Limiti d’età: under 35. E dopo? Si va in pensione

di Francesca Gammella
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Quante volte vi è capitato di leggere bandi volti al sostegno dello spettacolo e delle produzioni coreografiche e immediatamente cominciate a cacciare fuori dal cassetto quel lavoro proprio giusto, con quelle caratteristiche tecniche essenziali, il numero perfetto dei danzatori e che per coincidenze astrali è anche coerente con le linee guida, ma… fermi tutti! Limite di età 35 anni e tu ne hai un attimo 38!

Ebbene sì! Sosteniamo l’arte e i giovani!! Spazio ai giovani, via i soliti! Ma soliti chi? Giovani quando?

Perché la verità è che un coreografo (come chiunque altro) per diventare tale, ha bisogno di tempo, di sperimentare, di crescere, di fare curriculum di entrare in quei circuiti giusti, di fare la scalata del “tutto gratis, non abbiamo soldi” e poi? Poi guardi l’orologio, l’anno la data e sei fuori!

Ma chi lo stabilisce che il 35 è il limite? Il giorno prima sei giovane e quello dopo troppo vecchio per andare avanti? Ma nella notte tra i 35 e 36 anni cosa accade? Qualcuno risponderebbe, beh se hai 35 anni e sei un coreografo come minimo devi essere affermato e quindi non hai bisogno del sostegno o ancora meglio hai un contratto assicurato in compagnie professionali che ti pagano per il tuo lavoro. Sarà cambiato anche l’asse geografico e mi sono risvegliato a Dublino e non più in Italia?

La verità è che il tempo è limitato per i coreografi, la scalata è lunga e i tempi di raccolta dei successi dilatati, per non parlare dell’investimento fisico (a 35 anni cominciano gli abbonamenti dal fisioterapista) e dello sforzo mentale. Pochi riescono e non perché gli altri sono incapaci, c’è tanta arte e molto potenziale, in Italia la creatività straborda, la voglia di mettersi in gioco è sempre dietro l’angolo, ma manca la possibilità, quella che ti viene offerta a tempo limitato.

Le produzioni costano. La danza, lo sappiamo tutti e anche molto bene, non è tra quelle arti dove i più investono. Quando pensiamo ad un allestimento dobbiamo essere coreografo e allo stesso tempo produttore, dobbiamo pensare in grande con idee creative innovative che attirino il pubblico (altro punto dolente della catena produttiva) e poi come Penelope smontare la tela di notte, perché costa troppo! E allora ecco che devi ridimensionare il cast, correre al mercatino a farti venire idee per i costumi e contrattare con i service e gli scenografi per farti regalare tutto. Ma tutto questo quanta qualità apporta al lavoro del coreografo? In questa baraonda quasi ci dimentichiamo il valore del lavoro artistico, ma sei solo, non hai sostegno perché troppo vecchio e nessuno più ti sostiene. Un sistema che va cambiato, è necessario imporre l’idea che sugli artisti bisogna investire non per l’età ma per le capacità, per l’intuizione e l’ingegno. Ci sono grandi potenziali che nel timore di muoversi in questo mare, permettetemi di squali e raccomandazioni, hanno bisogno di più tempo e gli va concesso. Vedo amici coreografi che ancora giovani fanno la corsa per far tutto e subito altrimenti sei fuori altrimenti sei vecchio! Ma non può essere questo il criterio per dare valore ad un artista. Va sostenuta la sua creatività in ogni momento della sua vita perché vale! Torniamo ai Mecenati, quelli che accoglievano nelle grandi corti i grandi artisti, invogliavano all’arte a qualsiasi età (anche se a pensarci bene all’epoca morivano abbastanza giovani… vedi Mozart o Raffaello!). Ma non possiamo permettere che ci sia la metaforica morte dell’arte a causa dell’età!

Questa riflessione nata dall’impeto di un confronto con tanti artisti e amici del mondo della danza, sicuramente non ha una sola voce. La fortuna è che qualcosa sta cambiando esempio la Biennale di Venezia che nel nuovo bando, non indica limite di età (https://www.labiennale.org/it/danza/2021/bando-una-nuova-creazione-coreografica-italiana) . Del resto l’arte non è fatta per rientrare nei limiti ma per romperli!

Questo è il mio “pointe of view!”

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