Passe-Partuot: la distanza tra dita e piedi si accorcia.

di Andrea Rossi
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Tecnologia e danza ormai non hanno piĆ¹ barriere e la collaborazione tra le due continua e si evolve. Mentre la danza sembra costantemente vivere nella memoria del passato, legata al sudore e al duro sforzo dei piedi in movimento, la tecnologia si muove alla velocitĆ  di uno schiocco di dita. Ecco che i piedi, immobili o in moto continuo, ancorano il danzatore al palcoscenico e lo trascinano in quel mondo di storia e di tradizioni che appartiene al teatro. Parte allora un grand jetĆ© e mille acrobazie e tecnicismi, ecco un talentuoso coreografo spiegare, camminando da un lato allā€™altro del palco, quali diagonali visive vuole creare. E dallā€™altro lato ecco una intera generazione di coreografi chini a scrivere appunti coreografici, ecco la mano vivida che si appoggia ad una videocamera, ecco la mano leggera che muove il mouse del computer per far sƬ che quel monitor possa riempirsi di coreografie. Si tratta insomma di una collaborazione che cerca di rendere tali due forme di creativitĆ  piĆ¹ vicine al pubblico, ma sempre al servizio dellā€™arte del coreografo.

Nessuno fino ad ora, perĆ², aveva pensato che quella stessa tecnologia avrebbe aiutato le dita del pubblico a leggere i passi coreografati dei ballerini. Finalmente a ciĆ² ha pensato la 2wice Art Foundation, lanciando Passeā€“Partout: il programma, prodotto da Patsy Tarr e creato da Abbott Miller, ĆØ una app per iPad.

Solitamente, quando si pensa alle due discipline, la collaborazione che per prima salta alla mente ĆØ quella creata da Merce Cunningham, il coreografo americano che comincia a introdurre una cooperazione tra danza per il palcoscenico e danza per la pellicola cinematografica. Ecco che Merce, ormai sul trascorrere dellā€™etĆ , inventa un programma per aiutare i coreografi a creare movimenti tramite il proprio PC. E di nuovo ecco Merce creare delle immagini di danzatori digitali da far ballare vicino ai danzatori in carne e ossa in ā€œBipedā€. Una scienza che giunge in ausilio dellā€™altra dottrina, che si frammischia a essa, in una viva e incessante collaborazione che sostiene e arricchisce entrambe. A volte la mano del cinema, come nel film di Win Venders su Pina Bausch, aiuta il piede della danza e la avvicina al pubblico, alter volte lā€™aiuto del computer ĆØ puramente compositivo, parte del processo creativo. Si tratta comunque di un processo che beneficia le due discipline e del quale il pubblico puĆ² soltanto afferrare un prodotto finito.

Passeā€“Partout invece ĆØ una app che cerca di regalare al pubblico uno spiraglio sul processo creativo, dando al fruitore la possibilitĆ  di percorrere questā€™ultimo: lā€™utente infatti puĆ² creare e analizzare singoli movimenti ed unirli in una coreografia fino a 13.000 combinazioni possibili. In questa ricerca coreografica, non ci sono scelte sbagliate. E, diversamente dai balletti sul palcoscenico che scompaiono una volta che il sipario si chiude, la danza creata per Passeā€“Partout puĆ² ā€“ a quanto dicono gli ideatori ā€“ essere salvata e condivisa sui social media.

La app vede nomi di grande prestigio, come il ballerino principale dellā€™American Ballet Theater Daniel Ulbritch e il Coreografo e Danzatore dellā€™ABT Justin Peck, con musiche di Aaron Severini. Justin Peck crea un processo creativo lievemente fuori dagli schemi tradizionali proprio per dare libertĆ  allā€™utente, mentre la musica di Aaron Severini si focalizza su diversi strumenti come il clarinetto, il piano, la marimba, lā€™arpa che sono stati ideati in maniera tale che, se anche uno di questi strumenti ĆØ in azione, non confligge con quelli successivi.

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Passeā€“Partout ĆØ un invito poetico allā€™amore per la danza, un tributo alla fatica del processo creativo del coreografo e un inno al sacrificio del danzatore. Certo piedi e mani saranno finalmente piĆ¹ vicini, ma, come ci ricorda Daniel Ulbritch, non bisogna dimenticarsi degli altri sensi. La tecnologia puĆ² aiutare a regalare lā€™essenza della coreografia, ma non puĆ² sostituirsi alle emozioni e alla visione dello sacrificio fisico dei danzatori in uno spettacolo goduto dal vivo.

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