dell’Operà di Parigi. E’ sempre stato il rapporto con la musica a condurmi. Quasi come se il mio corpo fosse, esso stesso, uno strumento col quale comporre una melodia e creare suoni.

Entra così in una delle scuole di ballo più prestigiose del mondo e a soli quindici anni diventa parte della compagnia.

Prima di entrare in scuola, tra i quattro e i nove anni, prendevo lezioni con altri insegnanti. Poi entrai all’Opera. E dopo pochi anni di studio entrai in compagnia grazie a Claude Bessy e a una deroga del Ministero del lavoro, necessaria data la mia giovane età.

Maestro, nel corso della sua carriera si è distinto certamente per la tecnica classica ineccepibile, ma ciò che l’ha resa diverso rispetto agli altri è stata di certo la sua versatilità e il suo eclettismo. Quanto è stato importante, quest’aspetto, nella sua carriera?

Mio padre è di origine vietnamita, mia madre parigina, la mia trisnonna originaria delle Antille. Nel mio DNA scorre sangue misto. E ciò per me ha sempre rappresentato la vita stessa. L’essere un danzatore eclettico dunque ha sempre fatto parte della mia natura. Carolyn Carson e Alvin Ailey hanno creato su di me dei balletti e allo stesso tempo danzavo la grande tradizione classica interpretando Basilio in Don Chisciotte accanto a Noella Pontois e la coreografia di Rudolf Nureyev.

Tantissimi coreografi, amandola, hanno creato per lei grandissimi balletti. Ha nominato prima Carolyn Carson e Alvin Ailey. Potrei aggiungere William Forsythe e Maurice Bejart. Chi le ha dato di più?

Indubbiamente Bejart. Non solo ho danzato molti dei balletti del suo repertorio, ma ho avuto l’onore, ancora giovanissimo, che lui creasse su di me, alcuni veri e propri capolavori. “Rityme, Mouvement, Etude” accanto alla Guillem. “Le Baiser De La Fèe”, “Arepo”, “Kabuki” con il Tokyo Ballet, “Il Martirio di San Sebastiano” alla Scala e “Chaqua”. Con Bejart ho scoperto la mia verità più profonda e mi ha spinto a capire la differenza tra carineria e bellezza, forma statica e viva luce d’energia espressiva.

Quando è avvenuto il passaggio da grande danzatore internazionale a coreografo?

Non c’è stato un momento in cui è sparita l’una cosa per lasciare il posto all’altra. L’interprete non ha ceduto il posto al creatore o al direttore. Ancora oggi, tutti i giorni, mi dedico alla mia classe e danzo in alcuni spettacoli. Prossimamente danzerò in Coppelia con Il Ballet Nice Méditerranée.

Danzatore immenso, coreografo di enorme fama e da vent’anni alla guida d’importanti compagnie. La sua è stata una carriera ricchissima e varia.

Questo è ciò che amo del mio lavoro. Tutti questi anni, colmi di esperienze tra loro diverse, ma ugualmente importanti, fanno sì che io abbia un bagaglio da poter condividere con i ragazzi con cui adesso lavoro. Oggi il Ballet Nice Méditerranée brilla di un’energia e di una specialità riconosciuta da chi viene a vedere i nostri spettacoli. E forse in parte dipende anche da ciò che riesco a trasmettere ai miei danzatori.

Secondo lei quali sono le differenze tra le varie compagnie che ha diretto nel corso del tempo?

Io ho sempre fatto il mio lavoro rispettando la volontà dei direttori e assecondando le disponibilità economiche e le decisioni politiche. Ma il passato è, appunto, passato. Attualmente mi preoccupo della mia compagnia che costituisce, all’oggi, la mia famiglia. La compagnia dell’Opera di Nizza era composta di diciotto ballerini e dopo cinque anni sono diventati ventisei. Abbiamo fatto tournée in Cina, Italia e Spagna. Andremo in Russia e in America. Voglio per loro il meglio. E faccio, per quanto mi riguarda, tutto ciò che posso.

Oggi il “Ballet Nice Méditerranée” gode di grande prestigio a livello internazionale. Qual è il merito che si riconosce nel perseguimento di tale grande risultato?

La scelta del repertorio e la qualità dei ballerini. Quando i danzatori sono di alto livello tecnico e come dicevo prima, brillano di energia ed espressività, lo spettacolo è di maggiore qualità. E il risultato si ottiene.

Quali sono le motivazioni che la inducono a scegliere un determinato repertorio per la compagnia?

Di certo scelgo il repertorio che più si addice ai miei danzatori. Non avrei mai potuto portare in scena “La Sylphide” di Bournonville se non avessi avuto una coppia di danzatori in grado di interpretare un balletto così difficile. Ogni giorno ho a che fare con i ragazzi e sempre di più capisco ciò che loro, come interpreti, possono sentire su di sé e dare così il meglio.

Oggi la compagnia è la sua “creatura”. Sente che la rappresenta totalmente?

La compagnia corrisponde oggi alla mia visione della danza. Quando la vidi la prima volta, mi chiesi se volevo occuparmene. Non riuscivo a capire quale sarebbe potuto essere il percorso da intraprendere.  Ho dovuto, nel tempo, lavorare moltissimo. E ho voluto che si respirasse, si sentisse la musica e si danzasse secondo la mia visione. La compagnia si è nutrita delle mie esperienze ed è specchio di ciò che sono stato e sono tuttora.

Discorrere col maestro è stato un onore e un piacere. Preso da mille impegni, non si è sottratto alle domande, rispondendo sempre con infinita gentilezza e cordialità. Quando una persona è così grande e ha vissuto e vive le esperienze più belle che la danza possa regalare è facile essere distaccati e freddi. Non è il suo caso. Eric Vu An è persona bella che emoziona col suo solo tono di voce. Come si diceva all’inizio, un uomo che ha fatto della propria stessa vita una bellissima opera d’arte. 

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