“Non rimandate a domani, spingete in continuazione”. Philgood racconta la sua vita da B-boy

di Alessandra Di Matteo
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Buongiorno amici di Hip-Hop Circle, ho incontrato per voi il nostro Bboy italiano Filippo Trombetti, in arte Philgood. Ecco la sua storia.

Come ti sei avvicinato alla danza e alla breakdance in particolare?

Ho iniziato a ballare breaking intorno al 2000 un po’ per caso; qualche anno prima mi ero avvicinato al writing e ho cominciato a muovere i primi passi. Da quel momento, il breaking è diventato un modo per sfogare tutte le tensioni, scolastiche e famigliari, e non ho più smesso. Gradualmente ho iniziato a scoprire l’universo hip hop, e che writing, breaking, djing e mcing sono tutte forme d’arte tra loro connesse. Con il breaking ho iniziato a vivere in profondità la cultura Hip Hop. Quello che all’inizio era un passatempo, è divenuto un passione cui dedicarmi con costanza, cercando di documentarmi con le video cassette, i mixtape, e qualche piccola videoclip su internet. Nel 2002 ho partecipato per la prima volta a “Bboy Event”, storico contest nazionale che mi ha permesso di osservare la scena italiana, capendo che era necessario, per me, fare un salto di qualità.

Perché Philgood?

Il nome è nato per caso negli anni del liceo. All’epoca del writing avevo diversi nickname, ma con il breaking ho sentito che era giunto il momento di cambiare; parlando con un mio compagno di banco, è nato Philgood, che riprende il mio nome Filippo.

Come ti sei avvicinato all’insegnamento?

Non è stato per mia decisione; dai centri giovanili, hanno cominciato ad arrivarmi richieste per tenere alcuni corsi, con incontri una volta al mese, e, ben presto, col passa parola, sono entrato nelle scuole di danza, notando molto entusiasmo da parte degli allievi per il breaking. In poco tempo, l’insegnamento ha riempito le mie giornate.

Com’è iniziata l’avventura con la crew dei Bandits e con quella dei Fonzarelli?

Prima ci sono stati i Fonzarelli, nel 2010, un’avventura che, iniziata quasi per gioco, si è poi rivelata un successo; il mio amico Ryan voleva creare un team coreografico e chiamò me e ragazzi che seguivano i suoi corsi open di Popping e Hip-Hop. Insieme cominciammo a provare, capendo fin dall’inizio che la sintonia tra tutti era perfetta. Il progetto prese forma e per noi arrivarono i primi contest. Nel team dei Fonzarelli, a differenza di altri progetti o gruppi con cui ho lavorato, ho trovato persone amiche, affidabili; provavamo anche durante la notte, tra Milano e Bergamo, e le assenze erano molto rare. Nel gruppo si respiravano passione e serietà verso il lavoro da parte di tutti. Ultimamente, a causa dei molteplici impegni, abbiamo ridotto l’attività, ma siamo alla ricerca di nuovi elementi per rafforzare il gruppo. Parlando invece dei Bandits, dopo un inizio complicato dovuto alle diverse convinzioni di ognuno, abbiamo superato quelle barriere e anche in questo caso sono nate delle amicizie importanti.

Quindi cos’è importante per te in una crew?

Ci sono due componenti importanti in una crew: la passione per il proprio lavoro e la sintonia con i componenti del gruppo; l’una senza l’altra non sono sufficienti.

Cosa ne pensi della situazione attuale in Italia?

Penso che la scena italiana si sia sviluppata moltissimo, nel bene e nel male. Tanto è stato fatto per ottenere il giusto riconoscimento che tutte le discipline dell’hip-hop meritano, non solo il breaking, ma anche il writing, il djing e l’mcing. Già intorno agli anni 80 e 90 la scena dell’hip-hop italiano aveva un valore consistente, guidata da grandi pionieri. Col passare del tempo l’Italia è tornata in luce, negli anni si sono moltiplicati gli eventi dedicati al mondo hip hop, la qualità artistica è migliorata, tanto che l’Italia si è guadagnata una certa fama all’estero, conquistata vincendo battle e trionfando a numerosi contest. Oggi noi italiani possiamo dire la nostra. È importante proiettarsi verso il futuro, lasciando spazio alle nuove generazioni, sostenendole, organizzando eventi per i ragazzi, cercando di coltivare il talento fornendo informazioni e competenze, a partire dalle origini dell’hip hop.

Raccontaci qualcosa del Red Bull BC One che si terrà a Milano il 18 aprile dove farai da giudice.

Il RBCO è una competizione creata da Red Bull nel 2004, evento di grande impatto mediatico, il più importante 1vs1 di Breaking al mondo. A differenza di qualche anno fa, quando i 16 partecipanti erano ammessi solo su invito, oggi tutti possono ambire a partecipare alla competizione, attraverso le selezioni aperte tenute in giro per il mondo. A Milano, presso il Teatro Parenti, si terrà la selezione per il Nord Italia; altre qualifiche sono in programma a Bari e a Roma, in Sicilia e in Sardegna e a Firenze. La finale Red Bull BC One Cypher Italy 2015 sarà a Roma il 23 maggio, e il vincitore avrà accesso agli europei; chi vincerà, prenderà parte alla Finale mondiale che, per la prima volta nella storia del contest, si terrà a Roma il 14 novembre.

Visto che farai da giudice nella tappa di Milano, cosa ti aspetti dal vincitore?

Red Bull BC One è una competizione diversa dalle altre, dove conta innanzitutto la voglia di vincere. Ovviamente, questa non basta; deve unirsi a talento, musicalità, consapevolezza e grande determinazione.

Quali sono i tuoi prossimi progetti, oltre al RBCO?

Gli impegni in programma sono molti; diverse battle dove sarò in giuria e altri contest cui parteciperò. Sempre in movimento, infortuni permettendo.

Un sogno ancora nel cassetto?

Visto che ho 30 anni e una bimba di 4 anni, i sogni nel cassetto sono stati parzialmente già realizzati. Continuo nell’insegnamento, coltivando i nuovi talenti, allo scopo di presentare i miei ragazzi alle competizioni, per poi lasciarli liberi di camminare con le proprie gambe. Mi dà grande soddisfazione vedere che le mie lezioni trasmettano qualcosa di più profondo rispetto al singolo passo di danza, così da significare una crescita continua per gli allievi.

Cosa consigli ai giovani?

Ciò che consiglio a tutti è informarsi, studiare, vedere nel proprio insegnante un aiuto, sia dentro la scuola che fuori; ai ragazzi voglio dire: “viaggiate senza aspettare che qualcuno vi dica cosa fare, prendete lo zaino e andate in Italia e all’estero, facendo più esperienze possibili adesso che siete giovani. Non rimandate a domani, spingete in continuazione”.

by Polly Dance

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