Vittoria Maggio ci racconta l’inverno a passo di tango nella poesia del grande Cadicamo

di Vittoria Maggio
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L’inverno porta con sé sempre un tratto di malinconia che ben si accompagna all’anima del tango.  

Nel vasto panorama artistico di genere c’è un brano che nel testo rende adeguatamente il senso di solitudine di chi senza amore non riesce a riscaldare il freddo che questa stagione porta con sé e che amplifica il senso di  vuoto emotivo dei nostri sentimenti. 

É immediato pensare all’ intenso brano scritto a fine anni ‘ 20 da Enrique Cadicamo e registrato nel 1937,  intitolato Invierno , musicato da Horacio Petorosi e orchestrato dal grande Francesco Canaro.     

“Volvió ….

El invierno con su blanco ajuar,

Ya la escarcha comenzó a brillar

En mi vida sin amor.

Profundo padecer

Que me hace comprender,

Que hallarse solo, es un horror.

Y al ver…

Cómo soplan en mi corazón,

Vientos fríos de desolación

Quiero llorar.

Porque mi alma lleva

Brumas de un invierno,

Que hoy no puedo disipar!”

 

“Tornò

l’inverno col suo bianco corredo,

già la brina cominciò a brillar

sulla mia vita senza amor.

 

Profondo patire

che mi fa capire

che essere soli è un’orror!

E vedendo…

come soffiano sul mio cuor

venti freddi di desolazion

vorrei solo piangere.

Perché la mia anima veste

brume di un inverno

che oggi non riesco ad allontanare!”

.

Poeta e paroliere di tango, scrittore, regista, sceneggiatore di cinema, teatro e … amante delle donne e della vita un po’ dissipata, Enrique Domingo Cadìcamo nacque nell’estate del 1900 e morì proprio in inverno, nel dicembre 1999 a Buenos Aires.  

Ebbe quindi una vita lunghissima che gli permise di essere testimone di tutti gli avvenimenti del XX secolo, di incontrare e vivere il tango con i suoi massimi rappresentanti coi quali collaborò intensamente in Argentina,  Europa, Nord America, viaggiando solamente con  “una piccola ventiquattrore con pigiama, spazzolino da denti e dentifricio”. 

 Figlio di emigranti, decimo e ultimo bimbo nato da genitori che arrivarono in Argentina a fine ‘800 dalla provincia di Cosenza, ebbe una vita forse invidiabile, quasi due vite; fu artista fecondo, donnaiolo fino ai 60 anni, poi sposo e padre, e come racconta con le sue parole:  

Presi l’ultimo treno della notte che con un po’ di fantasia fu anche il primo della mattina e sono riuscito a formare una famiglia”. 

A soli 21 anni scrisse il testo di ”Pompas de jabón, con musica di Roberto Goyeneche. Questo tango, registrato quattro anni più tardi dal famoso cantante Carlos Gardel, sembrava essere scritto da qualcuno con più esperienza. Fu così che quando  Gardel conobbe Cadìcamo gli chiese scherzando: “A chi rubasti le parole di Pompas“?  

Cadicamo scrisse più di 1300 tanghi, e questo convinse anche Gardel della paternità di quel brano: la mente di Cadicamo era sempre in movimento, un motore potente come quello delle auto che tanto gli piacevano e che erano la sua passione come la  Chrysler 70 che  comprò, doppio “faeton”, 6 cilindri, di gran potenza con la quale stupiva le amiche facendo segnare i 120 km/ora. 

Tanta velocità quanta fu la longevità della sua vita derivata forse dalle difese acquisite quando da ragazzo contrasse il tifo; nonostante fosse un intenso fumatore in tutta la sua vita, morì di morte naturale a 100 anni.  

Durante il suo secolo di vita fu testimone dei momenti buoni e non del tango stesso, della gloria degli anni ‘30/’40, del suo decadimento, del divieto durante i periodi politici più amari, della gloriosa rinascita a partire dagli anni ’80. 

Citare e ricordare i tanti tanghi composti da Cadicamo per i quali ha meritato il soprannome di “Genio del Tango” sarebbe davvero impossibile, ma menzionare i più popolari oltre a Invierno, farà sicuramente rimanere piacevolmente stupiti i nostri lettori: Los Mareados, Nostalgias, Noche de Estrellas. 

Perché possiate godere appieno di questo brano riscaldandovi in queste giornate o serate  invernali che ormai sono entrate nella nostra quotidianità, eccovi due link: nel primo si ascolta  l’intero brano con la traduzione che permette di assaporare la profondità delle parole che arrivano, quasi con la stesa attesa per l’apparire  neve, dopo la lunga introduzione musicale; nel secondo si ammirano Sebastian Arce e Mariana Montes che ne danno l’interpretazione più aderente al ritmo contestualizzato del brano, danzandolo in stile canyengue: 

https://m.youtube.com/watch?v=Dq5IP5ygYmk 
http://youtu.be/izNQBXJFFjc 

 E come sempre Buon Tango a tutti, a chi lo balla, a chi inizierà a ballarlo, a chi solo lo ascolterà oppure lo guarderà, a chi lo ama e  a chi lo rifiuterà e male ne parlerà … A chi vive insomma perché Finché c’è tango c’è vita! 

 Un abbraccio 

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