“Quando la danza non è più gioia, è più salutare lasciare”. Le confessioni di giovani talenti arrivate al punto di non ritorno

di Sabrina Ronchetti
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Navigando su Internet, mi capita sempre più spesso di incappare in un sorprendente numero di video di giovanissime danzatrici, a volte appena adolescenti, impegnate sulla scena in variazioni di grande difficoltà tecnica, prevalentemente di repertorio classico.

Solo una decina di anni fa questo sarebbe stato impensabile, anche perché, secondo i programmi accademici, lo studio della tecnica dovrebbe essere approcciata gradualmente, e di conseguenza, le difficoltà connaturate in essa, affrontate lentamente o comunque di pari passo con l’età, mentre le immagini di questi talenti così precoci scardinano di molto queste teorie.

Premetto che il mio lavoro di insegnante di danza mi mette a contatto da anni con i bambini e devo ammettere che, ultimamente, le nuove generazioni sono indubbiamente più perspicaci, più sveglie, frutto di stimoli molteplici a cui sono continuamente sottoposte. Per cui mi sono trovata anch’io a rivedere alcune delle mie posizioni, anticipando il programma tecnico, la partecipazione a concorsi e audizioni, ma senza mai esasperare, sempre nel rispetto dell’allievo, e soprattutto senza mai perdere di vista  il suo benessere psicologico e fisico.

Perché c’è una sottile linea di demarcazione che a mio avviso non si deve mai e per nessuna ragione, oltrepassare. E questa convinzione si è fatta ancora più forte in me, dopo aver letto un  articolo estremamente interessante al riguardo in cui venivano intervistate alcuni giovanissimi talenti, famose sul web, che, una volta arrivate all’apice della loro ambizione, entrate in prestigiose compagnie internazionali, hanno lasciato in maniera definitiva la danza per svariate ragioni.

Una su tutte: Miko Fogarty, (di cui si trovano tuttora tanti video su Internet), giovane dal potenziale indiscusso, una vera star già all’età di 12 anni, stella di Varna e a Mosca, che ha firmato il suo primo contratto alla Birmingham Royal Ballet appena sedicenne. Una vera promoter di se stessa su Instagram, con migliaia di followers incantanti dalle sue eccezionali qualità, che ad un certo punto è scomparsa dai social. Miko, oppressa da depressione e disturbi d’ansia, semplicemente evitava di scrivere su Instagram che aveva deciso di ritirarsi dalle scena per dedicarsi ad altro perché si vergognava di ammettere che aveva sviluppato problemi di disordine alimentare: “La pressione a cui ero sottoposta per rimanere costantemente magra, era troppo dura. Inoltre consideravo il mio corpo disgustoso” afferma la Fogarty adesso ventiduenne: ”Una delle ragioni per cui ho smesso di ballare è che sapevo che in fondo non sarei mai stata felice seguendo quella carriera, nè dal punto di vista mentale, né fisico”

Ma Miko Fogarty non è la sola ad essersi espressa in questi termini. Alexandra Pullen per esempio, figlia d’arte, che all’età di soli vent’anni aveva già interpretato ruoli principali in Giselle e Don Chisciotte con l’ABT, girato il mondo in tour, preso parte a Gala internazionali e alla settimana della moda di New York, ha confessato di essersi sentita sempre completamente infelice: ”Mi chiedevo in continuazione perché non mi sentissi mai felice, proprio io che lavoravo alla sbarra accanto a Isabella Boylston. In verità, erano più forti gli effetti dell’ansia da prestazione, della depressione, e di tutti quei condizionamenti che la professione impone. Ho lasciato perché la sensazione di non essere mai all’altezza, era sempre più forte del mio amore per la danza”. Ma sono davvero tante le ragazze intervistate, tutte giovanissime, talentuose ed infelici.

Lo psicologo della Pacific Northwest Ballet School, Toby Diamond, afferma che chi soffre di perfezionismo estremo e rigidità mentale, è destinato a perdere piano piano l’amore per la danza perché questo atteggiamento elimina gradualmente la parte più bella: la gioia e il divertimento che si prova nel ballare. Diamond spiega inoltre, che il più delle volte chi è dotato di talento, ma si accorge di non volere più intraprendere la carriera professionale, fatica ad esprimere questo disagio ai genitori, agli amici e agli insegnanti, per paura di deluderli. In realtà, lo psicologo sostiene che le motivazioni per cui si sceglie di lasciare sono svariate, e tutte estremamente salutari, per cui genitori, insegnanti ed amici devono assecondare questa voce interiore.

Sono completamente in accordo con le parole di Diamond, ma vorrei aggiungere una riflessione personale: sono dell’idea che in certi casi genitori ed insegnanti dovrebbero imparare a fare un passo indietro, mettere da parte le loro ambizioni, i loro desideri e le loro velleità per lasciare libertà sempre a questi giovani talenti, a cui spetta l’ultima parola, la decisione definitiva che può essere anche quella di non coltivare il proprio talento per essere semplicemente una persona felice e serena.

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