Il ritorno storico sulle scene dell’Opera di Roma di uno dei capolavori più raffinati di Pierre Lacotte, il Marco Spada, ha chiuso in bellezza la stagione del ballo romano 2024/2025.
Dopo il corpo di ballo della Scala, che ha messo in scena per la prima volta sul suo palco a giugno Paquita, anche Eleonora Abbagnato a Roma ha voluto omaggiare la figura del grande coreografo francese a due anni dalla sua scomparsa riprendendo un titolo che fu un evento storico profondamente legato al Teatro Costanzi, quando la collaborazione tra Lacotte e Rudolf Nureyev riportò alla luce un balletto perduto, che solo la maestria e la profonda conoscenza del repertorio romantico di Lacotte avrebbe potuto rendere credibile.
E in effetti nella coreografia si ritrovano tutti quegli elementi di batterie piccoli salti, giri velocissimi e immancabili petit rond de jambe che sono poi tipici anche dello stile di Nureyev. Come negli altri balletti di Lacotte tutti in scena sono impegnati in modo importante: a partire dal corpo di ballo che anche durante le variazioni soliste spesso non fa solo da cornice ma lavora incessantemente, talvolta anche un po’ a discapito dei solisti o delle pantomime che così sfuggono alla visione anche del pubblico più attento. Marco Spada vede 5 ruoli di primo piano e tutti ballano tantissimo, rendendo fondamentale la scelta dei solisti e dei primi ballerini. Noi abbiamo visto il cast della serata del 28 ottobre.
La storia di Marco Spada ou La fille du bandit, classico cliché di metà ottocento in tre atti con intrighi vari e risolutrici identità svelate, è imperniata sul conte Federici che pur essendo fidanzato con la marchesa Sampietri, nipote del governatore di Roma – ama Angela. Ma il conte non sa che la ragazza è la figlia del bandito Marco Spada che si maschera da signore tra i nobili con una doppia identità. La marchesa è a sua volta amata da Pepinelli, il capitano dei dragoni. La vicenda si risolve quando Marco Spada, svelato nella sua identità di brigante e ferito a morte durante una battaglia fra banditi e dragoni, dichiara che Angela non è sua figlia. A questo punto giunge il lieto fine amaro per cui le due coppie si possono sposare grazie al sacrificio di Marco Spada, di cui Angela continua a piangere la morte.

Iana Salenko e Igor Tvsirko
Il ruolo principale di Marco Spada, bandito dalla doppia vita, gentiluomo in società e brigante sulla strada, richiede una notevole presenza scenica oltre che la capacità di calibrare l’interpretazione a seconda dei momenti: nel primo e nel terzo atto deve sfoderare tutta la verve di un brigante mentre al ballo deve essere un nobile cavaliere pur mantenendo un carattere importante. Ci vuole un primo ballerino che non sia necessariamente un danseur noble anzi, il carattere è assolutamente fondamentale. E ben lo aveva capito Nureyev che aveva fatto suo questo ruolo nel 1981.
Lo ha capito molto bene anche Igor Tvirsko, primo ballerino russo del Bolshoi che già aveva debuttato in Russia con Lacotte nella versione musicale del 2011 qui replicata a Roma (oggi manca la coda del gran pas classique che Nureyev ballava nel secondo atto con Ghislaine Thesmar). Perfettamente calato nel ruolo, la sua interpretazione e la sua danza brillante esplosiva, a tratti un po’ grezza, è stata assolutamente aderente al brigante un po’ sbruffone e un po’ gentiluomo rifatto che il ruolo richiede. Bravissimo, come del resto Iana Salenko, nel ruolo di Angela figlia di Marco Spada, étoile ucraina a Berlino, la cui tecnica rende apparentemente semplice qualsiasi passaggio anche molto ostico. Quinte perfette, sospensioni mozzafiato e legato armonioso sono le caratteristiche che ci hanno incantato. Altro artista in scena per concludere la triade degli ospiti è stato Dmitrij Vyskubenko, leading soloist del Bolshoi un vero danseur noble con elevazioni importanti e grande eleganza di linee nel ruolo del conte Federici.

I primi ballerini di casa sono stati l’étoile Alessandra Amato, una marchesa Sampietri solida precisa e di grande dignità, e Michele Satriano, Pepinelli divertente con brio e presenza.
Ottima l’orchestra dell’Opera che, sotto la direzione di David Garforth ha reso brillanti le musiche da Opera Comique di Daniel Auber, e, particolarmente apprezzata, la prima tromba che ha reso la variazione del primo atto di presentazione di Marco Spada un vero gioiello.
Molto curata la produzione con le scene di Lacotte che ricalcano esattamente la storica produzione del 1981 e i costumi originali: vedere nelle stories dei protagonisti la giubba originale di Nureyev è piuttosto emozionante, patrimonio di una storia che non va perduta. Così come la ricostruzione coreografica a cura di due coach di grande esperienza come Anne Salmon e Gil Isoart.

Iana Salenko e Dmitrij Vyskubenko
Marco Spada ha riscosso un certo successo attraendo il pubblico romano e non solo, dimostrandosi un balletto di grande smalto, con una drammaturgia non sempre fluida e alcune parti un po’ prolisse, dove talvolta la ripetizione delle variazioni è un po’ eccessiva, ma che resta certamente una proposizione inestimabile di quel balletto romantico ancora vivo oggigiorno, che rischia di andare perduto e che va invece preservato con ogni cura.

