Finché c’è vita, c’è tango! – L’esilio di Stefano Fava

di Vittoria Maggio
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“Stiamo vivendo una sorta di esilio in questi mesi…un esilio all’incontrario, siamo esiliati dentro di noi, non possiamo entrare in contatto con l’altro…siamo cacciati dentro alla nostra individualità!”

 Scrivere di uno scrittore è arduo. Condurre un insegnante abituato a condurre è arduo. Chi meglio di uno scrittore, di un insegnante sa pensare, riflettere e comunicare?

C’è mestiere, tecnica, basta leggere l’inizio del bellissimo “Chi sono” di Stefano Fava sul suo sito https://stefanofava.com/chi-sono/ per pensare di non poter fare altro che un copia e incolla.

E allora il segreto diventa comunicare con empatia. In un’occasione come questa si ha la possibilità di ballare insieme un nuovo magnifico tango, con umiltà, con fiducia, con profondo ascolto dell’altro, lasciando la libertà di fare un primo passo, poi un secondo e poi una pausa per far sì che l’altro cammini i suoi passi, in accordo coi tuoi o proponendoti un nuovo accordo. La magia della comunicazione che, restando in ascolto, porta a reciproca soddisfazione e crescita.

“Non avrei mai pensato di ballare tango in vita mia. Non avevo mai ballato…ero nella palestra dell’università dove mi occupavo di attività culturali e la mia amica, collega, era tornata da Parigi e si era innamorata del tango, tanto da riuscire a invitare in quella nostra Università di Pisa un famoso maestro argentino. Guardavo loro che provavano, ero in piedi, li osservavo e dopo poco mi sono improvvisamente sentito appiccicato al muro, rapito, come se qualcosa in quel momento mi portasse altrove. Con gli amici ho provato i miei primi passi: quella musica, quella voce profonda, quel brano me lo sono sentito addosso subito, un’emozione che non conoscevo…Vuelvo al Sur…mi chiedi se mi ha fatto tornare a qualcosa? Se la mia mente inconscia è tornata in un luogo che nemmeno io potevo conoscere o ricordare?

Si, forse hai colto qualcosa sul quale non mi ero mai soffermato prima… ma ti dirò di più, fu quello stesso brano a farmi tornare anni dopo al tango. Ero a Londra, dove volontariamente ero andato in “esilio” e dove ho vissuto per 15 anni e, sai com’è quando ci si fidanza può capitare di abbandonare il tango, un po’ di gelosia reciproca, il minor bisogno di uscire, la voglia di stare da soli, avevo accantonato questo ballo, non ci pensavo più. Una sera un amico mi regalò un CD, sapeva della mia passione per la musica, sono un musicista, non sbagli mai a regalarmi musica…era un CD di tango e il primo brano che uscì da quelle casse fu Vuelvo al Sur.

Tornai all’incanto in quelle note.

Il tango divenne la mia seconda vita, la mia pelle, il mio secondo respiro. Fui anche molto fortunato, incontrai Andrea Missè, di cui tutti ci ricordiamo, e grazie a lei conobbi e iniziai a frequentare l’autentico tango porteño di Buenos Aires. Sono stati anni bellissimi.

Sono poi rientrato in Italia, Lucca e Milano sono le mie città. Io vivo i cambiamenti in maniera proattiva, sono naturalmente spinto verso il futuro…non mi sento l’esule con la nostalgia del ritorno…o almeno credo di non esserlo…ma è vero, stiamo vivendo una sorta di esilio in questi mesi.

Un esilio all’incontrario: siamo esiliati dentro di noi, non possiamo entrare in contatto con l’altro, col corpo dell’altro, l’altro è assente, lontano, sano o contagiato non fa la differenza…siamo cacciati dentro alla nostra individualità …siamo privati del linguaggio vero, quello del corpo, comunichiamo a metà.

Mi chiedo: stiamo comunicando tra di noi? Oppure siamo come in una fase di “resistenza”, sulle montagne, asserragliati, guardando il nemico giù nella città, un nemico infido, che non vedi, non avverti per tempo, silente…e cosi non ci resta che esiliarci dentro di noi, con una comunicazione ossificata, un linguaggio scarnificato, quasi un nuovo codice morse.

Mi chiedi se torneremo a ballare tango…sai che cosa spero, che cosa mi piacerebbe? Portare in questo ballo i giovani, creare il ricambio generazionale, trasmettere a loro il tango perché loro lo consegnino al futuro.

Il tango, storicamente, ha rischiato di morire altre volte prima, ma c’è sempre stato un qualcosa di nuovo, il D’Arienzo di turno che lo ha attualizzato e gli ha dato nuova vita.

Sarà così anche questa volta: volveremos al tango, torneremo al “Sud”, e spero che lo faranno soprattutto loro, i giovani, i nostri figli, i nostri testimoni!”

E sulle note del tango preferito da Stefano che naturalmente è Vuelvo al Sur, nella versione originale del 1988 cantata da Roberto Goyeneche, composta da Astor Piazzolla e testo di Fernando Solanas, torniamo ai nostri affetti, torniamo all’amore cosi come si torna sempre all’amore.

Un caro saluto e siate felici!

https://www.youtube.com/watch?v=RLPLGNang0o

Crediti fotografici: Claudio Mirabella

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