Lia Courrier: “Il balletto vive un cambiamento: la danza maschile prende il sopravvento sull’egemonia femminile”

di Lia Courrier
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Marco Masciari, Antonio Casalinho, Darrion Selman.

Questi i nomi dei vincitori delle ultime edizioni del Prix de Lausanne.

Il balletto, che per secoli è stato territorio indiscusso delle donne, di un femminile lunare, irraggiungibile, etereo, di una figura idealizzata, perfetta, territorio in cui l’uomo è stato relegato in secondo piano, utile a sollevare, supportare, sostenere, sta vivendo un cambio di vento.

Cambio che è cominciato con Nijinsky, e poi con Rudy e Misha, che hanno portato la danza maschile ad affermarsi sul palcoscenico come una presenza che ha una sua importanza e autonomia intrinseca anche senza la presenza di una partner, nonché una pregnanza drammaturgica, con personaggi tridimensionali, di spessore psicologico, che hanno fatto acquistare alla danza maschile un posto di grande importanza.

La sensazione che ho è che la danza maschile stia quasi prendendo il sopravvento su questa egemonia femminile ormai in declino, le concause di questo fenomeno sono molteplici e certamente la richiesta di una certa prestanza, la passione che il pubblico dimostra per un certo atletismo, hanno portato la danza maschile ad assurgere ai clamori delle folle, poiché intrinsecamente il corpo maschile incarna queste caratteristiche e di conseguenza la sua danza, fatta di salti, rotazioni aeree e mille giri al minuto. Aggiungerei anche che dall’altra parte del cielo, l’emancipazione femminile avvenuta nella società, il progressivo abbandono di un certo modello di riferimento, che potremmo descrivere simbolicamente come il passaggio dalla ‘principessa’ alla ‘guerriera’, ha portato un cambio nel modo in cui il femminile si impone nel balletto, grazie anche a molti coreografi contemporanei che hanno proposto materiali in cui la danza femminile non è più asessuata e mentale, ma sensuale, carnale, seducente. Nel balletto contemporaneo la donna non è uno spettro evanescente, ma una femmina in carne e ossa che usa le sue armi per attrarre ed è artefice del suo destino. Penso proprio che siamo di fronte ad un cambiamento che è prima di tutto culturale, riflesso in un linguaggio artistico che si muove e cambia per rimanere sempre al passo coi tempi, nonostante dai più venga percepito come un pezzo da museo.

Ma non è tutto: finora donne e uomini hanno coltivato, nello studio del balletto, delle specialità peculiari, tanto che persino il training che viene seguito dai ballerini è diverso da quello delle ballerine, proprio per coltivare quelle peculiarità tipiche della tecnica maschile e femminile. L’uso delle scarpe da punta è sempre stato un punto forte della tecnica femminile, mette in risalto le linee e crea quella illusione di evanescenza e leggerezza per cui sembra quasi che la ballerina sia sul punto di staccarsi da terra. Come ho già scritto in precedenza su queste pagine, leggenda vuole che questo oggetto vagamente fetish sia stato indossato per la prima volta da Maria Taglioni, nel 1832, nella coreografia “La Sylphide” creata appositamente per lei da padre Filippo. Le prime scarpette non avevano gesso sulla punta e quindi le ballerine usavano speciali fasciature e restavano sulla punta, per poco tempo a dire il vero, solo in virtù della forza delle dita, ma ben presto le punte, a dispetto della sofferenza inflitta, divennero un simbolo stesso della danza femminile, sedimentandosi nell’immaginario collettivo.

Ebbene, oggi esistono ballerini specializzati nella tecnica delle punte, seguendo le orme di pionieri come Les Ballet Trockadero, che da anni eseguono spettacolari performance en travesti, ma lo fanno con una tale maestria, dotati di corpi androgini ed estremamente flessibili, da entrare in un territorio che va davvero oltre le distinzioni di genere. Trovo che anche questo dettaglio sia uno specchio della cultura contemporanea, che sta cercando di elaborare una forma per accogliere l’unicità di ogni individuo e la liquidità con cui sessualità umana si esprime, al di là del genere biologico, per intenderci. La danza ancora una volta risponde puntuale al suo ruolo di cronaca fedele dei tempi, ed ecco qui questa generazione di super-ballerini che dimostrano una meticolosa, brillante tecnica di punte, accompagnata da quelle caratteristiche maschili che riguardano potenza, salti, batterie e giri, a rendere davvero straordinarie le loro prestazioni.
Uno degli ultimi profili Instagram che ho aggiunto è quello di Leroy Mokgatle, giovanissimo ballerino sudafricano dal grande talento, che interpreta le variazioni del repertorio femminile (ma anche i PDD) con una eleganza misteriosa ed enigmatica, a renderlo creatura incredibilmente affascinante. Oltre che una tecnica cristallina, che con grande stabilità lo porta a volteggiare su quelle scarpette da punta con una sicurezza che – devo ammetterlo – considero una rarità persino tra le donne. Questo danzatore riesce ad interpretare i ruoli femminili con una freschezza ed una aderenza al personaggio che quasi non ti accorgi che sotto a quel tutù e dentro a quelle scarpette ci sia un uomo. Non lo considererei neanche en travesti, semplicemente è quello che è, ossia un ibrido che non potrei considerare né donna né uomo, o entrambi. Conoscere questo danzatore mi ha aperto un mondo, in cui molti altri ballerini stanno facendo un simile percorso con grande studio e intelligenza.

Trovo estremamente interessante questa affermazione del maschile nel balletto, e nella danza in generale, perché finalmente si possa guardare all’uomo che danza senza cadere in stereotipi da bar sport, affinché tutti i bambini possano avvicinarsi a quest’arte senza dover subire la pressione da parte di coetanei e anche degli adulti, con le loro stupide insinuazioni.

Queste storia mi ricorda quella di un’altra arte che pratico da anni, lo yoga, una comunità dominata dai maschi per lungo tempo, in cui le donne non erano ammesse se non come divinità da venerare. Persino nei testi e nei manuali, le descrizioni delle pratiche sono dichiaratamente dirette a persone di sesso maschile, e la difficoltà ad accettare le donne all’interno degli insegnamenti yogici è qualcosa che in india riguarda tempi recenti. Anche in questo caso sovrastrutture culturali e religiose hanno tenuto fuori le donne da una pratica che non potevano che seguire in segreto. Oggi invece le classi di yoga sono popolate principalmente da donne, forse perché si pensa che lo yoga sia una pratica delicata e poco adatta all’energia maschile, un’idea del tutto sbagliata di una scienza che può essere praticata con grande vantaggio da uomini e donne di ogni età, esattamente come la danza.

Crediti fotografici: Matthew Brookes

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