Lia Courrier: “Rudolf amore mio”

di Lia Courrier
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Molte danzatrici della mia generazione sono grandi ammiratrici di Baryshnikov, Rudolf Nureyev era già  leggenda vivente e la sua carriera si apprestava alla fase calante quando ero adolescente, quindi ho sempre vissuto la mia venerazione per quest’uomo, bellissimo e straordinario, in solitudine, poiché non trovavo nessun coetaneo che condividesse il mio entusiasmo per lui.

Mikhail Baryshnikov era arrivato come un vento nuovo, potente e virile, portando una danza inedita,  che ha aperto la strada a tutto ciò che venne dopo in termini di prestanza fisica, bellezza e perfezione del gesto. Riusciva a fare cose che mai nessuno aveva fatto prima, e inoltre appariva anche in trasmissioni dedicate alla danza, in opere cinematografiche, nonché in teatro come attore. Si era imposto come un uomo del suo tempo e Nureyev poteva sembrare già un personaggio appartenente ad un’altra epoca artistica. Ma non per me. Per me la luce di Rudy è oggi ancora più potente e diffonde incessantemente la sua radianza senza tempo.

Quando Nureyev morì, trascinato via da una malattia che in quegli anni ha quasi decimato una generazione, un giornalista chiese a Misha cosa ne pensasse di Rudy come artista. Lui rispose che avrebbe potuto stare al centro del palcoscenico a fare pirouettes e salti mirabolanti, ma se dall’ultima quinta in fondo ad un certo punto fosse entrato in scena Rudy, semplicemente camminando per attraversare il palco, non ci sarebbero stati sguardi che per lui.

Rudy la leggenda, nato sulla transiberiana, rachitico e sottopeso. Rudy che comincia a studiare danza tardissimo ma diventa subito una stella del balletto. Rudy dal carattere difficile, Rudy simbolo politico, di un’epoca, icona di stile. Rudy bellissimo, corteggiato dalle donne e dagli uomini. Rudy sex symbol. Rudy e Margot: la storia d’amore più tenera e struggente della danza. Rudy che decide, ad un certo punto, che la sua vita è soltanto sua, e vuole prendersela tutta.

Rudy: una fiamma che brucia forte e in fretta.

Nel 1961, a seguito di una sostituzione dell’ultimo minuto di un collega ammalato (quando ci si mette il destino), Rudolf Nureyev si trova all’Opera di Parigi in tournée. E’ marcato a uomo dal KGB, che non approva di certo le sue frequentazioni nei locali notturni della dissoluta città francese. Dal Cremlino allora gli arriva all’improvviso la chiamata di ritorno, in anticipo rispetto al resto della compagnia, e Rudy in qualche modo sente puzza di bruciato, si sente in trappola, così decide di disertare il volo di ritorno in modo rocambolesco, consegnandosi alla polizia aeroportuale. Sostenuto da amici si nasconde per qualche giorno prima di chiedere formalmente asilo politico. Dalla Russia riceverà una condanna per alto tradimento e l’impossibilità di entrare in contatto con i suoi familiari, rimasti in patria, per molti anni a venire.

Cittadino del mondo, fuori dagli stretti paletti del regime, Rudy diventa subito una leggenda e la sua energia inonda il palcoscenico, facendo esplodere i teatri e impazzire le platee.

Guardo spesso le sue foto, ce ne sono moltissime. Si intuisce quanto gli piacesse farsi fotografare perché in tutte appare perfettamente a suo agio, da quelle in posa a quelle rubate, in scena o  fuori dalla scena, agli scatti durante le prove. Mi perdo nei lineamenti esotici del suo viso, in quegli occhi a tratti indecenti per quanto riescono a penetrarti, ma anche infinitamente tristi e profondi come pozzi neri. Un viso segnato dalla sua stessa storia, spigoloso ma anche dolcissimo e affamato di vita, di una bellezza pura e selvaggia che fa quasi male al cuore starla a guardare troppo a lungo.

Ho sentito molti danzatori, che lo hanno conosciuto sul lavoro, parlarne male per i suoi modi, per la sua instancabile ricerca della perfezione, per il suo pretendere questa stessa brama in tutti coloro che aveva attorno. Ma come poteva essere altrimenti? Rudy lavorava nei campi quando era piccolo, proveniva da una famiglia povera che si era dovuta rifugiare dalla guerra nella gelida campagna Russa. La danza ha rivelato il suo destino, donandogli un’esistenza unica e straordinaria.  Rudy non sentiva alcuna spinta verso l’essere umile con gli altri esseri umani, ma lo era con la danza, perché quando si ama qualcosa lo si fa completamente, perdendo ogni inibizione e ogni freno, altrimenti non vale neanche la pena di farlo, e Rudy aveva una relazione intimamente spirituale con il suo progetto originario, totalmente sincronizzato con ciò che l’universo aveva in serbo per lui. Pronto a donarsi e abbandonarsi totalmente al suo fato.

La vita di Rudy sembra un romanzo di Pasternak.

E io non smetterò mai di portarlo nelle stanze segrete del mio cuore.

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