Lia Courrier e l’infanzia di un danzatore: “Mamma, mi porti a danza?”

di Lia Courrier
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Nella vita di un bambino può farsi strada spontaneamente la necessità di guardare al movimento come mezzo di comunicazione alternativo al linguaggio parlato. Alcuni di loro non resistono al richiamo della musica, cedendo al movimento per improvvisare danze istintive, solo all’apparenza scomposte. I bambini molto piccoli, infatti, hanno una capacità innata di organizzare il corpo nel movimento, liberi da sovrastrutture sociali e culturali, ed è un vero piacere vederli saltare, rotolarsi e dimenarsi quando eseguono le loro folli imprese danzanti. Questa libertà creativa è un patrimonio con cui sarebbe opportuno non interferire portando i bambini, in età della prima infanzia, a seguire lezioni di danza classica, poiché questa disciplina contiene intrinsecamente una serie di regole che inibiscono la spontaneità del movimento per favorire controllo e precisione del gesto. Oggi viviamo un’epoca in cui la competitività e la spinta a dare sempre il massimo riguarda tutti, fin dai primissimi anni di vita, sebbene le risorse di cui il corpo e la mente umana dispongono siano pressoché le stesse da secoli, per questo nutro dei dubbi su tutto questo affannarsi per costringere i bambini piccoli a fare le cose dei grandi. Una tendenza, questa, già presente nella scuola, che spinge per cominciare le proprie carriere formative già a cinque anni, per non parlare delle discipline artistiche, dove tutti sembrano perennemente a caccia del piccolo prodigio, come in quelle trasmissioni canore dove bimbi piccoli sono chiamati a cantare canzoni da adulti che parlano di faccende da adulti, con il vocione da adulto. Dove sono finite le canzoni popolate da coccodrilli e sveglie birichine? Per me esiste un’età giusta in cui cominciare lo studio della danza classica, che ho collocato al compimento dei dieci anni. Sostengo questo per diverse motivazioni: prima tra tutte lo stress a carico della struttura scheletrica e muscolare, in seguito ai movimenti previsti nella tecnica classica. Il corpo umano completa la calcificazione del tessuto osseo intorno ai 25 anni, sebbene la struttura scheletrica conservi proprietà plastiche per tutta la vita. Tra i 5 e i 9 anni, però, età nella quale moltissimi bambini seguono corsi di danza classica, si rischia di interferire con le forze di crescita, e questo potrebbe avere conseguenze importanti sul lungo termine. Poi c’è anche un altro aspetto, che riguarda la sfera emotiva, non meno importante: lo studio del balletto inibisce in parte l’immaginario creativo dei bambini, impedendogli di svilupparsi ed esprimersi liberamente e con il consueto estro creativo che li contraddistingue in questa fase della crescita.

Questo non vuol dire che i bambini desiderosi di parlare attraverso il corpo debbano aspettare fino ai dieci anni per entrare in sala a scatenarsi! Esistono infinite occasioni per fare esperienze con il corpo espressivo: biodanza, laboratori teatrali, propedeutica e varie sperimentazioni sul movimento e sull’improvvisazione, sotto la guida di insegnanti con grande esperienza che hanno alle spalle percorsi con la danza, ma anche con la pedagogia, la psicomotricità e tante diverse discipline somatiche. Questo consente ai bambini di trarre il meglio dal movimento, lasciando intatto il proprio istinto motorio, in un progetto formativo ed educativo che si muove secondo regole a loro comprensibili, perché vicine all’ambito del gioco, in modo idoneo alle varie fasi del loro sviluppo fisico e cognitivo. I bambini possono raccontare storie, raccontare sé stessi, sperimentare la relazione e la collaborazione con l’altro, col gruppo e con lo spazio, sviluppando al contempo un proprio linguaggio e il senso del ritmo, che non sono quelli imposti dagli adulti, perché attingono direttamente dalla loro inesauribile sorgente creativa, senza imposizioni dall’esterno che non siano finalizzate ad aprire questo importante spazio per comunicare.

So di dire qualcosa di impopolare, dal momento che i corsi di danza classica per le piccole sono sempre i più popolati, ma disponiamo di argomentazioni valide per chiarire ai genitori perché non è sano praticare danza classica a tre anni, o perché non si possono mettere le scarpette da punta a nove. Di certo si sentiranno rassicurati dal percepire questa attenzione da parte dell’insegnante di danza, con l’unico obiettivo di permettere ai bimbi di praticare una disciplina artistica che promuova lo sviluppo del corpo in armonia con la sfera creativa ed emotiva. Non bisogna essere sempre accondiscendenti con le richieste dei genitori, non per essere scortesi, ma poiché spesso sono totalmente digiuni di informazioni utili per la scelta del percorso coreutico più adatto ai propri figli. Il nostro lavoro è proprio quello di guidarli e aiutarli attraverso la condivisione e il dialogo. Potrebbero storcere il naso forse, all’inizio, perché sognano di vedere la propria figlia sollevarsi sulle punte dei piedi nelle scarpette più romantiche del mondo, ma quando spiegheremo loro che quelle scarpe potrebbero creare dei problemi allo sviluppo dello scheletro, se indossate troppo presto o senza avere le necessarie caratteristiche fisiologiche e di forza, capiranno che la vostra scelta è per il bene della loro bambina, per consentirle di danzare con gioia, libertà e la consapevolezza di avere sempre libero accesso al proprio immaginario, preparandola al meglio per affrontare tutto ciò che la danza le riserverà in futuro.

È così che la nostra professionalità potrà essere riconosciuta.

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