Per #storiedidanza, Giada Feraudo ci presenta “La Fille du Pharaon”

di Giada Feraudo
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Prima rappresentazione assoluta: San Pietroburgo, Teatro Marinskji, 30 gennaio 1862
Balletto in un prologo e tre atti
Coreografia di Marius Petipa
Libretto di Vernoy de Saint-Georges e Marius Petipa
Musica di Cesare Pugni

La fille du Pharaon era originariamente un balletto à grand spectacle, che rappresenta, nella danza, una tendenza parallela a quella che nella musica si identifica con il grand opéra. La durata era di circa quattro ore e metteva in scena una grande varietà di stili e tecniche, oltre che un grande numero di artisti, circa quattrocento secondo le fonti.

Rientrato dopo una lunga assenza nel repertorio ballettistico nel 2000 grazie alla produzione del Bolshoi, fu commissionato e rappresentato per la prima volta in occasione dell’addio alle scene di Carolina Rosati, celebre prima ballerina dell’epoca, e, negli anni, fu anche un grande banco di prova per altre celebri danzatrici del periodo, quali Virginia Zucchi, Matilde Kshesinskaja e Anna Pavlova.

Questa produzione rappresentò per Marius Petipa una scommessa e, nello stesso tempo, un grande successo personale in quanto gli valse la promozione a Secondo Maître de Ballet. L’allora trentaseienne Carolina Rosati, guest del Marinskji, si apprestava a concludere la sua carriera, ed era suo desiderio dare l’addio alle scene con un lavoro di Petipa. Il direttore dei Teatri Imperiali però, a corto di fondi, rifiutò di assegnare a Petipa l’incarico. Quando quest’ultimo, accompagnato dalla Rosati, si presentò a lui reclamando ciò che contrattualmente non poteva essergli negato, ovvero di produrre un nuovo balletto, ma il tempo a disposizione per l’eventuale debutto era ormai prossimo. Il Direttore gli chiese se sarebbe riuscito in sette, massimo otto settimane, a mettere in scena una nuova produzione. Dopo soltanto sei settimane il nuovo balletto era pronto e il suo successo fu grande nonostante alcune critiche, soprattutto a Mosca, dovute a diverse imprecisioni storiche e alla mescolanza di stili derivanti principalmente dal gusto per il folklore che caratterizzava le produzioni di Petipa, il quale, anche in questo caso, fece risaltare le danze di improbabili baiadere nel loro costume nazionale, mescolandole a celebrazioni rituali dei fiumi.

La fonte letteraria del balletto è Le Roman de la Momie di Théophile Gautier, scrittore esponente dell’esotismo letterario francese che offrì al pubblico dell’epoca vari espedienti romantici fra cui l’appassionata storia d’amore fra la figlia del grande sacerdote Tahoser e il Faraone, ambientata in un Egitto biblico (aspetto totalmente assente nel balletto) e il gusto gotico per gli antri tetri e le oscure tombe. Ciò che il balletto mantiene dell’atmosfera del romanzo di Gauthier è il senso del fantastico e la presenza di personaggi ai confini tra la vita e la morte, le due condizioni estreme dalle quali prende spunto tutta l’arte egizia.

L’interesse per l’antico Egitto fu risvegliato da avvenimenti politici e archeologici di quegli anni: la scoperta, nel 1851, del Serapeum a Menfi e lo scavo del Canale di Suez nel 1859, oltre che dai resoconti delle élite di ritorno dal Gran Tour.

La trama

Prologo.

La scena si apre sul deserto egiziano, con una carovana di mercanti armeni che si accampa per la notte. Giungono presso di loro due viaggiatori, il giovane Lord Wilson e il suo servo Bull, e i mercanti li invitano a unirsi a loro per ristorarsi. Durante un intrattenimento danzato da un gruppo di schiave una tempesta di sabbia si abbatte sull’accampamento e il gruppo trova riparo in una piramide.

Ai piedi della statua del Faraone i mercanti siedono fumando oppio. Il custode della piramide li raggiunge e Lord Wilson gli offre delle monete d’oro. Il vecchio custode gli spiega il significato di vari geroglifici e gli mostra il sarcofago contenente i resti della figlia prediletta del Faraone, Aspicia. Wilson si unisce al gruppo di fumatori d’oppio con Bull e, poco dopo, cade in un profondo sonno. Dal sarcofago prende forma la bellissima figlia del Faraone, mentre il vecchio custode prende le sembianze di un genio, e con una serie di incantesimi, risveglia tutte le mummie della piramide, richiamandole a sé. Aspicia mette una mano sul cuore del giovane Wilson, trasportandolo nel passato.

Atto I

Il Faraone è alla guida di una battuta di caccia ai leoni, accompagnato anche dalla figlia prediletta, che in un momento di riposo siede con tutte le sue inservienti, tra le quali Ramzé, la sua preferita. Arrivano allora Lord Wilson e Bull che, sotto l’influenza dell’oppio, si presentano rispettivamente come Ta-Hor e Passifont, e vengono accolti nel gruppo. Qualche cacciatore corre ad avvisare della presenza di un leone proprio mentre questo, nello scompiglio generale, prende ad inseguire la fuggente Aspicia. Ta-Hor allora interviene e con una lancia uccide la fiera. Arriva il Faraone e subito Aspicia gli presenta Ta-Hor come il proprio salvatore: il Faraone nel ringraziarlo lo invita a palazzo.
Nelle stanze della residenza del Faraone Ta-Hor non si lascia sfuggire l’opportunità di svelare alla bellissima principessa il suo amore per lei. Giunge il Re di Nubia, arrivato a palazzo per chiedere la mano di Aspicia. Il Faraone acconsente alla richiesta e ai due giovani innamorati non resta che organizzare una fuga, con l’aiuto di Passifont e Ramzé. Durante la festa per la celebrazione delle prossime nozze i due fuggono attraverso una porta segreta. Ricevuta la notizia il Faraone ordina di ricondurgli la figlia, costringendo Ramzé a svelargli ciò che sa dell’accaduto. Intanto il Re di Nubia, scosso più che mai, scopre il passaggio segreto e si mette alla ricerca della promessa sposa.

Atto II

I due amanti accompagnati da Passifont trovano rifugio ed ospitalità nelle umili dimore di un gruppo di pescatori presso le rive del Nilo, i quali offrono loro cibo e bevande e li invitano ad unirsi alle loro danze. Per ricambiare tanta gentilezza Ta-Hor propone il suo aiuto per la pesca serale. In sua assenza Aspicia viene raggiunta e scoperta dal Re di Nubia, determinato a ricondurla a palazzo, ma lei lo rifiuta e minaccia di gettarsi nel Nilo: egli cerca allora di evitare il folle gesto della bella principessa ma non fa in tempo a raggiungerla che lei si lancia nel fiume e viene inghiottita dalle acque. Tornano nel frattempo Ta-Hor e Passifont che, immediatamente, vengono arrestati dalle guardie del Re.
Il corpo di Aspicia è trasportato dalla corrente all’interno di una grotta, dove siede su un trono il Re del Nilo, circondato da naiadi, ondine e altri spiriti delle acque. Questi, impressionato dalla bellezza della giovane, la riconosce quale figlia del Faraone e in suo onore dà inizio ad un gran festeggiamento, a cui partecipano gli spiriti delle acque di tutti i paesi vicini. La giovane viene presentata come fata delle acque e condotta al cospetto del Re del Nilo. Ella lo implora di fargli rivedere il proprio innamorato ed egli acconsente, producendolo in una magica visione. Ma Aspicia non può abbracciarlo e allora, dopo altre vivaci suppliche, convince il Re del Nilo a farla tornare sulla terra. Racchiusa nel guscio di una grande conchiglia, come perla al suo interno, la principessa riemerge dagli abissi del regno del Nilo.

Atto III

A palazzo il Faraone interroga i suoi Gran Sacerdoti circa la sorte della figlia, ma essi non sanno rispondergli. Arriva il Re di Nubia portando i prigionieri Ta-Hor e Passifont, e comunica al sovrano che non sa cosa sia accaduto ad Aspicia. Egli interroga allora Ta-Hor, che dichiara più volte di non sapere cosa sia accaduto. Preso dalla collera il Faraone ordina di far uccidere i prigionieri ma Ramzé lo avvisa del ritorno di Aspicia, che riabbraccia il padre e gli racconta quanto accaduto, implorandolo di risparmiare Ta-Hor. Il Faraone rendendosi conto che il Re di Nubia gli ha mentito, lo ammonisce ordinandogli di lasciare immediatamente il palazzo ma nulla sembra smuoverlo dalla decisione di sacrificare la vita di Ta-Hor e Passifont. Come gesto estremo Aspicia si getta dunque fra le braccia del suo innamorato, preparandosi a morire con lui morsa da un cobra velenosissimo. Il Faraone ferma immediatamente l’esecuzione e, intenerito dall’amore dei due giovani, acconsente alle loro nozze. Il re della Nubia se ne va in preda alla rabbia minacciando vendetta.  I festeggiamenti hanno inizio ma, quando la festa raggiunge il suo apice, l’effetto dell’oppio finisce e Ta-Hor si ritrova nei suoi panni di Lord inglese, all’interno della piramide. Fuori la tempesta è cessata e, uscendo, il nobile lancia un ultimo sguardo alla bara di Aspicia, ricordando l’amore che, in un altro tempo, hanno condiviso.

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