“Serata Nuova Coreografia”: un’altra sfida vinta dall’Aterballetto.

di Sabrina Ronchetti
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Aterballetto torna a far parlare di sé grazie alla “Serata Nuova Coreografia” svoltasi il 9 Luglio a Reggio Emilia, non in Fonderia, ma all’aperto e precisamente ai Chiostri di San Pietro, splendido complesso benedettino e location ideale per ospitare sperimentazioni artistiche come quelle dell’altra sera. 

In scena le coreografie di quattro danzatori della compagnia a cui è stata offerta la possibilità di presentare le proprie creazioni, grazie ad un progetto che accomuna Aterballetto alle più grandi compagnie del mondo. 

Un nutrito numero di spettatori era presente ai Chiostri di San Pietro, nonostante il tempo infausto, attirati dalla curiosità di vedere le coreografie di Valerio Longo, che ha già creato in passato per la compagnia, di Hektor Budlla e di Roberto Tedesco, alla loro prima volta, e di Philippe Kratz, alla sua quinta creazione per Aterballetto. 

Valerio Longo apre lo spettacolo con: “Nude Anime”, (unica coreografia della serata già rappresentata il 30 Aprile in Fonderia), in cui sceglie di mettere a nudo l’“Essere” femminile fatto di amore, dolcezza, intimità ma anche violenza, con otto splendide danzatrici della compagnia, tra cui spicca Johanna Hwang, che, coi loro corpi dai movimenti a tratti sinuosi e a tratti nervosi, ci spingono a cogliere le complesse contraddizioni insite nella sensibilità che caratterizza le donne. La profondità del sentire di Longo si rivela soprattutto negli assoli che diventano qui un grido d’aiuto contro le infelicità, contro le solitudini in cui spesso le donne si trovano a vivere; mentre è la conclusione, corale, ad offrire uno spunto di speranza e a guidarci verso l’unica chiave di salvezza che altro non è che affidarsi al sostegno e all’aiuto reciproco.

Cambio d’atmosfera con “Revolution” di Hektor Budlla, che aveva già anticipato nell’intervista rilasciata al nostro giornale il percorso creativo che lo ha portato alla realizzazione della sua prima coreografia. Punto centrale del messaggio è che in ognuno di noi dimora lo spirito della ribellione, ma che, alla fine, per paura di distinguerci troppo o per paura dell’ignoto, finiamo per adattarci alla realtà piuttosto che a cambiarla, standardizzando i nostri comportamenti e le nostre scelte. Infatti, i quattro danzatori-manichini che vengono sistemati in scena e depositati in un magazzino, vengono inizialmente tutti etichettati e, una volta lasciati soli, prendono vita in un assieme che li fa interagire tra loro attraverso movimenti di assoluta fluidità e di potenza quasi elettrica, eseguiti con grande precisione dai quattro ballerini. É durante questa danza che ad un manichino cade l’etichetta ed inizialmente è disperso, frastornato. Capisce però il potenziale rivoluzionario insito nella sua nuova condizione e da lì inizia il suo assolo alla ricerca di nuove forme espressive più personali, che lo distinguono dagli altri manichini che fanno da sfondo dietro di lui, immobili. Ma la rivoluzione dura ben poco: chi aveva portato in scena i manichini, torna a controllarli e nota un’etichetta caduta, subito la riattacca al manichino ribelle riportandolo insieme a tutti gli altri, sullo sfondo. “Revolution”, sostenuta da una scelta musicale azzeccatissima e per niente scontata, ha riscosso un notevole apprezzamento tra il pubblico, che ha sottolineato il suo gradimento con applausi molto calorosi sia alla fine dell’esibizione, che al momento della salita in scena da parte del coreografo Hektor Budlla. 

Successivamente ritroviamo Roberto Tedesco, a cui era stata affidato l’assolo in “Revolution”, nelle vesti stavolta di coreografo di “Prendimi per mano”, terzo brano della serata danzato da tre uomini della compagnia. Sulle delicate note di Chopin, si snoda il racconto in danza dei momenti più bui della vita che prima o poi tutti siamo chiamati ad affrontare. Questo messaggio è affidato all’attorcigliamento dei corpi dei danzatori, che si muovono stretti nella morsa del dolore, che sfocia, alla fine, nell’esplosione di un vero grido di disperazione. Ma, come suggerisce il titolo, è nei giorni più difficili dell’esistenza che ci si trova ad incontrare chi ti prende per mano per condividere il tuo dolore e per aiutarti a superarlo, amandoti davvero e proiettandoti verso orizzonti più grandi, più elevati. 

A conclusione della serata, “Sentieri”, del veterano Philippe Kratz, già alla sua quinta creazione per la compagnia, un percorso a ritroso nella memoria del coreografo, dove sono incastonate tutte le tappe che lo hanno portato alla crescita. Il ticchettio dell’orologio scandisce per la maggior parte del tempo i passi dei danzatori, chiamati a ricreare sulla scena, quelle sensazioni di beatitudine, ma anche di irrequietezza che popolano i ricordi, da sempre contenitori di una molteplicità di emozioni anche in contrasto tra loro. É un tuffo nel passato per Philippe Kratz che scrive “Quando mi tornano in mente ricordi della mia infanzia, li rivivo intensamente sento di nuovo la mia risata, il salato delle lacrime, la curiosità che agita lo stomaco, l’amarezza del mio malcontento”.

A mio parere, la Serata Nuova Coreografia ai Chiostri di San Pietro, si è rivelata una vera fucina di nuovi talenti della coreografia, il che non è affatto scontato considerando che non sempre bravi danzatori, (come Longo, Budlla, Tedesco e Kratz hanno già dimostrato essere), poi si rivelano anche bravi coreografi: la storia della danza ce lo insegna. Ma in questo caso Aterballetto puntando con convinzione su di loro, ha vinto senza dubbio la scommessa.

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