Luciana Savignano, un compleanno importante per una stella senza tempo

di Nives Canetti
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Di traguardi significativi Luciana Savignano, immensa artista e signora della danza italiana, con grande delicatezza e discrezione ne ha davvero raggiunti molti. E oggi che ricorre un compleanno molto importante, vorrei celebrarla a mio modo, senza ripercorrere le tappe di una carriera immensa, cosa che tanti certamente e giustamente faranno, ma ricordando un momento particolare a cui ero presente, insieme a tutto il mondo della Danza italiana di quei tempi.

Era il maggio del 1980 e alla Piccola Scala, glorioso spazio per concerti e spettacoli intimi complementare alla Scala concepito e progettato da Portaluppi e Zavelani Rossi ora purtroppo eliminato dalla ristrutturazione di Botta, si mise in scena un Concerto di Danza totalmente dedicato a Luciana Savignano. Nel momento d’oro della sua carriera, a 36 anni, aveva appena interpretato per la prima volta Bolero di Béjart in un modo talmente unico che resterà come un punto di riferimento per tutti quelli che lo balleranno poi. Eravamo in tanti e le cinque serate del concerto sicuramente non bastarono a soddisfare tutti quelli che volevano incontrare l’altra faccia della Luna, la Savignano, l’artista italiana sempre proiettata nel futuro, discreta, elegantissima, mai troppo esposta a livello mediatico, lucida, con le idee estremamente chiare. Ma la Piccola Scala si adattava perfettamente al suo stile.

Fu una serata con una selezione di 5 brani, molto pensata: 3 assoli di Bortoluzzi, Pistoni e Béjart (la mitica Luna da Héliogabale, di cui restò unica interprete per anni fino al “furto” di Sylvie Guillem a Varna)) e due passi a due di Béjart, Romeo et Juliette e Les vainqueurs, in cui scelse di avere accanto Daniel Lommel, grande artista del Ballet du XX e siècle.

Alla fine degli spettacoli non la lasciavamo più andare via tanto la sentivamo vicina, nostra e al tempo stesso divina. Ho ritrovato con grande tenerezza il programma di quella serata, pieno di foto meravigliose della sua carriera (un flash: la Francesca da Rimini di Pistoni, indimenticabile) e di contributi di colleghi e di tutti i più importanti critici italiani dei tempi: Ottolenghi, Agostini, Arruga, Airoldi, Pasi, Rossi, Testa, poi Bortoluzzi, Pistoni, Roland Petit, Milloss e tanti altri. Tutti a celebrare questa stella che ha sempre brillato di luce propria, totalmente diversa da tutto quello che eravamo abituati a vedere.

Scrisse bene Lorenzo Arruga:

“Luciana Savignano rassomiglia ad un idolo orientale: adesso dopo Bhakti lo sappiamo tutti. All’inizio però sembrava soprattutto una ballerina inspiegabile: inspiegabile la sua strana bellezza aspra aguzza, puntuta con il volto da rapace e due occhi dolcissimi; inspiegabile la sua tecnica, classica della miglior scuola, ma così evidentemente tesa ad una stilizzazione nitida, gesti che solcano l’aria, leggerezza senza peso, geometrie precise, eleganti; inspiegabile il suo fascino sensuale, senza mossette o inviti, coinvolgente come una realtà rituale, primigenia. Non era mai esistita una ballerina così.”

Credo che l’affetto profondo e l’ammirazione che la figura della Savignano ha saputo suscitare in tutti noi in questi anni sia poi riassunto nelle parole che Paolo Grassi le dedicò nel 1977 nel suo libro “Quarant’anni di palcoscenico”:

“Nel mondo del ballo rispetto stimo e voglio bene a una creatura: Luciana Savignano. È la persona più discreta, più riservata, più sostanzialmente modesta, anche se perfettamente consapevole delle proprie doti, che ho conosciuto in un mondo difficile. Fra i capricci e le esigenze di altre grandi ballerine e grandi ballerini, in un mondo da giungla in cui ci si contendono certi ruoli, certe presenze, certi spettacoli ho trovato la Savignano che considero una delle grandi ballerine viventi, esplosiva, drammatica, persuasiva, aggressiva, sensuale. È una delle poche ballerine, come la Plisetskaya, che sia al tempo stesso “sesso degli angeli” come le grandi ballerine classiche e creatura d’amore, comunicando in scena il grande erotismo appunto come la Plisetskaya, tanto è vero che Maya giustamente la considera la migliore ballerina italiana. È una donna che può danzare il classico e il moderno in una gamma ampia. Nella vita è di una civiltà, di un pudore e di uno stile assolutamente autentici.”

Tanti altri successi arrivarono ovviamente dopo quel concerto del 1980 ed oggi Luciana Savignano non si ferma: continua la sua attività nel mondo della danza ad esempio collaborando con un Liceo Coreutico o danzando grazie alla collaborazione con Susanna Beltrami, carismatica e seducente in “Tango di Luna” e nel ruolo della Madre Terra ne “Le Sacre”.

Del resto al termine di un’intervista con Alfio Agostini, la Savignano disse:

“Ogni momento della mia vita è un punto di partenza, ma per dove non so. Il mio futuro è aperto; quel che desidero è arrivare ad esprimermi nel pieno delle mie possibilità attraverso la Danza che non è solo movimento ma espressione totale che coinvolge tutto l’essere di chi danza”.

Che sia anche oggi un ennesimo e lucente punto di partenza.

Auguri con tutto il cuore a Luciana Savignano per i suoi splendidi 80 anni (e una carezza a Calù)

Foto prese dal programma della Scala del 1980: Lelli & Masotti (Bolero), Emanuela Sforza (Omaggio a Picasso con Bortoluzzi e Romeo et Juliette con Daniel Lommel), Alain Bèjart (Ce que l’amour me dit), Serralonga (il Mandarino Meraviglioso), Erio Piccagliani (Francesca da Rimini) e Martha Swope (con Maya Plisetskaja e Maurice Béjart).

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