Pompea Santoro coach al Prix de Lausanne: quando un concorso premia davvero

di Giada Feraudo
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Dopo una carriera iniziata quando era ancora giovanissima, e proprio grazie a un concorso, Pompea Santoro, la cui missione è, da alcuni anni, quella di trasmettere ai giovani, attraverso l’insegnamento, tutto ciò che lei stessa ha imparato grazie alla danza, ci parla della sua esperienza passata e dell’ormai prossimo, importante compito che l’attende: il coaching dei partecipanti al prestigioso Prix de Lausanne.

All’inizio del mese di febbraio ti attende un incarico importantissimo: sarai coach al Prix de Lausanne.

Sono molto contenta di questo incarico: era un grande desiderio di Amanda Bennett, che con questa edizione concluderà il suo incarico alla direzione artistica del Prix de Lausanne; ci teneva particolarmente ad avere Mats Ek a Losanna. 

Come mai proprio Mats Ek?

Perché è stato proposto di far studiare ai ragazzi qualcosa di repertorio anche per quanto riguarda la sezione contemporanea. In fondo in passato anche Jirí Kylián è stato a Losanna. Ho spiegato a Mats l’importanza delle sue coreografie per i giovani, che in quest’occasione si misureranno con un assolo che non solo richiede un’ottima preparazione tecnica ma anche la capacità di interpretare un ruolo, di raccontare: non sempre questo è richiesto in una coreografia contemporanea. Abbiamo proposto due assoli molto belli, tratti dal balletto På Norrbotten; io starò in loco una settimana e vedremo come andrà. 

Dalle tue parole si percepisce come talvolta sia tu a proporre a Mats Ek di intraprendere o comunque di percorrere in un certo modo alcune strade, soprattutto quella della formazione dei giovani. È vero? 

Sono io a ricordargli spesso quanto il suo lavoro sia importante per i giovani perché so quanto è servito a me per la mia formazione: mi ha dato un’idea della danza meravigliosa. Io non sarei mai rimasta nel mondo della danza se avessi scelto il classico. Personalmente non ho mai cercato la danza nella mia vita, diciamo che è stata lei a scegliere me: all’inizio è stata una scelta fatta da mia madre per me, nella quale poi mi sono trovata bene perché il mio talento mi ha permesso di studiare con gioia senza mai forzare troppo. Poi è successo che a soli sedici anni ho incontrato Mats: da allora è davvero cambiato tutto perché in quel momento ho capito che io avevo bisogno di quella danza, che mi permetteva di scavarmi dentro e di andare in fondo a me stessa, non di quella che stavo facendo prima. Ecco perché continuo tuttora a stare accanto a Mats. Grazie a lui oggi mi ritrovo ad avere un grande patrimonio che devo e voglio investire. Dove? Semplice: sui giovani. 

Cosa ne pensi dei concorsi, credi siano utili per i giovani danzatori?

La partecipazione ai concorsi secondo me è assolutamente negativa per i bambini perché crea una competizione malsana e tante delusioni. È vero, il vincitore è felice, però gli stiamo insegnando a essere un campione, non a studiare danza. Il concorso è utile quando i ragazzi hanno già tredici, quattordici anni, per farsi vedere da un direttore di accademia. In questo caso sono un’ottima opportunità. La prima cosa da fare per un insegnante che ha un bravo allievo e vuole presentarlo a un concorso è guardare chi c’è in giuria perché questo può costituire una buona occasione per avere una borsa di studio o per entrare in un’accademia, come nel caso di Losanna. I concorsi sono utili quando sono usati bene, altrimenti sono un grande business, come tutte le cose, come Facebook, tanto per fare un paragone attuale: se lo usi impropriamente può essere negativo ma se lo usi nel modo giusto è un mezzo di comunicazione eccezionale.

Per te in prima persona la partecipazione a un concorso ha segnato una svolta nella tua vita.

Appunto perché l’ho vissuto in prima persona non sono assolutamente contro i concorsi: sono contraria ai concorsi che non portano a nulla. Il concorso è utile se sai che potresti essere notato da qualcuno in giuria, in questo caso è un ottimo trampolino di lancio, come lo è stato per me. Se non avessi partecipato alla prima edizione del concorso Tersicore, nel 1978, che all’epoca era uno dei pochissimi esistenti, (non c’era ancora nemmeno quello di Spoleto), a cui il mio maestro mi iscrisse perché aveva visto i componenti della giuria (Bianca Gallizia, Margherita Parrilla, Roberto Fascilla, Alberto Testa, insomma tutti i grandi nomi della danza del momento), forse adesso non potrei raccontare tutto ciò che ho fatto. Lì ho avuto la mia occasione, vinsi il concorso e come vincitrice fui poi invitata al Festival di Spoleto, che fu il mio vero punto di partenza: fu Alberto Testa, che era in giuria al concorso Tersicore, ad invitarmi a Spoleto, dove c’era Pippo Carbone che mi portò in Svezia. Da lì ha avuto inizio il mio percorso.

A Losanna tu non sarai membro della giuria ma sarai coach, quindi il tuo lavoro verterà principalmente sulla preparazione dei candidati.

No, non sarò in giuria ma preparerò i ragazzi ammessi alle fasi eliminatorie. A me questo lavoro piace in modo particolare, voglio trasmettere loro qualcosa di me, di ciò che ho imparato io, è questo che mi interessa. Personalmente non mi piace essere in giuria perché non amo “dare il voto”, però mi sono ripromessa di continuare a partecipare quando ne ho la possibilità perché nei concorsi mi è capitato spesso di incontrare ragazzi validi e meritevoli che in seguito ho aiutato nella formazione e nel trovare un lavoro.

Quale aspetto del Prix de Lausanne ritieni particolarmente valido?

Quello che apprezzo in modo particolare di Losanna, che secondo me è un concorso straordinario, è che per tutta la durata del concorso la giuria assiste alla fase di preparazione e vede i ragazzi anche a lezione, che è quello che cerco sempre di fare io, perché una cosa è vederli ballare sul palco, un’altra è vederli studiare in sala prove. La variazione presentata in scena è la parte finale di un lavoro durato mesi, la preparazione è, a mio avviso, molto più  interessante.

Del resto Losanna è nato, nelle intenzioni dei suoi fondatori, con questi obiettivi, e il fatto che siano ancora i medesimi dopo tanti anni lo rende un’istituzione autorevole e in grado di offrire opportunità concrete.

Losanna è un concorso davvero serio, che aiuta veramente i ragazzi perché sono presenti tutti i direttori delle accademie e si ingrandisce sempre di più perché quest’anno si sono aggiunti altri partner, tra cui l’Accademia di Montecarlo. I giovani hanno la possibilità di vincere borse di studio e questo è straordinario. Anche coloro che sono scartati durante le fasi eliminatorie hanno comunque l’opportunità di continuare a studiare con gli altri e ciò permette loro di essere sotto gli occhi dei direttori delle accademie che vengono ad assistere alle lezioni e che spesso li scelgono come beneficiari di borse di studio, perciò anche senza arrivare primi al concorso si può vincere comunque qualcosa di importante.

Naturalmente accanto a te ci saranno altri grandi professionisti della danza, tra cui ad esempio Cynthia Harvey, che da aprile sarà la nuova direttrice della scuola dell’American Ballet Theatre.

Sì, quest’anno Cynthia è al posto di Monique Loudières, che è stata a Losanna negli ultimi anni. Sono entrambe professioniste e donne meravigliose, molto vicine a me nel pensiero e nel modo di lavorare. Trovo giusto che ci sia un ricambio, questa è una cosa che in Italia non è tanto usuale: bisognerebbe capire invece che il rinnovo è fondamentale per consentire di avere sempre una certa freschezza e per evitare, con il passare del tempo, di fossilizzarsi sulle stesse cose, perché niente può durare per sempre, tutto cambia. 

Quale consiglio daresti ai ragazzi che parteciperanno a questo Prix de Lausanne?

Chi arriva fisicamente a Losanna ha già vinto. Tuttavia il consiglio che mi sento di dare è quello di non aspettarsi mai nulla ma di concentrarsi sul lavoro, dimostrando di avere anche un cervello oltre al talento. Non bisogna imporsi ma farsi notare dando il massimo di sé stessi in maniera molto onesta. Per un giovane ballerino questo è difficile da capire perché è qualcosa che si matura con l’esperienza, è compito di noi insegnanti far sì che i giovani comprendano queste cose il prima possibile, perché la carriera di un danzatore, si sa, è breve, e non permette perdite di tempo.

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