Torna Lia Courrier con SetteOtto: Il corpo feticcio dei danzatori

di Lia Courrier
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Negli ultimi anni nella danza, in particolare nel balletto, è data molta enfasi alla bellezza del corpo, feticcio e ossessione del momento. Molte volte assisto a discussioni, infinite e noiosissime , sul collo del piede di questo o sulla lunghezza delle gambe di quell'altra. Sui social imperversano foto di questo o di quel danzatore, ritratti sotto luci e con indosso abiti che esaltano la muscolatura definita, apollinea, perfetta. 

Di sicuro il balletto è un territorio nel quale la ragione estetica ha un suo diritto assoluto ad esistere, cui il corpo deve rispondere. Lo stesso George Balanchine, che io adoro, aveva una visione di bellezza nelle sue muse danzanti, al punto da non disdegnare la possibilità della chirurgia estetica per farle avvicinare ancor di più a quell'ideale, che ha caratterizzato il suo stile e definito un'epoca. Oggi ci si spinge ancora oltre, basta paragonare i corpi delle stelle attuali a quelli statuari delle protagoniste di qualche decennio fa, per rendersi conto del grande cambiamento. Certo, l'evoluzione della tecnica ha giocato un ruolo importante nello sviluppo di una struttura muscolare più lunga e leggera, ma esiste anche un aspetto più legato alla genetica, se vogliamo: proporzioni, estensioni, mobilità articolare, altezza, magrezza, tutto è esasperato all'inverosimile al punto che ormai il corpo delle ballerine in certi casi sembra voler somigliare più a quello delle atlete di ginnastica ritmica, specialità da cui alcune di loro provengono. La mia esperienza con il movimento, però, è estesa ad un concetto di danza più ampio e onnicomprensivo, per questo trovo detestabile considerare qualcuno inadatto alla danza solo perché il suo corpo non corrisponde ad un modello di riferimento: una visione, questa, limitante e fortemente frustrante per l'allievo, che si sente impotente di fronte ad un limite oggettivo e difficile da superare. 

"Dove vuoi andare senza collo del piede?","devi avere l'apertura a 180 gradi altrimenti non potrai mai danzare","se vuoi diventare una ballerina devi dimagrire","hai i muscoli troppo grossi", "le tue gambe sono troppo corte", fino al più lapidario “sei grassa”. Questi sono solo alcuni  esempi di ciò che viene detto in sala, spesso senza troppo tatto, utilizzando uno sguardo miope sulla persona, incapace di vedere l'interezza e le sue potenzialità. Per fortuna gli allievi fortemente motivati sono mossi da una sincera necessità di esprimersi con il movimento non si fermano davanti a nulla, insistono, lavorano sodo nel tentativo di modellare il proprio strumento, alla ricerca costante di un posto da occupare, con una certa significanza, all'interno dell'Universo Danza, un luogo abbastanza ampio da offrire spazio per tutti. 

A volte, purtroppo, pare proprio che gli insegnanti remino contro anziché sostenere questo grande impegno. La verità è che nessuno di noi sa che tipo di danzatore diventerà la persona che abbiamo davanti, probabilmente neanche lei stessa, poiché ancora deve scoprire la propria identità artistica e creativa. Non tutti, per esempio, desiderano diventare ballerini classici, alcuni potrebbero scoprire di essere più attratti dall'insegnamento o dalla coreografia, esistono tanti modi e forme per realizzarsi con la danza, per questo ci si aspetta che i maestri diano indicazioni e riferimenti per orientare le proprie scelte nella direzione più consona rispetto al proprio talento, non che stronchino sul nascere ogni progetto di crescita in nome di un diktat che non può essere applicato indistintamente a tutti. Sappiamo benissimo come dovrebbe essere il corpo secondo le attuali richieste del mercato, ma sappiamo anche che esistono linguaggi e visioni diverse sulla danza, ambiti in cui sentirsi a proprio agio e sviluppare il proprio talento, qualora sia presente. L'intelligenza di un insegnante sta nel comprendere quel talento e invitarlo a mostrarsi, aiutarlo ad emergere, ma anche sostenere l'allievo nel rendersi conto della sua assenza, qualora accada. 

Credo sia anche necessario chiedersi cos'è, definire questo talento. Ci sono doti meno palesi del collo del piede e dell'en dehors, ma che possono essere altrettanto significative se supportate da una ferrea motivazione e da una buona dose di determinazione. Musicalità, memoria, senso dello spazio, sensibilità e gusto critico, una familiarità innata con il movimento, la purezza di una certa forma di creatività ne sono solo alcuni esempi. Quando abbiamo davanti a noi un allievo che aspira a diventare un ballerino classico, ma che possiede qualità differenti da quelle che questa tecnica richiede, con molta gentilezza e rispetto per la sua persona, possiamo aiutarlo a dirigere le sue ambizioni verso qualcosa di più adatto alla sua identità di danzatore, per mettere in luce quegli aspetti del suo essere che potrebbero essere maggiormente sviluppati in una diversa direzione, senza mai farlo sentire inadatto o non idoneo, perché la frustrazione silenziosa e abrasiva che cresce in seguito a questo genere di osservazioni lapidarie, mina l'autostima e sviluppa un ingombrante tendenza all'autocritica che gli impedirà di evolversi indisturbato insieme alla danza. 

Insieme. Con la danza al suo fianco e non contro di essa.

A volte noi maestri tendiamo a mettere addosso agli allievi le nostre ambizioni, e questo ci impedisce di comprendere a fondo i loro desideri e bisogni, di vederli davvero per ciò che sono e non per come vorremmo che fossero. 

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