Il primo divo non divo: Mariano Chicho Frumboli

di Vittoria Maggio
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Il primo divo non divo: Mariano Chicho Frumboli.

Mi piace ripetere il titolo di oggi perché la sorpresa nel vedere ballare dal vivo Chicho Frumboli è stata grande! Se l’altra sera avessi aspettative alte dalla sua performance davvero non lo so: guardando i suoi video non avevo capito se mi piacesse o meno e ascoltando commenti e recensioni mi ero creata una immagine confusa.

Ho comunque impiegato il tempo di due tanghi per arrivare “al punto”, vedendolo ballare dal vivo al Grande Encuentro de Tango di Firenze di questi giorni. Al termine del primo tango ho pensato che  in realtà il merito dell’esibizione andasse alla sua splendida compagna di ballo Juana Sepulveda: era lei quella brava, era lei che splendeva e dava luce alla coppia; al secondo tango ancora pensavo che lui brillasse solo di luce riflessa…

All’inizio del terzo tango ho compreso: senza peccare di immodestia ho iniziato a pensare a che cosa rendesse me una brava ballerina di tango, poiché non sempre lo sono. Quando lo sono? Quando ho un uomo, un compagno di ballo che, oltre naturalmente ad avere buona tecnica, mi permette di “essere ballerina” dandomi sì degli input di “comando”, ma ascoltandomi con garbo, rispetto e aspettando soprattutto la mia libertà creativa di quel momento su quella musica, su quell’attimo di musica. Ballo bene quando vicino a me c’è un compagno disposto a fare brillare me e non se sesso.

E allora ho finalmente capito la vera arte di Chicho Frumboli, la sua grandezza e la sua diversità da tutti gli altri famosi tangueri cui è paragonato nell’empireo del tango.

Frumboli è il primo divo non divo, è il primo grande tanguero che non vuole “prendersi la scena”, che non cammina “impettito” al suo ingresso, che non accende lo sguardo di fierezza.

Un divo forse timido nel profondo che fa brillare la sua dama, la sua ballerina senza voler apparire lui, senza essere lui il protagonista.

La sua compagna non deve gareggiare  con lui con barocchi adorni, la sua dama è portata da lui come fosse uno splendido cigno che scivola sull’acqua.

Col suo sguardo basso e rispettoso Chicho Frumboli dona la sua arte alla sua ballerina, la mette al servizio di lei.

Lui danza leggero se pur col peso a terra e si muove funambolico sul pavimento…non striscia, quasi pattina, chissà forse il suo passato da giocatore di hockey si fa intravvedere a tratti, ma è più simile a una vela sulla superficie del mare.. lambisce non ferisce.

Affascina senza volere: ciò che cattura chi lo guarda forse è che si percepisce quella libertà di cui parla nelle sue interviste e che è la filosofia del suo tango, nata grazie agli insegnamenti del suo grande maestro Gustavo Naveira che gli ha fatto intravedere nel tango un qualcosa di illimitato e di infinite potenzialità.

Frumboli vuole sentirsi libero ballando, i suoi movimenti nascono dalla profonda essenza del tango: la libertà. Per lui l’evoluzione personale artistica comincia in quel momento, nel momento in cui uno si sente libero in un ballo a due come il tango, lasciandosi alle spalle quella musica tanto strutturata di una volta, tanto chiusa e in realtà molto limitata.

È per questo che in molti lo vedono come il referente del tango nuevo. Ma come lui stesso ama dire:  “io  ballo da tanto ed ogni volta che vado a ballare penso che sto ballando il tango, nuovo o vecchio che sia, per me non c’è differenza,  il tango è sempre nuovo e sempre lo sarà, poiché ogni due anni, ogni tre, ogni cinque, il tango cambia e si evolve e sarà sempre nuovo, e sinceramente spero che continui ad essere nuovo, la prossima generazione presenterà cose ancora più strane e più libere ed è proprio questo il cammino da seguire, il cammino della libertà di questo ballo, senza però perderne l’essenza!”.

Come sempre buon Tango a tutti, a chi lo balla, a chi inizierà a ballarlo, a chi lo ascolterà oppure lo guarderà, a chi lo ama e a chi lo rifiuterà e male ne parlerà … A chi vive insomma perché Finché c’è tango c’è vita!

Un abbraccio!

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