I riti moderni di Wayne McGregor con Alessandra Ferri al Teatro alla Scala: AfteRite+LORE

di Nives Canetti
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Serata ricca, intensa, piena di nuovi stimoli per il corpo di ballo e per il pubblico della Scala grazie a Wayne McGregor che con AfteRite, coreografia del 2018 sulla Sagra della Primavera di Stravinsky, e con il suo ideale sequel LORE, creazione ad hoc per gli scaligeri in prima mondiale su Les Noces, ha portato un’aura internazionale ed attuale al cartellone di quest’anno.

Insieme ad Alessandra Ferri in stato di grazia con intensità tragica a livelli altissimi e gambe da non crederci, il corpo di ballo della Scala e i suoi solisti hanno dimostrato una grande capacità di entrare nelle corde stilistiche di una coreografia per nulla semplice. Il lavoro a stretto contatto con McGregor durante la creazione di LORE e la preparazione di AfteRite ha certamente dato moltissima confidenza e naturalezza allo stile dei nostri. In Woolf Works avevano lavorato bene ma qui si è visto un salto di qualità, si sono letteralmente appropriati della coreografia.

Difficile per me staccarmi dall’immagine semplice, pulsante e primordiale della Sagra di Béjart che si conclude con un atto d’amore universale. In questa interpretazione di McGregor più complessa ci si deve aprire ad un concetto nuovo: in un mondo completamente desertificato un gruppo di persone lotta per la sopravvivenza, e all’originale rito pagano del sacrificio dell’Eletta agli dei della natura si sostituisce il sacrificio di una delle due figlie del personaggio della Madre (Alessandra Ferri), che è costretta a scegliere quale figlia immolare per il bene della comunità. In effetti non è chiaro nella drammaturgia quale sia il beneficio reale di questo sacrificio, ma si capisce molto bene che la comunità spinge la Madre a questo atto tremendo. Ci sono momenti dolenti come nei passi a due con Claudio Coviello (che sostituiva Christian Fagetti), Marco Agostino e Gioacchino Starace, ed altri molto violenti come gli insiemi della compagnia e i passi a due con Nicola Del Freo. La potenza drammatica della Ferri esce tutta. È irrefrenabile, soprattutto nel passo a due finale con Nicola Del Freo, dopo l’uccisione della figlia asfissiata nella serra per le ultime piante esistenti, dove esprime la rabbia potentissima che la porta a sovrastare il suo antagonista all’ultima nota.

La coreografia è nello stile tipico estremo di McGregor per il corpo di ballo, con dinamiche e posizioni molto al limite, tarata sulle caratteristiche fisiche di Alessandra Ferri nella sua parte. L’ho trovata in certi punti un po’ dispersiva e complicata da seguire, quando ad esempio ogni elemento della compagnia balla in modo totalmente diverso e indipendente a dimostrare una realtà di alienazione. Infatti è nei momenti di sincronia delle masse dove la coreografia di McGregor ha la migliore resa interpretativa della musica fortemente ritmica di Stravinsky. L’atmosfera è volutamente violenta anche se forse mi è mancata nella danza quella componente primordiale che rende la musica della Sagra molto inquietante. AfterRite è un lavoro molto potente e di grande impatto emotivo.

Brave nelle quattro parti soliste principali in punta Martina Arduino, Virna Toppi, Maria Celeste Losa e Caterina Bianchi, intensi e accorati Gioacchino Starace, Claudio Coviello e Marco Agostino, bravissimo e potente Del Freo, incisivo e aggressivo nei passi a due con la Ferri.

Nessuna uscita per gli applausi: scelta più che corretta al termine di un soggetto davvero tragico e atroce, che dovrebbe far pensare più che applaudire. Resta solo il sipario chiuso all’intervallo fra il primo e il secondo tempo come fosse un balletto unico.

E in effetti LORE è la prosecuzione di AfterRite: inizia infatti con la presenza della bambina salvata dalla Madre. Da lì tutta una serie di danze “rituali” sulla musica di Les Noces di Stravinsky, splendida, una scoperta per me. È il racconto di un matrimonio di contadini nella campagna russa (così rappresentata nella versione originale di Bronislava Nijinska) narrato da cinque cantanti, quattro pianoforti (fantastici Davide Cabassi, Giorgio Martano, Andrea Rebaudengo e Marcello Spaccarotella) e percussioni, molto cantata e ritmata. La coreografia di McGregor reinterpreta il brano attraverso una serie di a soli, passi a due o insiemi senza tempo. Il concetto di McGregor ruota intorno alla difficoltà del rapporto uomo natura tecnologia, e pur non essendo per me immediatamente comprensibile, resta estremamente suggestivo nell’esecuzione. La scena essenziale è comunque ricca di elementi: gli interpreti sul palco ballano su due piani diversi con evocative proiezioni alle loro spalle e la visione cambia spesso grazie a una gestione magistrale delle luci di scena. Un insieme estremamente armonico.

Ho amato moltissimo questo balletto, una nuova creazione per la Scala, interessante e varia, eseguita con grande sicurezza da Nicoletta Manni, (bellissimo a solo iniziale), Claudio Coviello, Alice Mariani, Agnese Di Clemente, Timofej Andrjiashenko e Domenico di Cristo che si conferma una vera risorsa nella compagine scaligera con buona presenza scenica e facilità ad aderire alle cifre stilistiche delle coreografie che balla.

Molti i rappresentanti della Royal Opera House di Londra tra il pubblico, tra cui Kevin O’Hare direttore del ballo inglese: quindi, grazie ad Alessandra Ferri e a Manuel Legris che hanno portato McGregor nel nostro Teatro dando visibilità al ballo della Scala a livello internazionale.

All’uscita di via Filodrammatici una felice Alessandra Ferri abbracciata a Julio Bocca ha salutato le tante persone che volevano ancora applaudirla.
Da vedere fino al 7 luglio al Teatro alla Scala.

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