Lia Courrier: “L’épaulement, il grande scomparso”

di Lia Courrier
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Oggi commemoriamo un grande scomparso nel mondo del balletto, che ci ha deliziato, dando colore e personalità alla danza di moltissimi grandi artisti: l’épaulement.

Per épaulement, nella tecnica Vaganova, s’intende l’orientamento del corpo del danzatore nello spazio (croisé, effacé, en face), ma più genericamente possiamo parlare di épaulement come di un atteggiamento di spalle, collo e viso, che rompono la staticità per abbracciare una forma asimmetrica, in cui una spalla avanza rispetto all’altra, mantenendo stabile il bacino, per donare dinamismo, eleganza e carattere al movimento.

La traduzione letterale in italiano non esiste, suonerebbe qualcosa come “spallamento”, ed è una parola utilizzata anche in geologia e nella scienza dei ghiacciai, ad indicare uno spostamento, uno scivolamento di una parte sull’altra. Una rottura del contesto che porta ad un dinamico cambiamento, anche in questo ambito.

Il balletto oggi ha spostato decisamente la scala di priorità verso la spettacolarizzazione di un corpo estremo, sono poche le compagnie di balletto che ancora mantengono attenzione verso questi dettagli (l’Opéra ad esempio), che sono poi l’anima della danza. Per il resto, questo spalancamento di anche e di spalle, spesso mi fa sembrare i danzatori bidimensionali, spianati come un geroglifico egizio.

Ogni tanto mentre li guardo mi chiedo: ma ce l’avranno una terza dimensione?

Per carità, è un bene che il balletto continui ad evolversi, vuol dire che gode ancora di piena salute: è un processo in divenire, che di certo non sta ad ascoltare i miei gusti per decidere dove andare, tuttavia quando guardo i video di danzatori delle generazioni precedenti, mi perdo nella bellezza di quei gesti così carichi di significato, nella posizione della testa, persino degli occhi, delle sopracciglia, l’inclinazione del collo, la linea delle braccia, e quell’immancabile épaulement che dona colore, sospende il gesto in un istante di puro e vivo dinamismo, che io letteralmente adoro. Certo, forse non avevano develloppé alle orecchie, o arabesque con la gamba che pare svitata e incollata al centro della schiena, non facevano pirouettes come eliche di un elicottero, ma che ci posso fare…sarà l’età, ma quella danza a me piace.

Anche nelle variazioni maschili, spesso gli elementi drammaturgici sembrano riempitivi per occupare il tempo tra un salto acrobatico e centinaia di giri, come se tutta l’attenzione fosse rivolta al virtuosismo, senza curarsi troppo del personaggio.

Mi basta guardare Nureyev in “Le Corsaire” per ricordarmi cosa vuol dire sedurre danzando.

Dite che sono una inguaribile nostalgica?

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