Tango: l’esilio di Barbara Sirotti

di Vittoria Maggio
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“Voglio essere ottimista, mi auguro di tornare presto in milonga in questo nuovo 2021. Mi piacerebbe pensare che questo allontanamento forzato serva a vivere più intensamente il nostro tango. Come se, dopo questo isolamento, oltre ai passi e alla tecnica, potessimo davvero ballare la gioia che pone fine all’esilio che abbiamo provato.”

C’è bisogno di gioia, di sorriso in questo nuovo anno e il suo è perfetto: accogliente, dolce, caldo, sereno.

Avvolta dalla nuvola rossa dei suoi capelli ribelli, Barbara unisce profumo domestico, profumo di viaggiatrice, profumo di artista. Profumo di Hollywood per i suoi prossimi impegni cinematografici a Los Angeles.

Non solo tango dunque è la bella Barbara, ma tanta musica, danza, recitazione, studio vero, gavetta nella polvere dei teatri, voce suadente che, uscendo da plasma e cristalli liquidi, ci accompagna seduti sul divano di casa.

In milonga Barbara la scorgi appartata, quasi in esilio, al suo defilato tavolo, nel suo sexy bustino o nel suo semplice abito bon ton. È bellissimo vedere il tanguero di turno che, attraversando la pista da cima a fondo, con camminata elegante si dirige dritto verso di lei, con lo sguardo tra il timido e l’ardimentoso, sperando in un suo positivo cenno di capo.

“Cosa mi manca del tango mi chiedi? Tutto! Mi manca l’abbraccio, il sentire l’altro, il mettermi in dialogo con l’altro, la socialità, le notti ballate fino all’ultima tanda, mi manca anche il mal di piedi…siamo in esilio da questo meraviglioso ballo, un esilio che è un paradosso perché l’esilio è il cuore del tango, è la sua dimensione di appartenenza nel sentirsi lontani, distanti, nostalgici, via dalla Patria, dalla casa, dalle cose che ami, dagli affetti.

L’esilio di questi mesi ha cancellato i confini, siamo tutti in un unico esilio, ci sentiamo tutti esuli dai nostri desideri, costretti in casa, ma la casa qual è, quella vera, quella del cuore?

Sono un’attrice, viaggiatrice per natura, per me la casa è il teatro, quello spazio, quella scenografia sempre uguale sul palcoscenico che fa casa in qualsiasi città tu sia. Cosi come quando balli tango, puoi essere a New York, Parigi, Milano, Roma, ovunque, ma la milonga, quello spazio di ballo sempre uguale, diventa la tua casa, la tua consolazione, il tuo conforto.

Come attrice ho sempre avvertito la dimensione dell’esilio: un artista è sempre in un certo senso lontano dalle convenzioni, dai ritmi…anche quando recito, sono in esilio da me stessa per lasciare spazio al personaggio che divento in scena. Scompaio, faccio silenzio, mi annullo.

È una sensazione che mi appartiene sin da ragazzina: mi sono sempre sentita poco integrata al resto, ma non ho mai provato tristezza, solitudine, anzi ho sempre avvertito appartenenza a me stessa, coerenza, bellezza.

Sono cresciuta sui tasti del pianoforte, ho un ricordo molto vivo, da bambina, a scuola quando imparavo le frazioni numeriche, per me erano prima di tutto tempi musicali! Anche se poi nella vita ho scelto la carriera di attrice, non ho mai abbandonato la musica, ancora oggi suono e canto. Per questo amo il ballo, amo il tango, la sua musica, il suo ritmo.

Mi chiedi se torneremo a ballare…Voglio essere ottimista, mi auguro di tornare presto in milonga in questo nuovo 2021.

Mi piacerebbe pensare che questo allontanamento forzato serva a vivere più intensamente il nostro tango. Come se, dopo l’isolamento, oltre ai passi e alla tecnica, potessimo davvero ballare la gioia che pone fine all’esilio che abbiamo provato. Un esilio che è nella natura stessa del tango da sempre, certo con modalità diverse, ma che forse ci era sfuggita. Ritrovare quella voglia di vivere con empatia, accogliere l’altro, amare, ascoltare la sua storia, proprio per porre fine alla malinconia della solitudine.

E in un certo senso ricreare anche solo in una tanda una patria lontana e un tempo perduto, con un abbraccio che sia davvero un rifugio per l’anima.”

Il tango preferito da Barbara è in realtà il sublime vals Desde el Alma, perché lei ama il ternario con la tipica sensazione del cerchio nel ballo e nell’ascolto; il cerchio, forma perfetta da cui tutto parte e a cui tutto torna.

Desde el Alma è stata composto nel 1911 dalla quattordicenne Rosita Melo e arrangiato dai più grandi musicisti, qui lo ascoltiamo nella versione di Osvaldo Pugliese dal Teatro Colon del 1985:

Bibliografia:

Vittoria Maggio, Desde el alma, dicembre 2016

https://www.dancehallnews.it/desde-el-alma-torna-vittoria-maggio-con-finche-ce-tango-ce-vita/

Crediti fotografici: Massimiliano Orazi

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