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Interviste

Anna Mastrangelo, tra valzer e balli ottocenteschi – di Egizio Trombetta

di DANCE HALL NEWS 12 Settembre 2016
scritto da DANCE HALL NEWS 12 Settembre 2016 1.145 visualizzazioni

“Scene da un Ballo a Palazzo, danze e arie d’opera dell’800” è il nome di un sogno, un viaggio nel tempo che la Compagnia AEM Danza offre a tutti i suoi ospiti. Sonorità, immagini e emozioni dei balli ottocenteschi di Palazzo. Un viaggio che parte dal Teatro Palazzo Santa Chiara in Roma che conduce gli intervenuti a spaziare con la fantasia, sublimati dalle atmosfere offerte dai valzer corali, dalle mazurche, dalle quadriglie e dalle contraddanze. E poi ancora le arie d’opera cantate e accompagnate dalla magia del violino. Le sorprese di certo non mancano… è da queste sorprese inizia la nostra chiacchierata con Anna Mastrangelo, direttrice della Compagnia AEM Danza.

Signora Mastrangelo, state riservando al vostro pubblico parecchie sorprese…

Questo spettacolo è nato con l’idea di far conoscere maggiormente questo tipo di danze. L’idea è quella di accogliere le persone che vengono a trovarci con le danze e con l’aiuto dell’atmosfera ottocentesca di un salone delle feste.  Le danze all’epoca rappresentavano la parte principale delle feste insieme ad ospiti, cantanti d’opera e ballerini, anche di danza classica. Era questo che cercavo di mettere nello spettacolo e poter offrire questa ambientazione sia per coloro che già conoscono questo tipo di danze, sia per coloro che non le conoscono affatto. Parlo di sorpresa perché è di fatto un qualcosa che non c’è in giro come forma di spettacolo. Stiamo provando di farla giungere al pubblico in maniera piacevole cercando di coinvolgere le persone che comunque rimangono sedute, ma non sempre, a scoprire questa diversa modalità di stare insieme attraverso il ballo.

Il pubblico viene coinvolto durante lo spettacolo. Spesso gli artisti eseguono le loro performance in platea, fra gli spettatori

Si, l’ho pensato appositamente per ricreare l’atmosfera di un salone. Siamo in un teatro, ma noi vogliamo ricreare l’atmosfera di un salone ottocentesco dove si svolgevano quel tipo di feste. L’idea è quella di avvicinare il pubblico intervenuto attraverso i nostri ballerini, i cantanti e i musicisti per poi farli anche interagire con noi.

E fra l’altro lo spettacolo non inizia nella sala teatro, ma nel foyer…

Il foyer è un salone appunto, quindi si inizia in un salone delle feste. Cosa che poi anticamente si faceva perché i balli si tenevano nei foyer e poi si svolgevano comunque in teatro. Quindi il teatro era vissuto anche per il ballo e non solo per lo spettacolo. Sto cercando di far rivivere questo tipo di esperienza pur non facendo ballare troppo le persone del pubblico ma soprattutto i nostri ballerini.

Successivamente gli spettatori sono accompagnati in promenade in sala teatro là dove si dà il via alle danze. Ma non solo…

Ci sono varie arie d’opera, quelle un po’ più conosciute ovviamente che offrono la festosità del bel canto, alternando tenore e soprano, che cantano insieme o da soli, con le danze, le contraddanze, le quadriglie, i valzer corali proprio per creare questa atmosfera d’insieme.

E poi c’è questo stupendo violino che accompagna le contraddanze e i cantanti

Il violino accompagna le contraddanze perché all’epoca si faceva proprio questo. Molto spesso c’era una piccola orchestra, ma in alcune feste meno importanti ad accompagnare era il solo violino. Il violino veniva utilizzato anche quando si studiava.

E alla fine dello spettacolo c’è colpo di scena, si ritorna nel salone esterno, nel foyer

E ma questo è il colpo di scena però… – risponde divertita la Mastrangelo

Ma non è un po’ troppo ambizioso pensare di impartire una lezione a persone che non hanno mai praticato questo tipo di danze?

Perché la mia idea non è quella di fare proprio una lezione. Pur dando dei rudimenti di tecnica, l’atmosfera che cerco di creare non è quella di una lezione. Cerco di coinvolgere il pubblico a danzare con noi pur non conoscendo queste danze. Non è facile. E’ una cosa che varia da sera a sera, non sono sempre uguali le danze di coinvolgimento, non è sempre uguale la modalità. E’ proprio questo il bello perché cerchiamo di creare questa atmosfera in base alle persone che ci sono e come rispondono e quanta voglia hanno di danzare.

Insomma lo spettatore esce dal teatro col sorriso

Si, ero abbastanza sicura di questo quando ho iniziato e per fortuna ne ho la conferma ogni sera. Quando all’inizio invitiamo le persone ad entrare insieme in sala teatro sono in genere un po’ titubanti perché pensano che le stiamo invitando a ballare. Quando usciamo invece, alla fine dello spettacolo, invitiamo le stesse persone e ballano subito. Per cui, questa magia che ho cercato di creare con l’aiuto di tutti gli artisti, funziona!

Ci racconta il suo percorso professionale?

Le parti salienti sono stati gli studi che ho potuto alternare con bravi maestri, Adriano Vitale, Leda Lojodice, sorella di Giuliana. Quest’ultima è stata per me molto importante. E’ una ballerina molto conosciuta, mi ha aiutato molto agli inizi, sia per il mio danzare, sia per il modo del mio insegnare. Da lì ho conosciuto tanti altri maestri come ad esempio Boris Tonin Nikisch. In seguito ho iniziato a fare varie tournee. Le tournee più importanti sono state quelle fatte in nord Europa col repertorio classico, Giselle, Lago dei Cigni, nei quali ho fatto parte sia come corpo di ballo sia come solista. Ho potuto vivere l’esperienza di ballare come solista insieme a Nureyev. Fra le altre esperienze ricordo la tournee nella commedia musicale con Domenico Modugno in Sud America.  Ho voluto da un certo momento in poi della mia carriera accompagnare il classico a stili diversi, pur mantenendo sempre il classico alla base del mio lavoro. Dunque unire il classico con il moderno e contemporaneo, ma anche l’afro, le danze irlandesi fino ovviamente ad arrivare a scoprire le danze storiche ottocentesche. Unendo dunque ciò che è il mio bagaglio classico, il mio bagaglio di danza contemporanea e danza moderna arrivando fino alle danze ottocentesche.

Lei collabora per diversi anni con la Compagnia Nazionale di Danza Storica come assistente di Nino Graziano Luca. Un bel giorno decide di percorrere una strada diversa. Ci può spiegare questa scelta?

Dopo tanti anni di un’esperienza che ho voluto seguire insieme a Nino Graziano Luca, che mi ha introdotto a questo tipo di danze, ho pensato che fosse giusto avere una mia associazione, la AEMDanza, con la quale poter esprimere tutte le mie attività, ovvero quella della danza classica, contemporanea e le danze ottocentesche. Ognuno ha un suo bagaglio, un suo modo di vedere come condurre l’attività di insegnamento. Può succedere che avvenga nel tempo, a un certo punto si desidera di esprimere ciò che è più vicino a se stessi.

C’è differenza fra il valzer proposto nelle scuole italiane e il valzer insegnato a Vienna?

In effetti il viennese è un po’ diverso. Io e i colleghi su Roma, insegniamo un tipo di valzer come lo si ballava un po’ in tutta Europa. Il valzer viennese così chiamato, soprattutto ora in epoca moderna, è un valzer leggermente diverso, sia come postura, sia come movimenti di passi, perché ha voluto sviluppare una sua evoluzione. Però si è molto avvicinato a quelli che sono i balli standard. Oppure sono stati i balli standard sono stati influenzati dal valzer viennese. Come lo insegniamo noi il valzer ha una postura più lineare e più vicina all’immaginario dei vari film di Sissi o il più recente Gattopardo che a loro volta mettono in evidenza un tipo di valzer più simile a come di fatto lo si ballava nell’ottocento. E ancora, se parliamo di valzer come lo si ballava nell’ottocento la tecnica poteva variare fra i primi ottocento e fine ottocento. C’è stata una variazione di postura di braccia e del corpo e i passi fatti leggermente diversi.

Fra i suoi colleghi (o colleghe) c’è chi fa intendere di insegnare proprio il valzer viennese. Mi sembra di capire allora che non bisognerebbe aggettivare in quel modo il valzer praticato dalle nostre parti?

Dipende, può darsi che chi sostiene di insegnare il valzer viennese lo insegni proprio in quel modo, questo non posso dirlo io… O comunque molto spesso chiamarlo valzer viennese aiuta a crea questo immaginario, di Vienna, l’Austria e quindi riporta più facilmente a far comprendere l’atmosfera di che tipo di valzer è.

Nelle scuole italiane si insegna a inserire alcune figure che non appartengono propriamente al valzer. Come nasce questa tendenza?

La coppia che balla da sola il valzer libero, può inserire delle figure per rendere più vario il valzer. I maestri di ballo dell’epoca avendo voluto creare dei valzer corali inserirono queste figure per dare un po’ di coreografia alla coralità del valzer.

Chi si avvicina a questo genere di danze?

Ci sono diverse modalità. C’è chi ama l’ottocento e gli piace di entrare quell’atmosfera allora parte subito con l’idea del costume prima di ballare. Altri invece scoprono la bellezza di queste danze, la loro semplicità e allo stesso tempo la loro corposità. Ma lo scopo più importante è quello di incontrare altre persone e di socializzare. Soprattutto di socializzare in maniera leggermente diversa da come viene proposto dagli altri stili di danza che prevedono una modalità un po’ più strattonata. Noi invece proponiamo un modo di porsi l’un l’altro sempre in maniera gentile, cortese. Quindi socializzare attraverso una modalità diversa ma anche attraverso scambi culturali e artistici. Molto spesso questo tipo di persone amano un po’ tutte le forme d’arte, la pittura, la letteratura e il ballo, al di là dell’epoca di appartenenza. Per il momento questo tipo di danze richiamano questo tipo di persone. Persone giovani e persone più grandi. Anche i giovani ci sono, molto meno, ma ci sono e quando scoprono che in loro c’è un po’ di romanticismo si divertono tantissimo

Il pensiero diffuso è che il valzer sia fuori moda, un modo di danzare per persone anziane…

E’ vero, purtroppo c’è questo tipo di riscontro. Sento spesso parlare a riguardo delle danze ottocentesche come a un qualcosa di noioso. Non sono assolutamente delle danze dedicate agli anziani perché sono delle danze che nell’ottocento venivano praticate essenzialmente dai giovani. Faceva parte dell’educazione. Molti giovani si avvicinano anche se spesso hanno paura di essere giudicati come non alla moda. Coloro che vanno oltre questo pregiudizio scoprono un mondo divertentissimo. Ho tantissimi esempi di giovani in questa versione.

Fra l’altro, per ballare il valzer al meglio viene richiesta un’ottima preparazione fisica, no?

Certo, può essere faticoso. Non tutti possono farlo. L’anziano lo fa ma in maniera più misurata con momenti maggiori di pausa. Il giovane può farlo girando di continuo in varie modalità, giro destro, giro sinistro. Sicuramente è un tipo di danza che può essere vicina ai giovani.

Ma c’è carenza di uomini… e ci sono dame che pur di ballare si trasformano in cavalieri…

Questo non succede solamente in questo tipo di danza. Il ballo tiene lontano moltissimi uomini nella nostra cultura moderna. Si spaventano forse perché pensano che la danza possa creargli problemi… Forse solo nel tango attualmente non è presente questo tipo di problematica, dove sembra essere diffusa la pratica del “rimorchiare”, se così si può dire… Nello nostre danze ci sono meno cavalieri e in effetti molte dame “giocano” da cavalieri, come dico io.

Dunque ci sono tante dame che stanno aspettando il proprio cavaliere…

Certo… stanno aspettando! E comunque sono delle danze che non richiedono una fisicità particolare. Sicuramente un po’ di fiato per il valzer ci vuole, quello si.

Saper ballare il valzer non sembra poter essere sufficiente per partecipare in pienezza ad una festa ottocentesca. Bisogna saper ballare le varie contraddanze, mazurche, polke, quadriglie francesi eccetera. Questo è perché si vuole riprodurre le feste di allora oppure per esigenze di mercato? 

Principalmente questo succede per riprodurre l’atmosfera delle feste ottocentesche. Nelle feste di una volta era fondamentale conoscere le contraddanze e le quadriglie, soprattutto a fine settecento e agli inizi dell’ottocento. Il valzer è entrato nella società successivamente, dopo il 1815, prima era considerato disdicevole. Allo stesso tempo questa tendenza conduce a una varietà di danze anche molto divertenti. Perché alla fine, ballare sempre il valzer può essere stancante. Invece variare e mettere in atto le danze dell’epoca può anche essere più divertente. Quindi imparare le quadriglie, ad esempio, se per certi versi può essere più complicato offre una certa alternanza.

Come dovrebbe essere la coppia ideale nel valzer? Ci sono delle regole di massima?

Le regole di massima ci sono così come ci sono nella danza classica. Avendo delle altezze similari è chiaro che c’è una maggiore possibilità nel sentire il movimento reciproco. E’ forse più semplice. Però secondo me non sono assolutamente necessarie delle regole. L’importante è che le due persone riescano a coordinarsi.

Nelle sue risposte c’è sempre in evidenza la sua formazione classica

Sono una ballerina e insegnante di danza classica e questo resta sempre. Anche in questo spettacolo ho cercato di far venir fuori quella che è la mia preparazione. Il fatto di aver fatto danzare dei ballerini professionisti e non persone che amano danzare, se pur bravi e preparati, è avvenuto per offrire un’altra atmosfera. Fare in modo che anche la danza ottocentesca, che storicamente non era danzata da ballerini, possa invece diventare uno strumento più vicino al ballerino professionista. La danza classica c’è comunque di base, nei primi ottocento le quadriglie avevano dei passi codificati della danza classica.

Alcuni insegnanti di danza classica a un certo punto della loro carriera si “riciclano” come insegnanti di danza storiche. Questo perché avviene? C’è troppa concorrenza nel mondo della classica?

Questo ovviamente dipende di caso in caso. Per me è stato uno scoprire un’ulteriore modalità di ballare e da lì l’ho aggiunto al mio bagaglio. Questo è avvenuto nel mio caso, negli altri casi non saprei dirle. Per alcuni forse si, però non è un processo così semplice. Si può intraprendere questo percorso pur essendo un ballerino classico ma bisogna necessariamente dimenticarsene, altrimenti non rende. I ballerini classici che ballano con me le danze storiche debbono dimenticarsi di essere dei ballerini classici. Nella danza classica c’è molta concorrenza, ma è soprattutto dovuto al fatto che non c’è tanta gente che fa danza. In altri ambiti, c’è sempre concorrenza, ma quasi tutti hanno spazio. Nell’ambito della danza classica non c’è tantissima gente che la pratica seriamente e dunque c’è maggiore concorrenza.

Ho raccolto alcune testimonianze e mi risulta che a volte le insegnanti di danza classica si comportano in maniera non adeguata nei confronti delle proprie allieve. Spesso si instaurano rapporti problematici anche se poi le allieve restano comunque legate alle proprie insegnanti  

Rimangono legate all’insegnante perché comunque stanno insegnando tante cose e nella danza classica ci vuole tanto tempo… Quindi è un legame lungo. Io stessa sono rigida su certe cose però il rapporto con la persona deve essere sempre di rispetto. Se anche una ragazzina non rientra nella fisicità ma ci mette tanta volontà e tanto piacere per me deve essere trattata benissimo, comunque. Ma non perché è una cliente, ma semplicemente perché è una persona che sta entrando in questo mondo e bisogna fargli capire le difficoltà di questo ambiente. Non bisogna illuderle. Nello stesso tempo bisogna cercare di dargli il piacere di soffrire per la danza. La rigidità ci vuole, anche nella scuola privata, delle regole devono essere assolutamente rispettate dall’insegnante prima di tutto e poi dalle ragazze o dalle bambine. Però sempre con tanto affetto e col sorriso.

Se dunque una un’allieva non ha le misure giuste per far carriera è giusto essere chiari con lei per non illuderla?

Bisogna parlarci chiaramente, ma senza essere troppo crudi. Poi certo, dipende dove vuole andare. Se ad esempio una signorina che non ha le physique per la ballerina classica volesse andare a fare l’esame al Kirov è necessario essere chiari con lei. Non bisogna illudere, ma bisogna dirglielo in un certo modo. Perché comunque la persona deve continuare ad amare la danza, non deve odiarla perché non può andare oltre. Deve continuare ad amarla ma deve sapere fino a dove può andare, come può continuare e se vuole continuare. E’ necessario consigliarla per il meglio.

Torniamo al suo spettacolo. Ma ci si guadagna a fare uno spettacolo come il vostro?

No, è molto complicato. Prima di tutto è la passione che ti spinge. Guadagnare nel ballo e nella danza è una cosa sempre molto complicata. Ci sono situazioni in cui si può guadagnare, questo tipo di danze non offrono questo tipo di possibilità. Il pubblico poi non va a teatro facilmente e soprattutto non va di solito a spettacoli di danza, a meno che non c’è il nome famoso.

Lei comunque attende il suo pubblico a Teatro Palazzo Santa Chiara tutti i venerdì e sabato del mese di settembre

Lo aspetto! Fino al 24 settembre…

AEMDanzaAnna MastrangeloLeda LojodiceNino Graziano LucaValzer
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