Lia Courrier: “Voi riuscite a immaginare il momento in cui potremo tornare in sala danza?”

di Lia Courrier
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La situazione in cui mi trovo a scrivere in questo periodo è surreale e sospesa.

Surreale, perché non varchiamo la soglia di una sala danza da ormai un anno, fatta eccezione per piccole pause, di cui non terrei neanche conto, e che sono state più un affannarsi a risolvere problemi che occasione in cui svolgere nuovamente il nostro lavoro. Non so esattamente di cosa scrivere, sembra di parlare di un mondo dimenticato, di una Atlantide chiusa in una di quelle bocce di vetro che quando la agiti scende la neve dentro a dare quell’immagine incantata e nostalgica che solo la neve sa dare.

Sospesa, perché ad oggi ancora non si vede la fine di questa avventura incredibile e straordinaria che siamo stati chiamati a vivere: da una parte l’emergenza sanitaria, che è sotto agli occhi di tutti e che certamente non si può negare, dall’altra c’è chi sta nei posti di potere e si ritrova a gestire una situazione che non ha precedenti, nessun protocollo pregresso a cui fare riferimento. Stiamo affrontando un momento che ha richiesto la creazione di nuovi parametri e nuovi comportamenti che, sbagliati o no che siano, stanno ridisegnando la nostra percezione del mondo e delle relazioni con l’altro. Mi astengo dal dare una lettura critica perché sarebbe inutile, dato che già tutti si danno addosso da un anno nella guerra per capire chi ha ragione e chi torto. Ai miei occhi comunque il risultato non cambia, dopo un anno siamo ancora qui a chiederci se possiamo uscire di casa.

Scrivere sulla danza? Sarebbe bello farlo mentre la danza vive ancora nelle esistenze di allievi, del pubblico e dei maestri. Ricevere ogni giorno ispirazioni dalla Musa che opera dall’alto e si mostra nella sua natura multiforme, è stata finora una forma di collaborazione tra noi, stipulata anni fa, a sostegno del mio lavoro da imbrattacarte. Ma Tersicore adesso è apatica, stanca di aspettare chiusa in quella boccia di vetro che ogni tanto qualcuno agita: lasciamola uscire di nuovo, ha bisogno di respirare, poveretta! Proprio lei che, nei secoli, si è adattata a pestilenze, guerre, nubifragi, terremoti, carestie, rivoluzioni… lasciatela fare, insomma!

Ciò che più mi colpisce in questi giorni, è il non riuscire a immaginarmi come sarà quando potremo riaprire. Voi riuscite ad immaginarvelo? Io penso che sarà certamente diverso, spero addirittura meglio, ma adesso proprio non si materializza nulla nello schermo della mia mente.

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