Una milonga misteriosa, dal fascino di altri tempi

di Vittoria Maggio
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Finché c’è tango c’è vita questa settimana entra in una milonga misteriosa, dal fascino di altri tempi, decisamente nascosta agli occhi dei non addetti.

Si ha quasi l’impressione di arrivare in un luogo segreto, protetto, privato, non popolare come il tango stesso richiede, ma un luogo conosciuto solo ai suoi adepti.

La parola d’ordine non c’é, ma se ci fosse sarebbe sicuramente “Margherita”  tant’è che un  “Maestro” all’ingresso, terminato il corridoio di accesso costellato di statue,  lo si scorge mentre  spunta la lista degli eletti.

Sotterranea, vi  si accede da un piano di rampe di scale di ferro alla fine di uno dei quattro bracci della famosa Galleria Umberto I di Napoli; la milonga si estende proprio sotto il pavimento della magnifica e imponente galleria, esattamente sotto al frenetico ritmo scandito dai passi diurni dei mille turisti in visita alla città partenopea.

Il salone Margherita è uno dei segreti della Napoli sotterranea, ricca di leggende che ancora oggi lasciano a bocca aperta;  in pieno stile liberty era stato costruito per essere  l’emblema italiano dei famosi café chantant francesi della Belle Epoque,  luoghi di artisti, ballerine, cantanti, dame e gentiluomi, di un’epoca della quale percepiamo ancora piume e lustrini.

Lunga navata,  balconcini in ferro battuto, affreschi in stile pompeiano ti accompagnano verso il magnifico salone principale, circondato da nicchie e soppalchi arricchiti con stucchi e marmi dalle preziose sfumature.

La pista da ballo è circolare e se un tempo ospitava le lunghe gambe in giarrettiera del sexy can-can, oggi ospita  i sensuali tacchi del tango argentino.

Alzi gli occhi e rimani incantato dalla cupola liberty che ricorda proprio il cuore di una margherita coi suoi petali m’ama non m’ama che tanto si legano all’amore e alla passione che il tango evoca.

Le luci sono magiche, sfumate di rosa e di lilla regalano al salone l’atmosfera da boudoir perduta nella memoria.

Nato da un idea dei fratelli Marino, sulla scia del successo del famoso Mouline Rouge di Parigi, fu inaugurato il 15 novembre 1890 alla presenza della créme cittadina e oltre alla vita notturna, era il regno segreto, a tratti massone, della vita intellettuale partenopea in pieno fermento  di quei tempi.

La vita del locale  durò fino al 1912 quando l’inizio della sceneggiata e la fine della Belle Epoque determinarono un periodo di crisi fino alla chiusura nel 1982.

Dopo l’acquisto della struttura da parte di privati, il Salone Margherita ha riaperto i battenti  nel nuovo millennio proprio per la sua prima notte di tango il 17 settembre 2005, forse anche un po’ per riappropriarsi della perdita di una parte della cultura che l’emigrazione in Argentina dei primi del ‘900 aveva portato con se. I legami tra Napoli e il tango argentino sono tanti basti pensare ai testi passionali che in entrambe le tradizioni cantano di amori perduti.

Il livello dei ballerini al Salone Margherita é decisamente molto buono, non solo per la tecnica ma per quell’abilità tipicamente partenopea di crearsi spazi la dove non esistono, tra le “fughe” che all’improvviso si insinuano tra le gambe dei ballerini, senza provocare l’impatto che, se a volte accade, viene vissuto in totale innocenza e ingenuità, quasi fosse parte integrante del ballo stesso.

E così le severe regole del codice della milonga  nella bella città partenopea un po’ si scordano e si rispecchia tra i tacchi delle dame e le stringhe delle lucide scarpe degli uomini, quel traffico caotico della Napoli diurna dove chissà come, chissà per quale miracolo, sicuramente  per merito di  San Gennaro che concede grazia, per un attimo, un veloce attimo, che a noi nordici fa chiudere gli occhi, si evita provvidenzialmente il temuto scontro di coppie!

E come sempre Buon Tango a tutti, a chi lo balla, a chi inizierà a ballarlo, a chi solo lo ascolterà oppure lo guarderà, a chi lo ama e  a chi lo rifiuterà e male ne parlerà … A chi vive insomma perché Finché c’è tango c’è vita!

Un abbraccio

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