Matteo Levaggi: in Italia c’è talento, bisogna costruire le opportunità

di Giada Feraudo
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Matteo, dopo la conclusione della tua collaborazione con il Balletto Teatro di Torino hai avuto, in brevissimo tempo, una serie di collaborazioni importanti che ti hanno portato spesso anche fuori dall’Europa. Se dovessi fare un bilancio di questi primi mesi da freelance?

Diciamo che non mi lamento, soprattutto all’inizio è stato un salto nel vuoto perché non sapevo precisamente che strada prendere, ma ha avuto successo. Ho cominciato subito bene e sono più che contento.

Quali sono state le tue tappe principali fino a questo momento? 

Sicuramente la cosa “più italiana”, più importante, è stata la creazione per il MaggioDanza, Punto D’azione, sulle musiche di Morricone. è stato un invito molto importante in un teatro famoso anche per la danza contemporanea, diretto negli anni da persone che sono per certi versi legate a me, come Karole Armitage, che ne è stata direttrice negli anni Novanta. Poi c’è stato il progetto con Corpicrudi per la Fashion Week di Los Angeles, anche questo un punto fondamentale del mio lavoro, che si stacca da quello di coreografo tradizionale per diventare più performativo, più legato all’arte contemporanea, al glamour, a tutte le cose che ruotano intorno alla moda. Non a caso la creazione per la Fashion Week di settembre è stata realizzata in collaborazione con l’Istituto Italiano di Cultura, un’istituzione importante per me e Corpicrudi. La vera sorpresa è stata però quella di essere stato selezionato per il New York Choreographic Institute, diretto da Peter Martins, che ogni anno dà la possibilità a un gruppo di coreografi (quest’anno eravamo in quattro) di presentare un pezzo originale e poi eventualmente di proseguire il percorso con la compagnia stessa e di entrare quindi nella stagione del New York City Ballet. è vero che tanti, fra cui anche nomi famosi, non hanno poi creato per il New York City Ballet, ma questo è lo scopo di base del progetto, e comunque è già importante essere stati lì. Questo è stato quello che mi ha “travolto” da giugno in poi, sono stato quasi continuamente in viaggio, è stato un periodo bello tosto. 

Punto D’azione, la tua recente creazione per il Maggio Danza, di cui abbiamo già scritto qualche tempo fa. Perché l’idea di un omaggio a Morricone? 

è stata una commissione. Prima di Mag.Da, la società che aveva preso in carico la compagnia del MaggioDanza, che mi chiese, insieme a Davide Bombana, la creazione. Dopo la divisione tra la società e la Fondazione la direzione artistica del Maggio Fiorentino mi chiese di portare avanti la produzione, che era già in programmazione all’interno della stagione. Già in passato, con Michael Nyman, avevo fatto una creazione con musiche composte per il cinema: Morricone è stato un grande maestro, ha creato un genere vero e proprio, nonché un repertorio musicale enorme. Ho scelto i pezzi che più mi piacevano e ho creato Punto D’azione, che altro non è se non un termine cinematografico, “punto d’azione”, che, nella sceneggiatura di un film, indica un punto preciso in cui accadono delle cose

Vedremo Punto D’azione anche altrove? 

Per il momento credo siano in programma delle date in primavera in Toscana, quindi si rivedrà, anche perché adesso è nel repertorio della compagnia.

Parliamo del Bird’s Dance Project, che dall’inizio del mese di dicembre stai seguendo a Modena. 

Siete i primi a scrivere di questo neonato progetto. Il Bird’s Dance Project è una cosa a cui tengo moltissimo, e che sono certo farà strada. Ne fanno parte quattro danzatori giovanissimi, due ragazze e due ragazzi  tra i diciotto e i ventidue anni (Francesca Attolino, Aleksei Canepa, Elisbetta Guttuso, Gianni Notarnicola), che ritengo molto talentuosi; il Bird’s inizia con un mio lavoro e con una mia idea ma vuole aprirsi anche a coreografi ospiti, artisti, compositori; insomma, è un progetto che andrà avanti, che si svilupperà principalmente sul mio lavoro ma non solo, ci saranno collaborazioni anche con persone dall’estero, che stimo e che spero vorranno lavorare con noi, non vuol essere una compagnia d’autore. 

Questa è un’esperienza che hai già nel tuo bagaglio. 

Sì, è un’esperienza che ho già avuto, in questo momento voglio instaurare collaborazioni con altri coreografi, artisti e personalità che condividono gli stessi principi coreografici in cui credo io.

Puoi darcene una breve definizione?

Io lavoro sulla danza pura, intesa in quanto arte in sé, non sulla danza narrativa o sul teatro danza. Là dove c’è un discorso di questo genere allora si può aprire una collaborazione, questo è molto importante nella visione del mio lavoro.

Com’è nata l’idea del Bird’s Dance Project? 

è nata vedendo i danzatori. Mi spiego: vidi questi ragazzi, che ora fanno parte del mio progetto, nel corso dell’esame di una scuola: dopo, mentre tornavo a casa (ero ancora a Torino), pensavo che avrei dovuto assolutamente fare qualcosa per loro, perché avessero la possibilità di far crescere il loro talento, e mi è venuto in mente di creare questo progetto, che lì per lì doveva essere una piccola cosa. Ne ho parlato con la mia agente, Marosa D’Annunzio, che è stata subito entusiasta di buttarsi in questa nuova avventura. Abbiamo iniziato a proporlo ai teatri e alcuni ci hanno subito dato il consenso, come il teatro di Chiasso, che ci coproduce; in seguito è entrato a far parte del progetto anche il teatro Ponchielli di Cremona, dove faremo la prima italiana. Ad oggi non abbiamo nessuna sovvenzione.

Il nome, Bird’s, nasce dall’idea del “primo volo” che prendono questi danzatori che finiscono la scuola e intraprendono la carriera professionale. Nel mio progetto i ragazzi sono ingaggiati come professionisti veri e propri, non voglio fare un discorso didattico, il Bird’s nasce per lavorare con coreografi: oggi ci sono io, domani ci saranno altri artisti ospiti che utilizzeranno questi danzatori. Attualmente è molto difficile ottenere dei contratti, alle audizioni si deve fare una grande selezione.

In Italia sta prendendo molto piede questa moda dei corsi, dove però spesso i ballerini vengono poi messi in scena senza essere pagati, o talvolta sono loro stessi a dover corrispondere delle cifre a volte non trascurabili. Con questo progetto mi sono messo nell’ottica di dire: “Bene, facciamo una produzione.” Ai danzatori viene proposto un contratto di primo impiego in una situazione anche molto importante, perché i teatri di Chiasso e Cremona hanno due stagioni prestigiose. Senza dimenticare le collaborazioni con compositori artisti di rilievo internazionale come ad esempio Carlo Boccadoro, Gianvincenzo Cresta e il grande violinista Francesco D’Orazio. Dopo anni in cui hai fatto un determinato tipo di lavoro ritrovi, dopo tanta routine, la voglia di entrare in sala prove e di vedere danzatori che ti stimolano, che ti tirano proprio fuori la creazione. Questo è bellissimo.

Hai anticipato la domanda successiva: dopo tanti anni che lavori con una stessa compagnia, anche se non ovviamente sempre con i medesimi danzatori, adesso cambiare così spesso, avere a che fare con ballerini di formazione diversa, è stimolante senza dubbio, ma anche più difficile? 

Sì, è più difficile. Dopo la mia esperienza personale e professionale con il BTT e con il MaggioDanza adesso avere questo mio progetto, sia che io ne sia il coreografo o meno, è per me molto stimolante soprattutto perché ho a che fare con danzatori che hanno una visione della danza  completamente diversa, ancora “fresca e speciale” meno statica. I ballerini giovani provenienti da varie formazioni ti stimolano anche un linguaggio coreografico diverso e questo è molto interessante perché hai dei corpi che possono fare veramente molte cose, hanno una gamma di possibilità enormi, un’energia direi, un’energia molto forte e anche, nel caso dei quattro danzatori del Bird’s, una forte maturità, che sorprende. Si trovano ad approcciarsi con musica di compositori molto importanti: per chi vedrà il lavoro la vera sorpresa non sarà la questione tecnica ma la maturità e la serietà con cui si avvicinano a questo oggetto sonoro, e questo mi ha sorpreso moltissimo. Li stimo molto per questa loro forza.

Hai intenzione, nel tempo, di far crescere questo progetto, aprendolo magari a un numero più elevato di danzatori? 

Diciamo che c’è l’intenzione di ingrandirlo, di avere coreografi ospiti e anche di riprendere titoli che avevo nel repertorio del BTT, come ad esempio Caravaggio o SEXXX, di cui uscirà a breve la versione cinematografica, da poco conclusa. L’idea di riprendere anche il balletto non è male, vedremo. Comunque sì, c’è assolutamente l’idea di continuare, di ampliare, di fare una formazione non fissa ma che in base alle esigenze della produzione possa modificarsi. 

Facciamo un passo indietro e ricolleghiamoci ad una tua precedente affermazione: alcune collaborazioni che hai avuto adesso sono nate da contatti precedenti, da persone con cui avevi già lavorato e che avevi già incontrato in passato. Per esempio? 

Sì, ci sono collaborazioni che hanno avuto una continuità, alcune sono nate anche sotto l’ala del BTT e sono state volute fortemente da me: ad esempio Corpicrudi per Lione, Karole Armitage per Casanova, in cui ho ancora danzato, e che volevo portare nel repertorio della compagnia del Balletto Teatro di Torino. Ricordo che si fece una sorta di audizione: qualcuno era della compagnia, altri erano ospiti di Karole proprio del MaggioDanza. Sono cose nate sempre dalle mie esigenze artistiche, come anche la collaborazione con Carlo Boccadoro, con il quale, ancora per il BTT, si fece lo Studio per Antigone, a cui però poi non seguì la produzione. Adesso lui ha creato una musica per il Bird’s, abbiamo ripreso la strada insieme. Ci saranno comunque, in futuro, anche novità, siamo molto aperti a tutto. 

Quali saranno i tuoi prossimi impegni? 

Nell’immediato la produzione con il Bird’s per il teatro di Chiasso, e poi continuerò a percorrere la strada da freelance per fare il mio lavoro di coreografo, con la speranza di creare anche per compagnie all’estero. Dopo New York ci sono una serie di proposte importanti e interessanti che vanno valutate, ma si parla ormai della stagione 2015/2016. Per il momento la concentrazione è principalmente sul Bird’s, che al momento è il mio piccolo nido italiano: sta funzionando molto bene ed è per me una vera e propria boccata d’ossigeno, mi dà una grande libertà e serenità oltre che uno stimolo e uno scambio umano e artistico sempre crescenti. 

Alla luce della tua recente esperienza all’estero dopo tanti anni in Italia, secondo te che cosa manca di più nel panorama della danza italiana in questo momento?

Mancano tante cose, non saprei dire con esattezza cosa. In realtà in Italia si fa tanto di danza, quello che io penso che manchi sto cercando di metterlo nel mio progetto. Se sei arrivato ad avere un nome e un prestigio devi ricambiare la cosa e puntare davvero sui giovani, sulla danza in Italia, pensare anche all’estero ovviamente, ma tornare e creare delle opportunità  vere, che è quello a cui tengo di più. Manca la creazione coreografica, questo sì, mancano i coreografi che abbiano voglia di coreografare davvero e di esprimere le loro idee fuori dalle esigenze di mercato, che spesso non valutano attentamente la richiesta del pubblico.

In passato abbiamo avuto in Italia, negli anni Ottanta, un nucleo di coreografi che sono poi diventati i nostri Sieni e via dicendo, ma adesso manca un gruppo di coreografi italiani che si occupino solo di coreografia. è anche per questo che ho aperto questo progetto che, sottolineo ancora, non è didattico ma artistico, è importante che si capisca, perché la differenza è fondamentale. Sono convinto che ci sia talento in Italia, anche a livello coreografico (mi viene in mente il lavoro di Paolo Mangiola per il Balletto di Roma), ma bisogna lavorarci. è molto importante non perdere tempo perché abbiamo dei talenti veri, non dobbiamo trascurarli e lasciarceli scappare, è nostro dovere aiutarli a crescere.

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