Lia Courrier: “La ripetizione gioca un enorme ruolo nell’apprendimento della danza poiché il corpo impara solo tramite l’esperienza”

di Lia Courrier
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È nota a molti la teoria che per introdurre una nuova abitudine bisogna avere la pazienza e la costanza di ripetere l’azione desiderata per almeno 21 giorni: questo sembra essere il tempo necessario affinché questa si sedimenti nella nostra quotidianità come qualcosa di spontaneo e naturale.

Nell’apprendimento di gesti fortemente specializzati, però, come quello del movimento danzato, ad esempio, possiamo anche gettare alle ortiche questa teoria. Sarebbe bello poter far diventare un’abitudine l’esecuzione delle pirouettes in soli 21 giorni, quando invece servono anni e anni di studio e pratica per poter padroneggiare un movimento così complesso e raffinato con naturalezza. Tuttavia, guardando questo fatto da un altro punto di vista, possiamo dire che sia una fortuna, poiché se fosse così facile imparare a danzare saremmo tutti ballerini provetti e invece si tratta di un’arte che solo con grande dedizione, pazienza e intelligenza può essere appresa al punto da poterla praticare con naturalezza.

Possiamo però applicare questa teoria per apprendere una costellazione di piccole e sane abitudini, importanti mattoncini a sostegno dell’apprendimento e messa a punto di elementi tecnici più complessi, come la pirouette di cui sopra, focalizzando l’attenzione su uno specifico dettaglio e reiterando una specifica azione abbastanza lungo da farla diventare una nuova competenza.

La ripetizione gioca un enorme ruolo nell’apprendimento della danza poiché il corpo impara solo tramite l’esperienza, una nozione che rimane solo a livello intellettuale non può in alcun modo attraversare un processo di embodiment senza passare dall’esperienza somatica. In altre parole, possiamo anche leggere tutti i libri sulla danza mai scritti dall’umanità da quando se ne ha memoria fino ad oggi ma senza aver seguito una lezione di danza questa conoscenza intellettuale non potrà in alcun modo permetterci di danzare. Allo stesso modo però la ripetizione da sola non è efficace se non supportata da una comprensione cognitiva che riguarda, nel nostro specifico caso, il contesto attuale dell’area su cui si vuole lavorare, lo scopo da raggiungere e una lunga serie di saperi che vanno dalla biomeccanica, anatomia, fisiologia, conoscenza della tecnica del balletto che consentono di trasferire quell’azione dallo stato astrale di idea a quello fisico del corpo in movimento.

Quando un allievo manifesta poca consapevolezza in un’area del corpo , magari dopo aver ricevuto la stessa correzione per lungo tempo senza sortire un effetto visibile, ci prendiamo un momento insieme per percepire quale sia l’azione giusta da fare, prima attraverso il sostegno del mio tocco e poi da solo. Quando sono sicura che abbia compreso con chiarezza e che riesca a distinguere l’azione corretta da quella inefficace, solo allora gli chiedo di focalizzare l’attenzione solo a quel dettaglio per qualche tempo, anche tralasciando altri aspetti per un momento. Nei primi giorni lo accompagno con il tocco (un tocco che non indica ma semplicemente stimola la memoria somatica precedentemente impressa) poi richiamo l’azione solo verbalmente, infine chiedo di riportare attenzione a tutto il sistema di strategie da lui costruito e di integrare la nuova informazione in quel campo.

Spesso è proprio questo processo di integrazione ad essere il più lungo e difficile da affrontare perché la nuova abilità in qualche modo crea un temporaneo squilibrio nel corredo di competenze dell’allievo, prima che questa possa riarmonizzassi con l’insieme e trovare il suo posto con naturalezza. A volte questo processo dura anche meno di 21 giorni, altre può durare anni, dipende dal caso specifico ma quello che posso dire è che persino per trovare una buona impostazione delle mani è necessario partire dalla colonna vertebrale e dall’allineamento, quindi non esiste nulla di semplice quando si parla di danza classica, ci vuole solo pazienza da parte di entrambi (mia e dell’allievo) e insistere finché l’intelligenza del corpo non porta a compimento i processi, con fiducia, fino a che accade la magia: la lampadina finalmente si accende, il circuito è stato collegato correttamente.

Tempo fa avevo l’abitudine di cambiare spesso la lezione. Specialmente quando avevo gli ultimi anni di formazione consegnavo loro una lezione nuova in media a cadenza settimanale, perché mi sembrava giusto abituarli ai ritmi professionali dove ogni giorno si affronta nuovo materiale. In seguito mi sono resa conto che i miei studenti, sebbene frequentino un percorso professionale, non sono ancora pronti per questo tipo di sollecitazione, hanno bisogno di mantenere le stesse sequenze per più tempo, la ripetizione li aiuta ad andare più in profondità.

Oggi preferisco mantenere la stessa lezione anche per tre settimane, magari ne formulo una che contenga qualche piccola difficoltà in più, tecnica o musicale, per avere qualcosa di nuovo su cui lavorare, obiettivi da raggiungere, ma penso che questa strategia sia la migliore per i gruppi con cui solitamente lavoro, molto eterogenei, con storie e individualità diverse e il mio ruolo richiede di includere ogni elemento della classe in uno studio che possa appassionare e coinvolgere tutti.

La scelta di mantenere la lezione più a lungo si è rivelata vantaggiosa anche per me, consegnandomi un margine più ampio di tempo per dare loro correzioni sempre più raffinate e puntuali su cui lavorare, aiutandoli a portare attenzione ad ogni dettaglio: dalla stabilità alla tecnica, dalla musicalità alla gestione dello spazio, dalla velocità di esecuzione alla resistenza, dal momento che giorno dopo giorno progressivamente le spiegazioni si diradano per lasciare posto alla loro danza con un ritmo sempre più serrato. Posso disporre di questo tempo prezioso per ripetere due volte un esercizio o per farli sfogare con i virtuosismi alla fine della lezione, cosa che – almeno quest’anno – sembra divertirli moltissimo e che sono elementi molto utili a sviluppare energia e dinamica.

La ripetizione, insomma, dona frutti solo sul lungo termine, lezione dopo lezione attraverso di essa il corpo sviluppa da solo gli strumenti e trova i percorsi interni per giungere ad una soluzione. La comprensione cognitiva permette di vedere questi percorsi possibili, fornisce la conoscenza della tecnica e tutte le informazioni utili a sostenere il processo.

Chiaramente questa scelta ha anche i suoi lati meno fruttuosi, ad esempio spegne in parte la capacità di adattamento che cambiare spesso materiale produce, parlo di un certo livello di reattività, velocità, prontezza nel cogliere le sequenze, di tutto ciò che ha a che fare con quella velocità nella resa che caratterizza un po’ il lavoro del ballerino. Alla luce delle argomentazioni appena esposte, però, sono convinta che prima di poter affrontare questo tipo di sfida è necessario sedimentare in profondità consapevolezza e padronanza delle basi, per il resto sono certa che sapranno farsi le ossa senza di me quando frequenteranno lezioni professionali in giro per il mondo, affrontando le tante difficoltà che comporta dover memorizzare velocemente le sequenze e fluire armoniosamente nella marea in perpetuo movimento di una classe di danza classica dedicata a questo tipo di target.

Che dire, ragazzi: buon lavoro e toi toi toi a tutti!

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