“Le nostre braccia..una volta erano ali”. Ce ne parla la nostra Lia Courrier

di Lia Courrier
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“Le nostre braccia hanno origine dalla schiena perché una volta erano ali.”

Questa frase, attribuita a Martha Graham e condivisa ovunque sul web dalla comunità danzante, racchiude in sé una grande verità, che non riguarda di certo il nostro presunto passato di esseri alati, quanto un'indicazione molto chiara sul luogo da cui si sviluppa il movimento delle braccia. Nel balletto è data molta enfasi al ruolo della gambe e dei piedi, anche se la parte del corpo che secondo me è la vera chiave della comunicazione, proprio in questo linguaggio, è quella superiore: viso, cuore, braccia e mani. Avete mai parlato con qualcuno che anziché guardarvi negli occhi osserva i vostri piedi? Molto seccante. 

La cintura scapolare poggia sulla gabbia toracica, alla quale è connessa solo tramite l'articolazione tra il manubrio dello sterno e la clavicola, ecco perché questo insieme funzionale di ossa e articolazioni gode di notevole mobilità, concedendo alle nostre bracca la possibilità di aprirsi maestosamente di lato, proprio come le ali di un grande uccello.

A lezione mi piace assegnare precisi port de bras, scelti proprio per promuovere la coordinazione e l'integrazione del movimento delle braccia con il resto del corpo, ma spesso questa richiesta cade dopo i primi secondi di esecuzione e le braccia vengono abbandonate, appese come una manica vuota: diventa chiaro come, nel processo di pensiero per la gestione del movimento, la priorità è data agli arti inferiori. Questa pigrizia atavica delle braccia è nemica della danza e della dinamica, poiché  nonostante la gamma di movimenti che coinvolgono gli arti inferiori sia più vasta, è proprio la parte superiore che guida il corpo nello spazio, spinge per le rotazioni, si sospende nei salti e sostiene il torso. Utilizzo spesso un esempio che nella sua ovvietà chiarisce questo concetto: quando attraversiamo una porta, la apriamo usando gli arti superiori e poi la oltrepassiamo muovendoci su quelli inferiori. Bene, nel movimento danzato spesso ritroviamo questo tipo di priorità di azione nella parte superiore, e qui ci possiamo ricollegare alla frase in apertura: quando la nostra schiena è grande, aperta e tesa come la vela di una nave che ha preso il vento in pieno, possiamo contare su un appoggio ottimale che fornisce alle braccia un solido radicamento, permettendo al corpo di orientarsi nello spazio. Vorrei osare spingermi oltre all'idea della Graham, posizionando idealmente l'origine delle braccia non nella schiena ma nella zona dietro all'ombelico, individuando un luogo d'incontro, tra le forze che dal suolo risalgono gli arti inferiori e quelle che discendono dagli arti superiori, in quello che comunemente viene chiamato 'centro' (un concetto molto complesso che meriterebbe una discussione a parte). L'immagine di gambe e braccia che condividono il loro luogo di origine, può essere utile nel promuovere una coordinazione armoniosa tra i loro reciproci movimenti, nonché un equilibrio tra le forze che si spostano contemporaneamente da e verso questo centro. Le braccia hanno un punto d'origine che non sta davanti o dietro ma DENTRO.

La posizione di clavicole e scapole diventa decisiva, poiché quando la cintura scapolare si dispiega e si apre nello spazio, forte di questo punto di appoggio al centro del corpo, fluttuerà leggera senza appesantire la colonna vertebrale. Le clavicole si sono disposte orizzontalmente, nel corso dell'evoluzione della nostra specie, assumendo una funzione simile a quella di un puntello, per mantenere l'articolazione della spalla il più possibile lontano dalla gabbia toracica, consentendole di espandersi liberamente durante la respirazione. Possiamo ascoltare quindi la direzione di questo particolare osso nella regione anteriore del torace, aprendo lo spazio del cuore nel movimento, mentre possiamo lasciare libere le scapole, che ne occupano la porzione posteriore, di scorrere fluidamente sul costato, verso il basso e l'esterno, senza mai cercare di bloccarle in una data posizione, permettendo loro di allontanarsi dalla colonna vertebrale con il loro caratteristico movimento 'a campana'. Sotto l'azione coordinata di clavicole e scapole, infine, le ascelle somigliano a due cupole, ampie e spaziose, che donano ampiezza e forza al port de bras, conquistando una apertura alare degna di un cigno, se proprio vogliamo citare un essere alato che ci riguarda. 

La gentilezza nelle mani, con le dita morbide e rilassate, come se pettinassero l'aria (un'immagine rubata ad un maestro di Qi Gong ma che faccio mia perfetta anche per la danza), insieme ad un viso rilassato, disteso come se dalle profondità del cuore un sorriso stesse quasi per emergere, sono una buona attitudine da mantenere durante lo studio, in modo che nessuna fatica intrinseca del movimento trapeli all'esterno, per restare fedeli a questa sorta di dissociazione, una convenzione teatrale che crea un distacco tra la difficoltà e l'impegno fisico richiesto dalla danza, e quello che invece viene trasmesso all'esterno attraverso il corpo nella sua interezza. Quando siamo seduti nella platea di un teatro, e ci sembra che i danzatori non facciano il minimo sforzo per eseguire quelle complesse evoluzioni, allora sappiamo che siamo di fronte a dei bravi professionisti.

Compiti per tutti: guardare Natalia Makarova e Sir Anthony Dowell nella celebre edizione del Lago alla ROH.

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