Lia Courrier: “Buon En Dehors a tutti!” – seconda parte

di Lia Courrier
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Rieccoci qui a parlare della tipica rotazione esterna dei femori, presente come condizione di base nella danza classica, conosciuta da tutto il mondo come en dehors. Si tratta, come abbiamo già detto, di un’azione costante e reiterata nel tempo, per questo è così importante controllare che i nostri allievi la mantengano nel modo corretto, perché sul lungo termine l’usura, insidiosa e silenziosa, potrebbe all’improvviso presentare un conto molto salato.

Mi piace immaginare la nostra colonna vertebrale come un albero forte e robusto, che ci sostiene, e le gambe quindi sono le sue radici, che affondano nella terra e ci danno forza. Quando il nostro appoggio non è stabile, poiché i piedi sono forzatamente ruotati oltre il limite sostenibile, la nostra base non sarà in grado di sostenere il movimento, poiché non riuscirà a radicarsi bene, e la nostra sarà una danza claudicante, insicura, che non è in grado di imporsi nello spazio. La struttura corpo, inoltre, è suscettibile alle sollecitazioni cui la sottoponiamo con il nostro lavoro, in particolar modo nella fase di crescita e sviluppo, ma in generale per tutta la vita, per cui è molto importante che nel nostro modo di danzare, e di insegnare la danza, non ci siano richieste eccessive che potrebbero deformarla o usurarla oltre il limite tollerabile.

Le ginocchia, per esempio, subiscono una torsione innaturale ed eccessiva quando i gradi di rotazione esterna non sono omogenei su tutta la lunghezza della gamba, intaccando soprattutto legamenti, menischi ma anche la cartilagine dell’articolazione. Bisogna spiegare agli allievi che il ginocchio è una struttura estremamente delicata, e la sua vulnerabilità aumenta ancora di più in quanto stiamo parlando di una delle articolazioni che esercitano il difficile compito di sostenere il peso del corpo. È essenziale assicurarsi che le rotule guardino nella stessa direzione delle dita dei piedi, con l’obiettivo di rendere le nostre radici forti e capaci di suggere nutrimento dal suolo per la nostra danza, e che non guardino in avanti, per non creare torsioni insostenibili e dannose.

Una volta Jeremy Nelson, formidabile maestro di release tecnique, durante un seminario a cui partecipavo ci disse: “per poter danzare, la prima cosa da capire è dove esattamente il femore si articola con il bacino”. Questa frase ha lavorato dentro per molto tempo, prima che riuscissi a comprenderla con il corpo, oltre che con la mente, ed essere in grado di trasmetterla ai danzatori con i giusti suggerimenti e le immagini più indicate. Per aiutare i nostri allievi a non farsi male, danzando con consapevolezza e controllo, possiamo servirci di tavole o modelli anatomici, mostrando loro quali sono i gruppi muscolari ingaggiati per fare tutte queste azioni. Potremo verificare come soltanto l’aver analizzato bene il percorso di un muscolo, automaticamente ne risveglia la propriocezione, oppure come un’attenta osservazione della forma della testa del femore, la modalità con cui viene alloggiata nell’acetabolo e la posizione dei trocanteri durante la rotazione esterna, risvegli una certa chiarezza sulla mobilità di quella articolazione, in modo del tutto spontaneo anche a livello esperienziale. Poi ci sono le parole che usiamo per dare indicazioni e spiegare, che vanno scelte attentamente per poter indirizzare l’attenzione nella giusta direzione. Molto meglio chiedere di ruotare i femori, o di ruotare le rotule, piuttosto che usare parole che si focalizzano solo sull’apertura dei piedi. La cosa più importante in assoluto però, nella mia esperienza, è stimolare attraverso il tocco. Agendo all’attaccatura della gamba, appena sotto ai glutei, possiamo dolcemente suggerire il movimento di rotazione esterna a partire da lì, anziché correggere l’en dehors agendo dai piedi. Tutti questi piccoli accorgimenti smorzeranno l’eccessiva attenzione posta su questa fatidica quinta posizione serrata o sulla prima posizione ad angolo piatto, spostandola invece sulla corretta azione per ruotare tutta la gamba e su ciò che bacino e colonna devono fare per stabilizzarsi, osservando come l’en dehors sia un movimento spiroidale che proviene principalmente dal centro del corpo per arrivare fino alle dita dei piedi, come se nella percezione del danzatore le gambe dovessero cominciare addirittura dall’ombelico. L’en dehors è un movimento della testa del femore nell’acetabolo, come diceva Jeremy: l’azione del piede è come una risposta ovvia ad una chiara domanda, indispensabile per rendere più stabile l’intero arto. Ecco come potremo ottenere la nostra prima posizione migliore, anche a 180 gradi se il nostro corpo ce lo consente, ma che appare così in virtù di un pensiero, di un percorso basato sulla conoscenza e sul rispetto. L’en dehors è qualcosa di molto concreto, che tutti noi possiamo sentire e padroneggiare solo se rispettiamo i limiti che il nostro corpo ci mostra volta per volta, altrimenti potremmo quasi pensare che esista un mito dell’en dehors: qualcosa di cui tanto si parla ma che nessuno ha mai visto o sentito davvero!

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