Serenade di Balanchine oggi compie 90 anni

di Nives Canetti
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Oggi 90 anni anni fa, iniziava il lungo e ricchissimo percorso di George Balanchine negli Stati Uniti. Il 10 giugno 1934 andava in scena per la prima volta Serenade a White Plains, New York, rimasta una pietra miliare nel repertorio balanchiniano, pur essendo nata solo come saggio per i suoi allievi della School of American Ballet. La sua prima professionale avvenne l’anno successivo, ballata dall’American Ballet (un predecessore del New York City Ballet).

Balanchine per coreografare Serenade “usò ciò che aveva” cioè gli elementi che aveva a disposizione: un giorno 17,  un giorno 3, un giorno 5, con i loro comportamenti a lezione, come ad esempio uno che arriva in ritardo. Per questo Serenade è senza tempo e ancora così attuale. Riuscì a ricavarne un capolavoro sospeso: apparentemente senza storia, è invece potentemente espressivo: se viene eseguito solo per i passi che contiene diventa davvero un saggio, ma se viene ballato con tutto il pathos che la musica trasmette e il giusto magnetismo tra i ballerini nella danza, diventa “Serenade”.

La musica, appunto: la Serenata per archi in do op.48 di Čajkovskij è la protagonista assoluta e Balanchine vi si affida completamente in tutti e quattro i movimenti “Sonatina” “Walzer” ” Danza russa ” e  l’ultimo “Elegia” con il quale chiude il balletto, invertendo la partitura, per lasciare  con una nota malinconica lo spettatore e riprendere l’atmosfera onirica dell’inizio con il corpo di ballo in scena illuminato da un solo fascio di luce dall’angolo sinistro del fondo del palcoscenico.

Nonostante sia nato per studenti Serenade è estremamente impegnativo per il corpo di ballo e richiede eleganza formale assoluta, movimenti morbidi, grande precisione nei disegni coreografici (da vedere dall’alto, ottimo per noi fan della galleria), nelle complicate entrate e uscite, nell’interpretazione. Rielaborato tante volte nel tempo, capolavoro vivo nelle mani del suo autore,  anche nei costumi ebbe dei ripensamenti: ho letto che fu Frederick Ashton, coreografo che Balanchine stimava grandemente, a suggerire l’iconico tutù lungo fino ai piedi a Balanchine nel 1950, perché giustamente secondo lui il costume doveva fluttuare per assecondare la dinamica del movimento: prima Balanchine usava costumi al ginocchio.

Alla Scala ultimamente lo abbiamo visto interpretato dal Tokyo Ballet in una serata della loro ultima tournée scaligera cinque anni fa e poi due anni fa dalla Scuola di Ballo dell’Accademia. E tutte le volte che torna in scena continua a riempirci gli occhi e lo spirito di quella meraviglia che è la danza di George Balanchine.

Evviva i novantenni. Evviva Serenade.

Foto del Tokyo Ballet

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