Una boccata d’ossigeno. Lia Courrier e la libertà in un respiro.

di Lia Courrier
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La danza classica è una disciplina complessa. La progettualità del movimento che questo tipo di vocabolario richiede, comporta una tale quantità di cose da gestire contemporaneamente che a volte viene spontaneo contrarre tutto, dalla testa ai piedi, senza neanche respirare, come se persino le funzioni di base fossero qualcosa in più che in quel momento non ci si può permettere di controllare. Mi ritrovo molto spesso ad urlare ‘respiraaaaa!’ o a suggerire io stessa l’azione, facendo sonore espirazioni al punto da rischiare di andare in iperventilazione, mentre le persone che ho davanti si ostinano a non emettere una sola molecola di Co2. Questo riflesso automatico di trattenere il fiato mentre si danza è una delle prime cose su cui amo indagare quando mi trovo di fronte ad un nuovo gruppo, perché credo fermamente che questo aspetto del lavoro, insieme ad un corretto allineamento, siano la base di qualsiasi pratica corporea. Il respiro è l’unica funzione del sistema nervoso autonomo sulla quale abbiamo la possibilità di agire volontariamente e questa azione, se svolta consapevolmente, avrà degli effetti nella totalità del corpo. Un’adeguata, ampia, appagante respirazione, in entrambe le fasi, non ha effetti positivi solo a livello fisiologico, per l’approvvigionamento di ossigeno, ma anche nella sfera emotiva e infine, ma non meno importante, sulla qualità del nostro movimento. Invito i danzatori ad osservare la propria respirazione durante l’esecuzione degli esercizi, senza fare nulla, solo ascoltare. Già nel fare questo spesso compaiono le prime difficoltà, perché non si riesce a porre attenzione al respiro o perché ci si accorge che non ha una qualità soddisfacente. Allora suggerisco di non cercare semplicemente di respirare nel movimento, ma piuttosto di ribaltare il punto di vista e provare a muoversi nel respiro, capovolgendo ogni consuetudine. Buddhadasa, nel suo libro ‘ La consapevolezza del respiro ‘ , mi ha donato questa idea, sottile e poetica, di immaginare il respiro come un corpo dentro al nostro corpo. Così per me il corpo che danza contiene in sé un corpo che respira. Ed è proprio questo corpo interno, leggero, potente e pulsante, che permette a quello esterno di muoversi con consapevolezza e integrazione. Possiamo osservare il respiro che si gonfia e si estende fino ad occupare tutto lo spazio disponibile, senza limitarsi alla regione toracica, e lasciare che questi due corpi, uno dentro l’altro, si muovano insieme in una armonia danzante. Ripeto queste informazioni quasi ad ogni lezione, perché ogni corpo ha i suoi tempi di metabolizzazione. Poi, all’improvviso, scatta qualcosa, il concetto matura e il corpo COMPRENDE DI AVER COMPRESO. Il respiro si prende il ruolo che gli compete e avviene qualcosa di straordinario, un cambiamento improvviso e simultaneo nella totalità del corpo: gli spazi interni e quelli esterni si aprono, come se diventassero più grandi. Il peso scende fluidamente lungo le gambe, i piedi cominciano a dialogare con il pavimento, tutte le tensioni superflue svaniscono e finalmente la danza vive gioiosa, espandendosi e contraendosi come se tutto il corpo, in ogni sua parte, agisse in armonia con la respirazione. La bellezza dello sguardo quasi incredulo, di chi si sente totalmente dentro al proprio corpo, che risponde secondo un’organizzazione intelligente, tocca sempre una corda sensibile in me. La loro felicità è anche la mia. In quel momento sento il mio stesso corpo prendersi una bella boccata d’ossigeno, anche io percepisco un senso spaziale amplificato, i miei polmoni si riempiono e si svuotano in profondità, partecipi di questa ritrovata libertà.

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