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Il danzatore e l’onestà, la virtù da cui dipende la sua significanza scenica

di Lia Courrier 22 Dicembre 2016
scritto da Lia Courrier 22 Dicembre 2016 413 visualizzazioni

Oggi voglio parlarvi di una virtù molto importante sia nella vita che nella danza, qualcosa che forse oggi ha perso un po’ del suo smalto, ma verso cui personalmente anelo ogni giorno, in ogni gesto quotidiano: l’onestà. Al di là di ciò che per ognuno di noi questo concetto significhi nell’esistenza, l’onestà di un artista è qualcosa da non prendere troppo alla leggera, poiché da questo dipende la sua significanza scenica e la potenza del suo messaggio, qualunque sia il linguaggio prescelto per diffonderlo: pittura, scultura, poesia, danza, recitazione, canto o qualsiasi altra emanazione creativa attraverso il corpo. Ma come potremmo esprimere a parole questo concetto? Cosa vuol dire essere degli artisti, in questo caso danzatori, onesti?

La parola trova la sua radice dal latino honos -oris, che vuol dire onore, inteso in relazione a colui che si considera alieno da tutte quelle parole o azioni che siano contrarie al dovere e all’onore. Ma nei confronti di chi? Io credo nei confronti di sé stesso, della propria identità artistica, e onore nei confronti di una certa purezza fanciullesca nel concepire la danza in modo semplice, ma non superficiale.

Penso all’artista onesto come a qualcuno che si pone al di sopra del gusto della massa, delle mode, delle richieste del mercato, persino al di sopra di ciò che piace al pubblico. Il danzatore o il coreografo non decidono di compiere lo sforzo creativo per accontentare lo spettatore, o per compiacerlo, ma per condividere con esso una propria visione sul mondo o su un suo aspetto. Comporre o interpretare una danza solo per piacere agli altri trovo sia una trappola mortale, poiché non è possibile appagare i gusti e le esigenze di tutti, e nell’inseguire questa chimera si rischia di perdere sé stessi e il proprio sentire profondo, che così viene aggiogato dall’ego e dalle sue pretese di appagamento attraverso il consenso del pubblico.

Trovo che questo non sia un atteggiamento onesto.

In verità è molto difficile parlare di onestà riguardo al mestiere che facciamo, dal momento che il teatro, in fin dei conti, è fondamentalmente una finzione. Ma forse si può essere onesti fingendo, perdonate questo ossimoro, solo quando ci si concede per ciò che si è e non per come vorremmo essere o come gli altri vorrebbero che fossimo. Siano essi pubblico, coreografi, programmatori, critici, allievi o insegnanti.

Fin da quando ho cominciato la mia vita con la danza, una delle frasi che ritornava molto spesso, pronunciata normalmente con grande enfasi e sospiri degni di un poeta maledetto, è che si danza perché solo sul palcoscenico ci si sente veramente sé stessi, facendo forse riferimento ad una sensazione di estrema libertà e completezza che io conosco bene e che fa sentire potenti e meravigliosi quando si è in scena. Mi chiedevo sempre come ci si possa davvero sentire sé stessi in una situazione che potremmo considerare l’allegoria stessa della finzione. Questo conflitto drammatico secondo me rappresenta il nocciolo di una certa difficoltà a trovare una stabilità interiore, molto diffusa tra chi fa il mestiere dello spettacolo: essere sé stessi nella finzione e sentirsi a volte fuori posto nell’ordinario quotidiano.

Cercare di mantenere alto il livello di onestà è molto importante per mitigare gli effetti di questo dualismo, sia come danzatori, che come coreografi ma soprattutto come insegnanti di danza, uno dei mestieri del movimento in cui è maggiormente richiesto un profondo equilibrio tra corpo, mente e spirito.

Negli anni ho imparato a mie spese cosa vuol dire non essere onesti nel lavoro, ogni volta che ho accettato di insegnare in situazioni per cui mi mancavano le competenze, per esempio, e durante la lezione mi sentivo annaspare davanti ad allievi che evidentemente perdevano interesse per ciò che avevo da dire loro, perché non era chiaro neanche a me dove volessi andare. Non mi sono sentita onesta ogni volta che ho accettato una paga troppo bassa per il lavoro svolto, oppure ho continuato a lavorare anche se venivo pagata sempre in ritardo, il che sminuisce il valore della mia professionalità e l’ autostima, gettando pesanti ombre sul mio entusiasmo. Non sono stata onesta con me stessa neanche quando, per accontentare questo o quel direttore di formazione, ho modificato il mio modo di insegnare e la relazione che avrei voluto costruire con gli allievi, per cercare di diventare quello che mi veniva chiesto di essere. Oppure quando ho accettato di insegnare in strutture verso cui non nutrivo alcun interesse, solo perché avevo bisogno di guadagnare, sentendomi un pesce fuor d’acqua per tutto il tempo, in condizioni che minavano la qualità del mio lavoro.

Ho deciso quindi di fare dell’onestà un mio personale credo, poiché nelle esperienze in cui questa qualità è mancata nel mio comportamento, ho provato solo sofferenza e insofferenza. Non è una scelta facile, poiché lavorare con onestà e coerenza comporta anche dover rinunciare a qualcosa, ma per ogni possibilità a cui si rinuncia per tenere fede a questo genere di obiettivi, nuove porte si aprono, sempre più vicine all’idea che abbiamo di noi stessi, sempre più conformi a ciò che intimamente ci sentiamo di essere, a dispetto di tutto ciò che ci ruota attorno e di tutto ciò che gli altri ci dicono. Si tratta di una conquista che ci consente di lavorare e mantenere allo stesso tempo i piedi per terra, in modo più semplice e rassicurante.

Forse sul palcoscenico potrei sentirmi veramente me stessa, ma esiste anche un’altra me stessa altrettanto vera fuori dall’ambiente lavorativo, ugualmente appagata e aperta verso le esperienze della vita.

allievo di danzaDanzatoreinsegnante di danzaLia Courrierscuola di danzaSetteotto
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Lia Courrier
Lia Courrier

Lia Courrier studia arte grafica e danza classica nella città di Catania fino alla decisione, all’età di quindici anni, di trasferirsi a Milano per approfondire gli studi coreutici alla Scuola Professionale Italiana Danza (s.p.i.d.).i primi lavori sono tutti sotto la direzione di coreografi legati al balletto: danzatrice stabile al teatro Litta di Milano, danzatrice per Marco Pierin, Alessandra Panzavolta.lavora come mimo-danzatore per il teatro alla Scala, il Carlo Felice e il Comunale di Firenze, sotto la direzione dei registi: Keita Asari, Robert Carsen, Robert Lepage, Giorgio Barberio Corsetti. Dal 2000 inizia il lavoro di insegnante di danza. Studia release technique, con (tra gli altri):Juliette Mapp, Diane Madden, Jeremy Nelson, anatomia esperienziale con Eva Karczag e Body Mind Centering con Trisha Bauman. Ha all’attivo diverse collaborazioni,che hanno portato alla creazione di performance e opere di videodanza rappresentate in vari festival, quali: Lavoriinpelle, Insoliti (corti di danza d’autore), “insoliti Off” , “convergenze”, festival “Bergamo danza estate”, il coreografo elettronico, “festival del ticino”, “danza InMediata” per Ariella Vidach. Per diversi anni ha collaborato con altri performers nell’associazione culturale Graziadicolpo, di cui è stata fondatrice, realizzando performance legate esclusivamente alla pratica e all’utilizzo della composizione estemporanea e produzioni teatrali. Realizza i movimenti scenici per l’opera teatrale ‘Modì, l’ultimo inverno di Amedeo Modigliani’, uno spettacolo musicale diretto e composto da Gipo Gurrado, rappresentato per due stagioni al Teatro Leonardo di Milano. Fondatrice, con Rebecca Pesce e Stefania Trivellin, di ARTICHOKE, un progetto di alta formazione coreutica dedicato e focalizzato sulla danza contemporanea e di ricerca. Attualmente è docente di danza classica e anatomia del movimento in percorsi di avviamento professionale nella città di Milano e dintorni, per lezioni professionali, nonché docente di danza contemporanea in stages e incontri formativi per attori. Nel suo lavoro di insegnante tutto il suo bagaglio e le sue esperienze trasversali confluiscono in un approccio al movimento in cui consapevolezza, coordinazione e dinamica sono protagoniste assolute. Oltre ad essere una danzatrice ed insegnante di danza Lia Courrier è anche un’operatrice olistica in biodinamica cranio sacrale.

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