Perché un danzatore contemporaneo dovrebbe prendere lezioni di classico?

di Lia Courrier
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Perché un danzatore contemporaneo dovrebbe prendere lezioni di danza classica?

Questa è una domanda che ricorre spesso nel mio lavoro. Nella percezione di chi fa ricerca del movimento, questa disciplina spesso viene vissuta come una forzatura innaturale del corpo in forme predefinite e puramente estetiche. In molti sostengono che possa addirittura essere dannosa perché irrigidisce il corpo e forza sulle articolazioni. Nonostante sia io la prima a non credere nel dogma che la danza classica sia l’unica base possibile per formare un danzatore, chi è così prevenuto nei confronti di questa bellissima disciplina rispondo che molto dipende dalla modalità con cui si pratica: una lezione diretta ai ballerini è ovviamente diversa da una classe pensata e strutturata per un gruppo di danzatori contemporanei, che hanno necessità e obiettivi differenti. Esistono maestri in grado di offrire una simile proposta formativa, con esperienze trasversali alle spalle, che li hanno aiutati a conoscere la danza nella sua natura multiforme. Questo permette a qualsiasi tipologia di danzatore di trovare la classe di balletto che più si avvicina alle proprie necessità, nel rispetto del lavoro sul corpo che riguarda la propria personale ricerca.

La danza classica è presente nella maggior parte dei programmi formativi diretti alla danza contemporanea e in fondo, se ci pensate bene, si tratta pur sempre dello stesso corpo, dello stesso strumento! Se il conduttore, ad esempio, ha esperienze somatiche nel suo bagaglio, sarà in grado di condurre una classe di balletto partendo da quei principi del movimento che riguardano la bio-meccanica, la bio-dinamica e la fisiologia del corpo umano: in questo modo ogni studente potrà attingere alla ricchezza che il balletto offre a chi lo pratica, ma senza creare alcun tipo di conflitto.

Una delle tante qualità che la danza classica dona a chi la pratica, ad esempio, è una grande chiarezza nell’organizzazione del corpo nello spazio, ossia nelle direzioni in cui si rivolge, non solo nella sua interezza, ma in ogni suo singolo segmento. Vaganova e Cecchetti hanno dato dei punti di riferimento molto precisi per orientare il corpo nelle varie direzioni spaziali, donando alla figura notevole dinamismo e rendendo ancora più seducente l’estetica di questo linguaggio grazie alla tridimensionalità e alla profondità.

Poi veniamo alla questione musicale: molto spesso nella coreografia contemporanea la musica viene utilizzata quasi come colonna sonora. Si tratta spesso di musica sperimentale, che non sempre ha dei riferimenti chiari con ciò che avviene nella danza. La coreografia contemporanea non ama costruire movimenti perfettamente aderenti alla partitura: a volte ci sono degli appuntamenti musicali, o si utilizzano delle ‘stanze’, ambienti sonori che cambiano per evocare atmosfere, altre volte si danza sul silenzio, e la musica è quella del respiro o i suoni che il corpo produce muovendosi. Avere tutte queste possibilità è meraviglioso: il movimento può avere relazioni di svariata natura con la musica, si può scegliere di andare contro, o addirittura di non seguirla affatto e lasciarla lì, come una presenza distratta. Tutto dipende da cosa si vuole raccontare, quali storie si vogliono incarnare. Però per rompere gli schemi bisogna conoscerli, ed è qui che la danza classica accorre in aiuto a chi non è abituato a fare un lavoro certosino con i fraseggi musicali. Nel balletto ogni movimento della musica accompagna un movimento del corpo, non si può sbagliare, è come solfeggiare danzando, e posso assicurarvi che nelle nuove generazioni, così poco avvezze ai ritmi che non siano 4/4, questo tipo di allenamento è un lavoro durissimo da affrontare, a meno che non si possegga una innata sensibilità musicale, o non si sia ascoltata molta musica classica da giovani.

Infine la potenza e la forza nel corpo. Una forza esplosiva, se pensiamo che nella classe di balletto è prevista una intera sessione di salti, dai più piccoli ai più grandi, a cui si arriva dopo un lungo lavoro prima alla sbarra e poi in centro. Ma anche la forza per distendere il corpo nello spazio, con chiarezza, come abbiamo visto, utilizzando gli strumenti sopra citati. Nel balletto impariamo ad allungare una gamba fino alla punta delle dita, le braccia si dispiegano come se fossero ali, e mantengono quella tensione molto a lungo. Con lo studio del balletto ci spingiamo fino ai confini della nostra pelle, e da lì cominciamo a costruire una danza energetica e invisibile che dalla pelle si emana, a riempire lo spazio attorno al corpo.

La lezione di balletto dedicata ai danzatori contemporanei non ha obiettivi performativi, i danzatori non andranno mai in scena a fare 32 fouettés (il che non vuol dire che non sappiano farli egregiamente), hanno scelto di fare altro, di abbracciare linguaggi con intenzioni drammaturgiche differenti, per questo cerco di offrire loro il cibo di cui hanno bisogno, applicando gli stessi principi che utilizzano nel loro lavoro, ad un materiale che spesso ai loro occhi appare come un polveroso pezzo da museo. Li aiuto a scoprire che la bellezza sta nel modo in cui sono presenti a loro stessi, alla consapevolezza che mettono in ogni singolo movimento, e non nelle pose da copertina da cui le nuove generazioni sono ossessionati. Il loro senso estetico totalmente condizionato.

La lezione di balletto così diventa per loro uno strumento per rendere il corpo pronto, reattivo e vigile, un completamento del loro bagaglio, un modo anche per essere versatili alle richieste dei coreografi.

Così come penso che i ballerini classici dovrebbero regolarmente prendere lezioni di danza contemporanea, contact e improvvisazione, per arricchire il proprio vocabolario e sostenere questa meravigliosa evoluzione che il balletto sta vivendo, sono convinta anche che i danzatori contemporanei potrebbero solo trarre giovamento da una buona, intensa, tonificante lezione di danza classica.

Foto per gentile concessione di Artichoke formazione danza ricerca, autore Costanza Genolini.

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