Alessandro Riga: “L’intelligenza è una parte fondamentale in questo lavoro. Non si può salire in scena solo col talento o con la tecnica”

L'intervista del nostro Direttore Francesco Borelli

di Francesco Borelli
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Desideravo da molto tempo incontrare Alessandro Riga per un’intervista. L’ho sempre ritenuto un danzatore di grande livello e mi incuriosiva raccontare quella figura così apparentemente riservata, schiva, lontana dalle luci dei social. L’occasione è stata la prima mondiale di “A Thousand Tales Ballet”, balletto andato in scena il 6 e il 7 gennaio presso il Teatro dell’Opera di Dubai con le coreografie di Francesco Ventriglia.

Com’è nata la tua partecipazione a “A Thousand Tales Ballet”?

Conosco Francesco Ventriglia da moltissimo tempo. Lo incontrai per la prima volta all’Arena di Verona nel 2007; lui si occupava delle coreografie e io danzavo. Da quel momento Francesco è diventato una bellissima costante della mia vita professionale. Quando divenne Direttore a Firenze mi chiamò spesso come étoile ospite e oggi ci ritroviamo qui a Dubai per questo magnifico balletto.

Che cosa ritrovi nella cifra stilistica di Francesco che rispecchia il tuo modo di essere ballerino?

Penso che la maniera di montare un balletto di Francesco provenga fortemente dal suo background. C’è un’attenzione e una modalità di lavoro che poche compagnie hanno e che è tutto scaligero. “A Thousand Tales Ballet” è la produzione più classica di Francesco e credo che il lavoro sia eccellente.

Qual è il tuo ruolo nello spettacolo?

Interpreto il principe di Biancaneve nel primo atto e la Bestia de “La bella e la bestia” nel secondo. Due passi a due molto diversi tra loro; il primo frizzante e il secondo estremamente romantico. Penso sinceramente che il risultato finale sia di immensa qualità e auspico, per il futuro, che questo balletto possa andare oltre i confini arabi ed essere rappresentato nei grandi teatri del mondo.

Sei un danzatore estremamente duttile: ottima base classica, tecnica eccellente ma al contempo versatile e aperto verso qualunque disciplina. Qual è l’abito che ti sta meglio addosso?

Credo che il neoclassico sia lo stile in cui mi muovo meglio. Negli ultimi anni, però, con la compagnia di Madrid ho sperimentato coreografie molto moderne e mi è piaciuto moltissimo mettermi alla prova. Amo gettarmi a capofitto in nuove avventure che siano sfidanti e arricchenti e non ho mai fatto differenze. Il mondo della danza, oggi più che mai, è variegato e trovo limitante per un danzatore rifiutare un lavoro solo perché non totalmente corrispondente ai propri canoni e preferenze.

Qual è il balletto, o quale il ruolo che ti piacerebbe Francesco creasse per te?

Mi piacerebbe interpretare il suo “Romeo e Giulietto” o comunque un ruolo romantico che possa donarmi la possibilità di vivere un personaggio così intenso e profondo come quello di Romeo. Magari sperimentando a livello stilistico.

Qual è la caratteristica principale che ti ha reso un danzatore di successo, la qualità che possiedi e che ha fatto la differenza?

Credo che parte della mia fortuna derivi dal fatto che ho iniziato a danzare molto giovane. E non mi riferisco allo studio ma al lavoro di palcoscenico. Quando ero ancora nella scuola del teatro dell’Opera di Roma già ballavo con la compagnia, allora sotto la Direzione di Carla Fracci, e spesso venivano create su di me coreografie originali che mi consentivano di esprimermi al meglio. Poi, come si diceva prima, certamente la duttilità e la curiosità verso ogni stile e tipo di coreografia.

Pino Alosa, oggi co direttore della Compagnia nazionale di Madrid ti ha definito un danzatore di un’intelligenza raffinata. Ti ritrovi in questa definizione?

L’intelligenza è una parte fondamentale in questo lavoro. Non si può salire in scena solo col talento o con la tecnica. Non posso definirmi tale, non spetta a me. Ma è una qualità che noto moltissimo negli altri e che fa la differenza.

Sulla base della grande esperienza accumulata nella tua già lunga carriera, vedi in futuro la possibilità di cimentarti con la coreografia?

Credo che per un danzatore di esperienza sia più semplice dare una lezione o tenere le prove di una compagnia. La coreografia è un’altra cosa. Ѐ estro, capacità, talento.

E tu ce l’hai?

Non lo so… forse non è ancora il momento!

Prima hai nominato Carla Fracci.

Le devo così tanto. Mi ha letteralmente preso dalla scuola e coinvolto in mille esperienze di lavoro bellissime. Ho imparato molto da Carla: ho ballato al suo fianco, mi ha spiegato i personaggi. Ho assistito alle prove di Giselle o di Romeo e Giulietta. E lei era Giselle, lei era Giulietta. Un’artista di levatura e spessore. Manca molto!

C’è una notte, artisticamente parlando, che non dimenticherai mai?

Ne esistono tante. Di certo è vivo il ricordo di aver danzato con Sylvie Guillem. Fu a Firenze e proprio grazie a Francesco: danzavamo Steptext di William Forsythe. Ricordo non solo l’immensa professionista ma anche la bellissima persona. Ero piccolo e con poche esperienze, eppure mai ho avvertito diffidenza o superiorità. Mi trattava come fossi un suo pari. Filmava ogni prova e poi le guardavamo insieme, commentandole e cercando di migliorare il singolo passo. Tirava fuori il meglio, da sé stessa e da chi lavorava accanto a lei.

Una notte che invece vorresti dimenticare?

Anche di quelle da dimenticare ce ne sono state tante. A volte ti senti particolarmente stanco e provato e vorresti dire solo “Basta, fermate tutto”. Il lavoro del danzatore è un lavoro faticoso, fisicamente e mentalmente. Poi c’è il tempo che passa e di certo, non aiuta. La prestazione richiede sempre più lavoro e impegno. Per questo sto iniziando a pensare che cosa farà Alessandro da grande.

E che cosa vedi nel tuo futuro?

Di certo voglio rimanere in sala danza. Mi piacerebbe affiancarmi a un coreografo o fare il coach. E chissà magari un giorno dirigere un corpo di ballo.

Come vedi questo tocco francese alla direzione dei corpi di ballo italiani?

Legris, Eleonora, la Vayer stanno facendo un lavoro eccellente. Il ballo a Napoli in particolar modo è cambiato notevolmente. A dimostrazione che tutto si può fare. Anche se a volte il percorso è più complesso.

Che cosa faresti di differente rispetto agli attuali Direttori in attività?

Forse oserei con una danza contemporanea più coraggiosa. Forsythe, Kyllian sono ormai delle pietre miliari ma a Madrid ho avuto modo di danzare coreografie contemporanee di artisti poco conosciuti che si sono rivelate meravigliose. Ecco, forse agirei con maggiore coraggio.

Qual è oggi, al netto di una vita piena, la tua idea di felicità?

Potremmo discorrere sulla felicità per giorni e giorni. A livello personale ho la fortuna di godere di tanti momenti belli ma sono certo che il percorso, a volte complicato ed anche triste, per poterci arrivare, ha fatto sì che fossi pronto per godermeli appieno.

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